(voce di SopraPensiero)

di Sibyl von der Schulenburg

Il romanzo racconta sei anni della storia della Basilica del Santo vista attraverso gli occhi di un artista fiorentino, Donatello, che grazie alle sue capacità artistiche riuscì a elevare il suo status sociale, fino a coltivare un rapporto, molto vicino all’amicizia, con il suo mecenate Cosimo De’ Medici. Non era cosa da poco in quel periodo di rigorosa distinzione delle classi e Donatello era di estrazione sociale modesta.

Blu paonazzo c’illustra il periodo in cui gli eventi narrati si svolgono, ma non si concentra su politica e fatti bellici, bensì sul potere della bellezza evidenziando come anche allora l’arte fosse un campo in cui tutti i fili si incrociano e dal quale si possono sempre gettare nuovi ponti verso la politica.

Durante la finestra temporale in cui si svolge la trama del romanzo, esiste un certo equilibrio di forze tra i maggiori Stati italiani che vivono la coda di lungo periodo di conflitti armati. Siamo vicini alla Pace di Lodi del 1454 e possiamo presupporre che fossero già in corso trattative per il raggiungimento di questo risultato. Ci sono dunque i presupposti per una crescita del benessere generale, con grande profitto dei mercanti che rafforzano il tessuto borghese e che, se fino a quel momento hanno finanziato le guerre dei signori, ora si misurano con la gloria delle grandi famiglie, come i Medici, gli Estensi o i Gonzaga, con l’esibizione della propria ricchezza in opere artistiche.

L’autrice ci introduce nella storia attraverso i pensieri di Donatello, il suo agire e sentire, le sue aspirazioni e i suoi ricordi, dandoci un quadro generale di una Padova non rassegnata al dominio veneziano (avvenuto nel 1405, quarant’anni prima), ma costretta a vedersi mutilata giorno per giorno in diversi suoi aspetti.

Il vero palcoscenico di questa storia è però la Basilica di Sant’Antonio, luogo di culto importante e imponente, centro di un’energia che coinvolge non solo i padovani che si identificano nel «Santo», ma di un’Europa cattolica che riconosce in Sant’Antonio di Padova uno dei suoi Santi più rilevanti. La Basilica, come altri luoghi di culto cattolico, diventa una sorta di collezione d’arte, un museo aperto ai fedeli di qualsiasi estrazione sociale, un’occasione unica per i poveri di educare il proprio senso estetico, di elevare lo spirito contemplando opere di pittura e scultura eccelse.

Il romanzo si svolge attorno ad alcuni cardini che coincidono con delle opere d’arte che l’autrice ha saputo mettere in campo con perizia di storica dell’arte e di scrittrice: dall’ex voto in argento per ricordare la sopravvivenza del Gattamelata (Stefano da Narni) alla statua equestre in sua memoria, passando per fini lavori di oreficeria, un crocifisso e un altare maggiore alla Basilica del Santo, la lunetta del Mantegna e la sua prima pala d’altare.

Sono poi sempre le opere d’arte che spostano i fondali della scenografia in «Blu paonazzo»: da Firenze a Padova, la collocazione della scena in un palazzo, un luogo di culto, una piazza o anche nelle strade, è determinato dall’esigenza di un colloquio con il committente, la visione dei luoghi che accoglieranno nuove opere, botteghe d’arte oppure semplicemente la strada sporca sulla quale finisce una preziosa bozza scultorea di Donatello.

L’autrice ci offre l’immagine di un Donatello casto, delicato, consapevole e rispettoso del mondo femminile, innamorato però solo della sua arte:

Amava la scultura, che però chiedeva un tributo esclusivo di fedeltà: nient’altro da accarezzare se non la pietra e il marmo o il bronzo, nessuna altra sonorità nella sua casa, se non la profonda eco del metallo percosso, nessuna rotondità morbida e viva, su cui appoggiare le mani, strisciare il palmo, nessuna pelle da sfiorare con la bocca. (p.17)

