Titolo: Riprendimi di Anna Negri 2008
Con: Alba Rohrwacher, Marco Foschi, Valentina Lodovini, Alessandro Averone, Marina Rocco, Cristina Odasso, Francesca Cutolo, Massimo De Santis
Giovanni e Lucia, non c’è che dire, hanno i trent’anni di oggi.
Si amano. Vanno a vivere insieme. Insieme fanno Paolino. Lavorano a stento. Lui fa l’attore, anche se l’entusiasmo con cui da bambino sognava il palcoscenico è andato a farsi benedire, tutta colpa di anni e anni di provini andati a male e di fiction televisive in cui un giorno predica, l’altro opera, l’altro ancora arresta, ma se si vuol campare così è, perché la tv, almeno, paga.
Lei fa la montatrice, a contratto. Dà vita alle storie, le racconta come vuole, sceglie le immagini più belle, le taglia e le cuce. Dal niente crea senso: tre mesi su un computer, due su un altro e “arrivederci a quando vi riservirò”.
Ci sono poi Eros e Giorgio. Cameraman e fonico. Girano un documentario sul precariato nel mondo dello spettacolo. Per produrlo, si affittano casa e dormono in macchina. Seguono passo passo Giovanni e Lucia, li pedinano mentre mangiano, mentre stanno per far l’amore, mentre la felicità di Giovanni giorno dopo giorno frana via, senza che Lucia se ne accorga, perché “non era quella – familiare, semplice, domestica – la vita che le sue ambizioni pretendevano”. E allora urla, la giugulare gli si gonfia nel collo e una sera come tante dice basta. «Devo ritrovare me stesso”. Afferra di gran lena la giacca, se la butta sulla spalla e se ne va, a passi svelti, verso la porta e una nuova vita.
Il disamore, così, si fa libertà e poi amore di nuovo, come un impeto, per la bella otorinolaringoiatra Michela, che è il profumo tanto atteso che stravolge, che gli fa dire: “Mi sento finalmente vivo”.
D’altra parte però ci sono le lacrime, la rabbia e l’abbandono di Lucia, Lucia che si ostina a rivendicare amore anche quando, evidentemente, amore non c’è più, Lucia che ogni mattina si sveglia, parafrasando Billie Holiday, “col suo mal di cuore che non va più via”, Lucia che spinge la carrozzina di Paolino sotto i portici di Piazza Vittorio a Roma e pensa che «quando si viene lasciati soli, ci si sente prigionieri della casa, di tuo figlio, prigionieri del tuo sogno infranto».
Eros e Giorgio, spiazzati, per forza di cose si ritrovano a credere di dover rinunciare al taglio sociale del loro documentario, ma in fondo anche quello che stanno filmando – il melodramma di una vita di coppia infranta – è precarietà, la stessa che si legge negli occhi dei ragazzi di oggi, precarietà che aliena e disamora, invade tutto, si fa anche – soprattutto – affettiva, riducendoci labili e fragili, impazienti e soli, disincantati, a girare a vuoto e a dire al tassista, a notte fonda: “Non ho voglia di tornare a casa. Mi fa fare un giro da 30 euro?”.
Il film, girato in digitale, a bassissimo budget e in pochissimo tempo (700 mila euro e quattro settimane di riprese), gioca nel titolo “Riprendimi” col doppio senso cine -sentimentale (Filmami/Riprendimi con te).
E’ un’opera finalmente e fieramente soprattutto femminile: prodotta da Francesca Neri, scritta e girata da Anna Negri, musicata da Gianna Nannini, con un pubblico in sala perlopiù rosa.
Con l’espediente narrativo del «mockumentary (finto documentario) nel film» la telecamera si fa intima, l’inquadratura partecipata, e ben documenta così dall’interno l’irrequietezza di questi nostri tempi amari, inquieti, criminali, senza stabilità, in cui ci si muove freneticamente per combattere l’ansia degli anni che passano, per poi accorgersi che non ci si può non perdere, che il filo su cui si camminava ha ceduto di colpo, che la precarietà ci ha mangiato anche un po’ l’anima e che non ci si può far niente: comunque vada, bisogna ci si abitui all’idea di fare i conti con l’abbandono. Quello a un lavoro a morsi e bocconi, che un giorno c’è e quello dopo chissà. Quello alla passione di un amore ritrovato che non può aspettare, e si consuma semivestiti, sulle scale di casa. Quello al dolore di un amore perduto, che sa di inguaribile in un letto in cui si sta larghi nell’assenza dell’altro, ma che il tempo, prima o poi curerà.
Anna Negri con intensità e delicatezza tipicamente femminili ci fa masticare l’erba amara del disamore, dell’insoddisfazione, della perdita, del lutto, per poi restituirci l’euforia, il travolgimento, l’amore, la vita che ritorna, inaspettatamente, e bella. Ma, anche stavolta, ci strizza l’occhio, invitandoci a non puntarci troppo su.