In questo testo del Barbagallo, scritto nel 1923, quindi qualche anno dopo la fine della prima guerra mondiale, l’Autore fa una analisi molto puntuale, con ampio riferimento alle fonti originarie, cioè comunicazioni fra i governi, dispacci, ecc., delle motivazioni per le quali si è arrivati ad una conflagrazione a livello globale dopo l’assassinio, a Serajevo, dell’Arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo. Gli esiti di questo conflitto sono stati prodromici a regimi autoritari successivi e ad un altro devastante conflitto di un paio di decenni dopo.

Barbagallo suddivide lo studio in tre parti. Ciascuna parte esamina i punti di vista dei tre Imperi dell’Europa centrale, che sono quelli che ne usciranno più devastati dal primo conflitto mondiale. L’Impero Austro-Ungarico ne uscirà dissolto, la Germania cui era stata attribuita la “colpa” della guerra ne uscirà a pezzi, la Russia a motivo della pace separata con la Germania – nel frattempo era iniziata la Rivoluzione di Ottobre – ne uscirà pure a pezzi. L’autore fa anche una interessante ed articolata analisi della “colpa degli Stati”. Questa “colpa”, di cui era stata accusata la Germania, sarà il pretesto per azioni che produrranno orribili lutti a partire da un decennio dopo.

L’autore analizza i vari avvenimenti che si sono verificati in un dato periodo di tempo, e fa una disanima dei punti di vista, timori ed errori commessi dalle tre nazioni considerate nella valutazione di quelle che dovevano essere le azioni da intraprendere e quelli che sarebbero stati gli esiti finali.

Nella prima parte esamina la posizione dell’Impero Austro-Ungarico. I timori di questa nazione erano quelli di un ridimensionamento e di una perdita di importanza rispetto agli altri imperi. Era già stata privata della parte di lingua italiana, ad eccezione del Trentino, ed altre etnie erano in fermento. La causa di tutto questo, secondo il governo austro-ungarico, era da attribuire ai vari nazionalismi – fenomeno all’epoca, come adesso, in sviluppo –, ed in particolare del nazionalismo serbo. Questi voleva riunire in una nazione slava tutti gli slavi, e similmente al Risorgimento Italiano creare una nazione slava. Non si deve dimenticare che l’Impero Austro-Ungarico, nella prima metà dell’Ottocento, si sviluppava dal Ticino fino ai confini con l’Impero Zarista (la Buchovina ora in Ucraina faceva parte dell’Impero Austro-Ungarico) ed era composto da tante nazionalità diverse, in particolare slavi. A giudizio di questi governanti il nazionalismo serbo minava la stessa sopravvivenza dell’Impero, e quindi questa entità statale necessitava di una severa lezione. E qui, purtroppo, bisogna dire la storia si ripete.

Nella seconda parte vengono esaminati i punti di vista dell’Impero Germanico. I governanti tedeschi erano molto perplessi se sostenere le posizioni austro-ungariche oppure essere un ponte per dirimere la controversia fra Austria e Serbia. Ben sapendo che nel primo caso si sarebbe inimicata la Russia, che sosteneva i fratelli serbi e che il sostegno all’Impero Austro-Ungarico e alla sua volontà punitiva avrebbe provocato l’intervento russo, e per le varie alleanze in gioco, un conflitto più ampio.
Barbagallo ritiene, dai documenti da lui esaminati, che il principio della colonizzazione delle terre non germaniche compresa l’occupazione dell’Austria, tentata la prima ed attuata la seconda dal Terzo Reich dal 1938 con culmine nella Seconda Guerra Mondiale, fosse già nei programmi dell’Impero tedesco prima ancora della Prima Guerra Mondiale. Scrive: “tutto il Germanesimo sta per iscatenare il suo violento assalto contro lo Slavismo”.

La terza parte tratta del punto di vista dell’Impero Russo. Già dai tempi di Pietro il Grande questa vasta nazione era assillata dall’accesso agli stretti, cioè ad un accesso alle calde acque del Mare Mediterraneo. E cercava di arrivare a questo suo obiettivo, se non direttamente, anche attraverso l’instaurazione in paesi vicini di governi amici che favorissero questo suo proposito. La Russia sperava che, con la dissoluzione dell’Impero Ottomano lo Stretto del Bosforo fosse controllato da paesi amici. Nonostante questo, il governo civile, però, era per istanze pacifiste, anche per la sostanziale impotenza dello Zar Nicola II. Non così il potere militare, ma anche questo non voleva la guerra a tutti i costi, ma solo nel caso in cui l’Impero Austro-Ungarico aggredisse i fratelli serbi.

La conclusione del Barbagallo, ma forse vale anche per le situazioni odierne, è che nessuno delle tre potenze considerate voleva la guerra, non la voleva l’Impero Austro-Ungarico perché voleva solo dare una lezione alla Serbia, non la voleva la Germania perché pensava che una sconfitta dell’Impero Austro-Ungarico avrebbe influito negativamente sulle sorti dello stesso Impero Germanico, non la voleva la Russia; ma tutte queste nazioni, con i loro errori e decisioni errate, e senza rendersi pienamente conto, la stavano provocando e la provocarono. Così come errori successivi, al momento degli accordi di pace, creeranno i presupposti per una ben più devastante guerra due decenni dopo.

Si può ricavare da questo testo di Barbagallo un monito che vale anche ai nostri tempi. Tutte le guerre sono nate da errori anche modesti.

Sinossi a cura di Piero Giuseppe Perduca

Dall’incipit del libro:

Alla dimane della seconda guerra balcanica e del successivo Trattato di Bukarest (3-6 agosto 1912), il governo austro-ungarico era terribilmente preoccupato di ciò che era avvenuto, ed avveniva, ai confini sud-orientali della Monarchia. Esso conosceva da tempo le aspirazioni serbe verso gli Slavi soggetti all’Austria-Ungheria, la cupa passione di quel piccolo popolo di montanari, la tenacia inscrollabile dei suoi sforzi; essa sapeva bene quanto ciò tornasse pericoloso per la compagine stessa dell’Impero, comprendente non meno di 24 500 000 di Slavi, ma si accorgeva ora che la potenza dissolvitrice della Serbia era cresciuta di mille doppi, e che, d’altra parte, l’irredentismo serbo aveva riacceso l’irredentismo rumeno e gli spiriti nazionali dello stesso regno indipendente di Rumania, sì che non c’era più, nei rispetti dell’equilibrio Balcanico, da contare su questo Stato, anch’esso, in teoria, politicamente associato alle Potenze della Triplice alleanza.
Inoltre, mentre la Turchia, che, fino a ieri aveva costituito uno dei «punti archimedici» della politica austro-ungarico-tedesca nei Balcani, era stata quasi distrutta, la Duplice Monarchia sentiva e pensava che, dietro lo slavismo serbo, c’era l’impulso dello slavismo dell’Impero russo, il quale, cresciuto in questi ultimi tempi, enormemente di popolazione, e pur rimasto «tagliato fuori dal mare libero», era per «necessità storica» costretto a tentar di allargarsi verso i mari del Sud.

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