Ugo Santamaria
C'era una volta un vecchio re che cadde ammalato. Sentendosi vicino a morte, chiamò il fedele Gianni, il più caro fra i suoi servi, così detto perchè tutta la vita era stato fedele al padrone. Venuto che fu, gli disse il re:
— Sento, Gianni mio, che la fine non è lontana. Solo di mio figlio sto in pensiero... È giovane; non saprà sempre dirigersi; nè io morrò tranquillo, se tu non mi prometti di vegliar su lui, d'istruirlo, d'esser per lui un secondo padre.
Dal cortile di cemento un giovanotto a gola tesa gridava al terzo piano di ombre e sprazzi di luce:
— State tranquilli, sono disoccupato.
Strillavano bambini in cortile e per le scale, e da tutti i sei piani di balconi brulicavano finestre illuminate, nei riflessi delle ringhiere.
Sui fienili e nelle stalle da un pezzo non volevano piú nessuno, perché poi succedeva che venivano gli altri a far rappresaglia. Davano un piatto di minestra e del pane solo a chiederlo, ma dicevano di andarselo a mangiare lontano; ci voleva un discorso ben grosso per trattenerli sulla porta. Ogni tanto pioveva e bisognava ripararsi sotto i ponti.
Viaggiavano insieme un sarto e un fabbro ferraio. Una sera, mentre il sole tramontava dietro i monti, udirono di lontano il suono d'una musica che via via si faceva più chiaro.
Nero tra il baglior polverulento d'un sole d'agosto che non dava respiro, un carro funebre di terza classe si fermò davanti al portone accostato d'una casa nuova d'una delle tante vie nuove di Roma, nel quartiere dei Prati di Castello. Potevano esser le tre del pomeriggio.
Se volete acquistare un’orchidea correte il rischio di un giuoco di borsa, fate come si dice volgarmente una speculazione. Avete innanzi agli occhi un pezzettino di velluto raggrinzito, di colore scuro, pel rimanente dovete rimettervi allo stimatore, al vostro gusto od alla fortuna.
Piena anche per gli olivi quell'annata. Piante massaje, cariche l'anno avanti, avevano raffermato tutte, a dispetto della nebbia che le aveva oppresse sul fiorire.
Lo Zirafa, che ne aveva un bel giro nel suo podere delle Quote a Primosole, prevedendo che le cinque giare vecchie di coccio smaltato che aveva in cantina non sarebbero bastate a contener tutto l'olio della nuova raccolta, ne aveva ordinata a tempo una sesta piú capace a Santo Stefano di Camastra, dove si fabbricavano: alta a petto d'uomo, bella panciuta e maestosa, che fosse delle altre cinque la badessa
Giacomo Holroyd era l’uomo addetto alla vigilanza delle tre dinamo dell’officina di Camberwell, che comunicavano la forza motrice alla vicina ferrovia elettrica.
Giacomo Holroyd, ottimo elettricista, ma gran bevitore di whisky, fisicamente era un omaccione tarchiato, dai capelli rossi e dai denti irregolari; moralmente: un poco di buono che metteva in dubbio l’esistenza di Dio e non riconosceva altra divinità all’infuori della forza e della brutalità.
Ditelo voi chi fu, se quel che dico io vi deve soltanto far ridere. Ma liberate almeno Andrea Sanserra che è innocente. All'appuntamento egli è mancato; lo ripeto per la centesima volta. E ora parliamo di me.