(voce di Luca Grandelis)

Pietruccio Montalbetti è chitarrista e leader dei Dik-Dik, storico gruppo pop italiano. Dopo le prestigiose collaborazioni musicali con Lucio Battisti, Rita Pavone, Maurizio Vandelli, si è dedicato all’esplorazione – tenda e zaino – dei posti più belli del pianeta. Ci racconta quest’esperienza nel suo ultimo Sognando la California. Scalando il Kilimangiaro (ed. Aereostella, 2011), un volume agile ma denso di storie e ricchissimo di foto (scattate dall’autore), in cui scopriamo – dietro il viaggiatore – un autore che legge Hofmannsthal e Arendt e gira il mondo in cerca dell’essenziale. L’abbiamo intervistato.

Che effetto fa giungere, a 70 anni, a 6.000 metri di altezza, sulla vetta più alta del continente nero?
Una gran fatica, in verità: solo due mesi fa in gennaio ho compiuto l’impresa «impossibile» di scalare i 7000mt della montagna più alta della catena andina, l’Aconcagua. Fatica, dunque, ma anche una grande gioia: ogni volta che mi accade, mi rendo conto di aver aggiunto un tassello alle mie esperienze di vita interiore.

Marino Bartoletti ricorda, nella Prefazione, che un posto visto vale più di cento descritti. Cosa ne pensa, dopo aver viaggiato dal Mali alla Tanzania, dall’Ecuador all’India, nel deserto, sulla montagna, nella foresta, nella savana?
Indubbiamente nulla è come viaggiare di persona. Il viaggio è un’esperienza di introspezione, si guarda in se stessi per conoscersi meglio e comprendere i motivi della propria esistenza. Potremmo dire un’esperienza «spirituale» (o «analitica», se si preferisce): ho letto molto la Bibbia e la filosofia contemporanea, ma mi sento di dire che le vere risposte possono essere trovate soltanto camminando.

Il ricordo di una delle cose più belle che abbia mai visto in viaggio. E quello di una cosa che avrebbe preferito – col senno di poi – non incontrare.
Va da sé che di cose belle ne ho viste tante. Ma per dirne una sola, parlerei del popolo Amazzonico degli Aucasa: vivono in uno stato così originario che per un po’, stando con loro, mi sono sentito tornare anch’io all’età della pietra. Le persone che invece non desidero incontrare sono quelle che considerano i popoli diversi dal loro come inferiori, ignorando che ogni popolo ha una sua cultura e che chiunque ha qualcosa da insegnare agli altri. Sono quelli che non sanno fare nient’altro che turismo e per i quali viaggiare non significa nient’altro che dormire in un hotel a 5 stelle.

Quale legame esiste tra la musica e l’amore per il viaggio?
La mia musica e i miei viaggi sono due cose distinte, che anzi faccio di tutto per mantenere tali. Quando sono in viaggio mi dimentico ad esempio del Paese dal quale provengo (l’italia) e cerco di comprendere le realtà che incontro immergendomici in ogni modo: viaggio con i loro mezzi, mangio il loro cibo, dormo in luoghi e modi simili ai loro, ben diversi da quelli dei turisti.

Per i Suoi fan: pensa di tornare al pubblico, con la musica, con la montagna, o con entrambe?
Chi può dirlo: la musica, come la montagna, è un viaggio, un’esplorazione. Credo che non smetterò mai: né con l’una, né con l’altra.

La retorica dominante ci propina che «volere è potere»; ma la montagna insegna il contrario. Qual è la Sua esperienza in merito?
La montagna insenga tante cose; la pazienza, innnanzitutto, e poi il fatto che è lei a dominare l’uomo e non viceversa: non bisogna mai sottovalutare le sue improvvise mutazioni. Scalare vuol dire davvero mettersi a confronto con la natura e con le proprie possibilità, sia fisiche sia spirituali.

Tanti gli aneddoti: dalla roccia dedicata a Battisti al ragazzo che ha «operato» alla meglio in Perù. A quale di questi ricordi è più affezionato?
I ricordi sono tanti; ma quello più bello è l’amico che mi aspettava al ritorno dalle mie avventure e mi chiedeva di raccontargli tutto nei minimi particolari (con grande soddisfazione reciproca). Era proprio Lucio Battisti. Un ascoltatore fantastico.

Cosa sente di dire a chi non ama viaggiare e preferisce starsene a casa sua fra il libri, la TV, le comodità e le abitudini?
Vorrei dir loro che viaggiare significa aprire la mente ad un mondo che sta cambiando. La comodità è attraente, ma la libertà è irrinunciabile. Bisogna fare la propria scelta. Io scelgo la libertà.


P. Montalbetti, Sognando la California. Scalando il Kilimangiaro, ed. Aereostella, 2011, pp. 144 a colori, euro 18.

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Paolo Calabrò
Laureato in scienze dell'informazione e in filosofia, gestisco il sito ufficiale in italiano del filosofo francese Maurice Bellet. Ho collaborato con l'Opera Omnia in italiano di Raimon Panikkar. Sono redattore della rivista online «Filosofia e nuovi sentieri» e membro dell'associazione di scrittori «NapoliNoir». Ho pubblicato in volume i saggi: – Scienza e paranormale nel pensiero di Rupert Sheldrake (Progedit, 2020); – Ivan Illich. Il mondo a misura d'uomo (Pazzini, 2018); – La verità cammina con noi. Introduzione alla filosofia e alla scienza dell'umano di Maurice Bellet (Il Prato, 2014); – Le cose si toccano. Raimon Panikkar e le scienze moderne (Diabasis, 2011) e 5 libri di narrativa noir: – Troppa verità (2021), romanzo noir di Bertoni editore (2021); – L'albergo o del delitto perfetto (2020), sulla manipolazione affettiva e la violenza di genere, edito da Iacobelli; – L'abiezione (2018) e L'intransigenza (2015), romanzi della collana "I gialli del Dio perverso", edita da Il Prato, ispirati alla teologia di Maurice Bellet; – C'è un sole che si muore (Il Prato, 2016), antologia di racconti gialli e noir ambientati a Napoli (e dintorni), curata insieme a Diana Lama.