Un Donatello già anziano che vede la donna soprattutto come una delle immagini che normalmente produce, ossia la Madonna e le sante, oppure ancora le committenti, tutte figure che destano sentimenti positivi, amore di ogni tipo salvo quello sensuale. Forse è l’incontro spirituale con personaggi religiosi scaturiti dalla sua arte, oppure le trattative professionali con alcune committenti, due potenti donne padovane, che l’hanno portato da un lato a non innamorarsi e dall’altro a stimare le donne capaci di valere quanto gli uomini:
Eppure in quella Padova dove, come dovunque, erano gli uomini a decidere che cosa, quando, come e perché, a esibire come trofei e merce in vendita sul mercato matrimoniale ad alto prezzo le figlie, agghindate in modo tale da far tuonare i frati predicatori dell’Osservanza, ecco, in quella Padova affioravano, spesso grazie alle loro tombe, donne che avevano alzato la testa e usato l’intelligenza che aveva loro dato Dio, distribuendo talenti e difetti, credeva Donatello, con equità. (p.131)

A tratti l’artista fiorentino esprime tutta la concretezza che caratterizza i fiorentini, anche quelli del rinascimento e l’autrice non vuole certo farne un paladino della fede. Così il grande artista fa delle riflessioni che i padovani probabilmente non facevano:
«Devo venire a veder con calma questi reliquiari» rimuginava dentro di sé Donato. «Reliquie: chi direbbe mai che per un brandello di stoffa, per un po’ di polvere d’ossa si combattono guerre, si pagano riscatti, ci si ammazza e si diventa magari martiri…» (p.35)
I personaggi sono quasi tutti realmente esistiti ma, come in ogni romanzo storico, i tratti d’unione, i ponti e le occasioni per dar voce ai protagonisti, sono affidati a personaggi di fantasia. E così, anche in questa opera troviamo un personaggio di fantasia duttile, che si presta a molti ruoli e comparse, uno strumento che in mano alla scrittrice diventa testimone e narratore del tempo passato, permettendo al lettore di entrare nell’epoca descritta. Giovanna Baldissin Molli ha creato Ymiza, una fanciulla che permette a Donatello di comprendere la realtà padovana, così diversa da quella fiorentina; gli dà modo di dimostrare grande sensibilità verso le donne quasi a sfiorare un precoce femminismo (forse anacronistico), gli dà anche una ragione in più per lavorare e restare a Padova e sarà infine la voce smorzata della coscienza del grande artista.

Gli eventi narrati sono tali da spingere il lettore alla ricerca di risposte, come nel migliore dei romanzi gialli, ma senza mai prevalere sui contenuti d’arte, morale ed estetica, facendo di «Blu paonazzo» un’opera che, con i mezzi propri della narrativa, raggiunge gli effetti del saggio divulgativo.


Romanzo storico di Giovanna Baldissin Molli, 2018 ed. Il Prato Publishing House – Finestra temporale: 1447- 1453, rinascimento

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Paolo Calabrò
Laureato in scienze dell'informazione e in filosofia, gestisco il sito ufficiale in italiano del filosofo francese Maurice Bellet. Ho collaborato con l'Opera Omnia in italiano di Raimon Panikkar. Sono redattore della rivista online «Filosofia e nuovi sentieri» e membro dell'associazione di scrittori «NapoliNoir». Ho pubblicato in volume i saggi: – Scienza e paranormale nel pensiero di Rupert Sheldrake (Progedit, 2020); – Ivan Illich. Il mondo a misura d'uomo (Pazzini, 2018); – La verità cammina con noi. Introduzione alla filosofia e alla scienza dell'umano di Maurice Bellet (Il Prato, 2014); – Le cose si toccano. Raimon Panikkar e le scienze moderne (Diabasis, 2011) e 5 libri di narrativa noir: – Troppa verità (2021), romanzo noir di Bertoni editore (2021); – L'albergo o del delitto perfetto (2020), sulla manipolazione affettiva e la violenza di genere, edito da Iacobelli; – L'abiezione (2018) e L'intransigenza (2015), romanzi della collana "I gialli del Dio perverso", edita da Il Prato, ispirati alla teologia di Maurice Bellet; – C'è un sole che si muore (Il Prato, 2016), antologia di racconti gialli e noir ambientati a Napoli (e dintorni), curata insieme a Diana Lama.