(voce di Luca Grandelis)

Si è tenuto a Padova, i giorni 19 e 20 ottobre 2012, il Convegno nazionale di Sociologia della Religione – organizzato dalle Edizioni Messaggero di Padova e dall’Università di Torino – sul tema della “religione popolare”. Di seguito gli estratti degli interventi della giornata di venerdì.

PRIMA SESSIONE – mattina
CATEGORIE DI ANALISI E NUOVI APPROCCI

Introduce i lavori: Luigi Berzano, Università di Torino
Presiede: Ugo Sartorio, direttore «Messaggero di sant’Antonio»

Autore: Carlo Prandi, Fondazione «Bruno Kessler», Trento
Titolo: Storia e in-attualità del concetto di religiosità popolare
La religione popolare (RP) tradizionale si colloca in una duplice prospettiva. La lettura storica ne coglie le radici talora risalenti al mondo «pagano» e la costruzione che le chiese (in particolare quella cattolica) ne hanno condizionato collocandola in un quadro al plurale, dove la molteplicità delle figure divine ha permesso (e in parte permette) di rispondere alle più diverse esigenze e richieste emergenti dalla società dei credenti. La lettura sociologica osserva la modernità che, se sta all’origine della crisi del sacro, ha peraltro prodotto nuove esperienze religiose (dove il riferimento alla trascendenza è assai variegato e complesso, se non talora assente) che si sono espresse in una miriade di movimenti. La RP tradizionale sembra aver risposto all’urto di questa ondata neo-religiosa non estinguendosi, come prevedevano le teorie della secolarizzazione, bensì adattandosi in modi diversi alla perdita del proprio monopolio.

Autore: Enzo Pace, Università di Padova
Titolo: La religiosità popolare nelle società avanzate
La relazione intende argomentare sulla persistenza della religiosità popolare nelle società contemporanee a modernità multipla. La religione popolare costituisce un elemento fondamentale della relazione fra un sistema di credenza (religiosa), organizzato ed esperto, e i diversi ambienti socio-religiosi con i quali un sistema interagisce continuamente, nel tempo e nello spazio sociale. Ciò che convenzionalmente continua ad essere chiamato religioso-popolare costituisce l’eccedenza di senso che un sistema di credenza non riesce a ricondurre entro i propri codici simbolici; tale eccedenza è presente nell’ambiente, sotto forma di strati di credenza la cui memoria è più lunga di quella del sistema stesso; la religione popolare, da questo punto di vista, non è altro che è il credere incantato prima che diventi credenza organizzata. Nello scarto fra sistema e ambiente, il religioso-popolare intercetta il sacro esteticamente. In società esposte agli stimoli visivi, auditivi, tattili, anche il sacro diventa di massa: appare senza volto, ma proprio per questa sua anonimità, esso si offre come un consumo individualizzato, che i sistemi di credenza, nella loro pretesa di universalità, non riescono appieno e sempre a garantire.

Autore: Alessandro Castegnaro, Osservatorio Socio-Religioso Triveneto
Titolo: In che senso popolare? Note da una ricerca
La relazione si basa sui risultati di una indagine campionaria condotta tra i pellegrini che nel febbraio 2010 si sono recati a Padova, ad esprimere la loro devozione a sant’Antonio, in occasione dell’ostensione del corpo del Santo. L’indagine demolisce un certo stereotipo di pellegrino: i pellegrini sono più e non meno istruiti della popolazione. L’analisi delle ragioni della visita e delle rappresentazioni del Santo fa inoltre ritenere che vi sia stata una evoluzione nelle forme della devozione popolare che ridimensiona le motivazioni di tipo magico.

Autori: Luigi Berzano e Carlo Genova, Università di Torino
Titolo: Generatività della religiosità popolare
Le forme di religiosità riconducibili alle cosiddette esperienze di devozione popolare si sviluppano frequentemente intorno al ruolo semiotico giocato da figure o eventi particolarmente significativi per i credenti. Ma quali dinamiche forniscono rilevanza a questi referenti? Il contributo si propone di riflettere sui processi generativi che sono alla base dell’acquisizione di plus-significato da parte di un referente attraverso il suo inserimento in una più ampia narrazione religiosa.

SECONDA SESSIONE – pomeriggio
GENERATIVITÀ SPIRITUALE E CULTURALE DELLA RELIGIONE POPOLARE

Autore: John Eade, Centre for research on Nationalism, Ethnicity and Multiculturalism (CRONEM), University of Surrey and University of Roehampton
Titolo: Nationalism, Transnationalism and Multiculturalism: the relevance of religious pilgrimage in Western Europe

Sebbene in Europa occidentale la diversità religiosa abbia sempre più rilievo nello studio dei flussi transnazionali e venga associata al pluralismo culturale, il pellegrinaggio di per sé è stato finora preso in scarsa considerazione. L’attenzione si è rivolta al ruolo avuto dal pellegrinaggio nell’aiutare le diaspore a mantenere legami transnazionali con i loro paesi d’origine o con centri tradizionali come la Mecca. Eppure diverse fonti, quali pubblicazioni e ricerche universitarie nonché numerosi reportage dei media britannici dimostrano come le minoranze stiano pian piano realizzando nuovi santuari di pellegrinaggio nei paesi in cui si sono stabilite, andando così ad arricchire la diversità etnica e razziale dei santuari tradizionali.
Questi sviluppi illustrano il ruolo della religione nella creazione di ‘nuove etnicità’ in Europa occidentale e le sfide che queste pongono alla visione tradizionale di identità nazionale: sfide in cui processi religiosi e politici si intrecciano sia all’interno che attraverso i confini nazionali.

