La novella Chiaro di Luna (Mondnacht) è la terza del tema “Amore” del ciclo Il Lascito di Caino; tale ciclo avrebbe dovuto essere una raccolta di novelle suddivise in sei parti, ognuna delle quali dedicata a quelle che l’autore identificava come le tematiche cruciali dell’esistenza umana. Portò a termine solo le parti dedicate all’Amore e alla Proprietà.

La fonte di ispirazione è la travagliatissima relazione dell’autore con Anna von Kottowitz.
Olga, donna sposata ma trascurata e incompresa dal marito, viene attratta dall’unico uomo, Vladimiro, che abbia con lei un atteggiamento scostante. Quello che nasce è un amore ideale, narrato dalla protagonista all’autore che racconta in prima persona, durante una crisi da “mal di luna”.

Vladimiro cederà a questo amore quando Olga arriverà ad incarnare il suo ideale di donna. Ma su questa condizione ideale prevarrà nuovamente l’elemento esteriore e narcisistico, a causa del quale Olga, trionfante per aver conquistato Vladimiro, non è più capace di tenere nascosto l’adulterio. Da qui il tragico epilogo.

La novella è del 1868. È evidente lo schierarsi di Sacher-Masoch a fianco delle istanze di emancipazione femminile, osteggiate dai benpensanti, atteggiamento che è in linea col prendere sempre, come è proprio di quest’autore, la parte del più debole, sia l’ebreo, il contadino ruteno, la donna.

Il percorso per superare da parte della donna la noia esistenziale è ben delineato, attraverso il lavoro, l’arte e lo studio. Nasce da questo trittico, e in questa novella forse in modo particolare, l’immagine di una donna che cessa di perseguire vanità e esteriorità per divenire libera di sviluppare la propria individualità.

La traduzione italiana di Luigi Ferrara è del 1900. Nel 1995 venne stampata dall’editore Mobydick una nuova traduzione, presentata erroneamente come prima edizione italiana, corredata da pregevole apparato critico di Franca Ortu.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Era una chiara e calda notte di Agosto. Io me ne tornavo dalla montagna col fucile in ispalla; e il mio grosso cane nero mi seguiva alla stracca, passo innanzi passo, con tanto di lingua da fuori. Avevamo perduta la strada. Più di una volta io mi fermai e mi volsi intorno per orientarmi. Il cane allora si sedeva immancabilmente e mi guardava.
Dinnanzi a noi la campagna si stendeva in una dolce ondulazione di colline boscose. Di sopra al nero degli alberi si mostrava il disco rosso della luna piena e splendeva con bagliore di fuoco nel bruno immenso del cielo. Da oriente ad occidente, tranquilla e maestosa come un bianco fiume di stelle fluiva la via lattea; al nord, proprio sull’orizzonte, brillava l’Orsa maggiore. Una tenue nebbia si levava, a traverso i salici vicini, da una piccola palude in cui tremava una smorta luce verdastra; il fievole lamento dell’airone susurrava giù nel canneto. Via via che si andava innanzi il passaggio appariva sempre più inondato di luce: le fosche cortine di alberi si abbassavano pian piano sino a sparire; e la pianura ci si slargava sotto gli occhi come una verde e tremula estensione di mare, d’onde, come una nave a vele gonfie, emergeva una casetta bianca coi suoi alti pioppi. Di quando in quando un alito passava tra fronda e fronda, e dei suoni meravigliosi giungevano allora fino a me, confusamente. M’accorsi, avvicinandomi, ch’erano di una malinconia tenera, bellissima. Il pianoforte era buono e una mano assai fine e dolce ne cavava la sonata del «Chiaro di luna» di Beethoven. Pareva che un’anima, un’anima dolente si effondesse in lagrime su per i tasti. Tutt’a un tratto una dissonanza disperata – poi lo strumento si tacque. Appena un centinaio di passi mi separavano dalla solitaria casetta e dai suoi pioppi scuri che stormivano tristamente. Un cane agitava con tetro rumore la sua catena; un ruscello, di lontano, faceva sentire il suo mormorìo cupo e monotono nella notte.

Scarica gratis: Chiaro di luna di Leopold von Sacher-Masoch.