Autore: Massimo Leone, Dipartimento di Filosofia – Università di Torino
Titolo: Reliquie e reliquiari: note di economia simbolica

La storia delle reliquie e dei reliquiari attraversa millenni e svariate culture religiose. A dispetto di tale straordinaria varietà storico-culturale, il principio semiotico della reliquia resta però fondamentalmente invariato: essa è identificata, venerata, esposta, celebrata, protetta, venduta, rubata, desiderata perché non è altro che un segno indicale del corpo del santo (o del sacro). Il suo valore semiotico deriva interamente dal fatto di aver goduto, in un tempo più o meno lungo, di una relazione di contiguità fisica con tale corpo.
È questa la ragione per cui iconoclasti d’ogni tempo e dove che si siano scagliati contro l’adorazione delle immagini a maggior ragione si sono battuti contro quella delle reliquie. Se nel primo caso il rischio dell’idolatria è legato al rapporto iconico fra il sacro e la sua immagine, tale rischio è ancora più grave nel secondo caso, ove dipende dal rapporto indicale fra il sacro e un pezzo del suo ‘corpo’, ovvero fra il sacro e un qualsiasi oggetto con cui, nella sua vicenda terrena, si sia creato un vincolo di contiguità fisica.
Aggirandosi per i tanti musei diocesani d’Europa si potrebbe avere l’impressione che lo sfarzo di fogge stravaganti e materiali preziosi che caratterizza la maggior parte dei reliquiari tenda ad aumentare la venerazione del fedele verso la reliquia, con il pericolo conseguente d’idolatria. Tuttavia, nella maggior parte dei casi questa prima impressione è in realtà causata dalla nostra oramai scarsa dimestichezza con i codici semiotici che compongono i reliquiari. Recuperando tali codici si comprende invece che, specie nei periodi storici e nei contesti religioso-culturali in cui la fiducia del Cristianesimo nell’ortodossia delle reliquie è scossa da attacchi interni ed esterni, tutto questo sfarzo di forme e materiali non cerca semplicemente di esaltare il culto delle reliquie ma di qualificarlo, d’incanalare l’adorazione del fedele entro i binari della dottrina e di evitargli dunque ogni sconfinamento nel feticismo idolatra.

Autore: Elena Zapponi, Università di Roma «La Sapienza»
Titolo: Pregare con i piedi. Pellegrini sul cammino di Santiago

Nel contesto del revival religioso che interessa la nostra cosiddetta modernità tardiva, il pellegrinaggio è un rito centrale. In particolare, il cammino a piedi verso Santiago di Compostela, in Spagna, antica pratica cattolica le cui origini risalgono al IX secolo, costituisce un fenomeno che attrae un pubblico internazionale crescente. Il lungo percorso a piedi, che richiede al pellegrino un corpo a corpo con lo spazio, implica un aspetto sensibile, emotivo, esperienziale fondamentale. Il pellegrinaggio viene familiarmente definito da molti pellegrini «Cammino». In questo caso la semantica è rivelatrice di una necessità sociale: il bisogno di un luogo dove sperimentare, attraverso il proprio corpo, la metafora dell’andare avanti nella vita. Pellegrini cattolici, credenti su misura, scettici in ricerca, desiderosi di compiere un rito di passaggio biografico, una metamorfosi identitaria, si mescolano lungo la via.

Articolo precedentePaola Sarcià: Echi dall’onda. Prefazione di Patrizia Garofalo
Articolo successivoDall’Informatica umanistica alle culture digitali, di Ciotti e Crupi
Paolo Calabrò
Laureato in scienze dell'informazione e in filosofia, gestisco il sito ufficiale in italiano del filosofo francese Maurice Bellet. Ho collaborato con l'Opera Omnia in italiano di Raimon Panikkar. Sono redattore della rivista online «Filosofia e nuovi sentieri» e membro dell'associazione di scrittori «NapoliNoir». Ho pubblicato in volume i saggi: – Scienza e paranormale nel pensiero di Rupert Sheldrake (Progedit, 2020); – Ivan Illich. Il mondo a misura d'uomo (Pazzini, 2018); – La verità cammina con noi. Introduzione alla filosofia e alla scienza dell'umano di Maurice Bellet (Il Prato, 2014); – Le cose si toccano. Raimon Panikkar e le scienze moderne (Diabasis, 2011) e 5 libri di narrativa noir: – Troppa verità (2021), romanzo noir di Bertoni editore (2021); – L'albergo o del delitto perfetto (2020), sulla manipolazione affettiva e la violenza di genere, edito da Iacobelli; – L'abiezione (2018) e L'intransigenza (2015), romanzi della collana "I gialli del Dio perverso", edita da Il Prato, ispirati alla teologia di Maurice Bellet; – C'è un sole che si muore (Il Prato, 2016), antologia di racconti gialli e noir ambientati a Napoli (e dintorni), curata insieme a Diana Lama.