In Campania e Puglia vince la coalizione plurale, mentre l’Italia resta affamata di senso e stanca di rituali politici “battezzati pesce”.


Sulla Piazza d’Italia—quella che De Chirico non ha mai dipinto, ma che ogni giorno continua a immaginare—il tacchino del venerdì troneggia, lucido d’olio, al centro di un colonnato. È un tacchino che sa di potere, di compromessi, di benedizioni improvvisate. Il parroco goloso che lo guarda è la politica italiana: sa benissimo che non si dovrebbe, sa benissimo cosa prescrive il rito, ma una mano invisibile—quella del consenso—lo spinge comunque a mormorare ego te baptizo piscem.

E così il tacchino diventa pesce. E la politica diventa alternativa. E l’impossibile diventa un 60% in Campania e un 64% in Puglia.

Nell’aria metafisica sospesa tra un’ombra troppo lunga e un treno che non arriva mai, le percentuali sembrano chimere: Fico che vola come un uccello di bronzo sulla Reggia di Capodimonte, Decaro che passeggia davanti alle Cariatidi di Bari mentre le statue ammiccano, complici. La sinistra, che sembrava un manichino dimenticato in un magazzino di corso Umberto, scopre di avere ancora le giunture mobili: basta guardare il Paese e non più lo specchio.

È qui che appare un’altra natura morta: una ciotola colma di basilico fresco, accanto a una pila di rapporti sulla corruzione italiana. I pinoli e i numeri della Corte dei Conti si mescolano: 150 grammi di basilico, 90 di parmigiano, 53 punti nel Corruption Perceptions Index. Tutto nel mixer. Ma frullato a impulsi, “per non surriscaldare”.

La politica italiana sa benissimo che il vero problema è proprio questo: quando si scalda troppo, brucia. Quando si raffredda, ammuffisce. E intanto, come nella ricetta delle trenette al pesto, patate e fagiolini, tutto cuoce nella stessa acqua: le paure del Sud, il fantasma dell’autonomia differenziata, le liste civiche che spuntano come erbe spontanee, la presenza socialista che ritorna come un ingrediente antico eppure necessario.
In Campania quasi il 6%, in Puglia oltre il 4%, in Veneto un 2,5% che però pesa come un pugno di sale grosso.

La coalizione plurale è un piatto semplice: trenette, patate, fagiolini. Nulla di eroico. Nulla di puro. Eppure funziona.
Funziona perché non pretende omogeneità. Perché capisce la ragione profonda di ogni cucina popolare: mettere insieme ciò che la terra ti dà, senza sprecare nulla.

Proprio mentre più di due milioni e duecentomila italiani dichiarano in silenzio che la politica “non merita il loro tempo”.
E allora nella piazza metafisica spunta un’altra figura: un giovane che tiene il rosario, e accanto a lui una donna con una scheda elettorale in mano. Entrambi immobili. Entrambi assenti. Cattolici evaporati, come se la fede fosse incompatibile col voto. La destra li sventola come amuleti, la sinistra li ignora come fossero statue.
E loro, i credenti, restano lì: un deserto che nessuno vuole irrigare. Una sorgente che nessuno va più a cercare.

Nel frattempo, dietro una colonna, un funzionario pubblico conta mazzette come fossero pinoli. Un imprenditore sminuzza appalti come fossero basilico da tritare. La corruzione è una cucina parallela, un banchetto permanente. Una mensa metastorica.

Ma poi, come nel gesto del parroco col tacchino, la politica italiana trova sempre il modo di ribattezzare ciò che non dovrebbe:
– un interesse privato diventa “rilancio territoriale”;
– un favore diventa “opportunità per il Paese”;
– una riforma elettorale evocata a urne aperte diventa “stabilità”.

Eppure, nonostante tutto, qualcosa si muove.
Come una trenetta che danza nel bollore, come un fagiolino che sale a galla per primo, come una patata che lentamente rilascia l’amido e lega ciò che altrimenti si separerebbe.

Il modello Campania non è una ricetta da replicare, ma un metodo da capire: tenere insieme senza appiattire, guidare senza comandare, mescolare senza spappolare.
Il pesto resta verde solo se l’olio è freddo. La politica resta credibile solo se non si scalda di slogan.

Il voto di queste regionali non annuncia rivoluzioni. Non è un ritorno al passato.
È, piuttosto, come una di quelle statue di De Chirico che, pur ferme, suggeriscono un imminente movimento.
Un avvertimento:
gli spazi esistono ancora, se la politica torna a esserci davvero.

E mentre il parroco continua a benedire tacchini e chiamarli pesci, mentre i cittadini decidono che è meglio il silenzio del rumore, mentre le trenette scendono nella pentola grande, l’Italia resta lì:
un Paese sospeso, cremoso, profumato, a volte amaro, a volte corrotto, ma sempre incredibilmente possibile.

Basta non cuocerlo troppo.
E non scordare il basilico.

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Antonio Rossello
Antonio Rossello, è nato a Savona nel 1964 e vive ad Albisola Superiore (SV). Padre di Francesco. Laureato in Ingegneria meccanica all'Università degli Studi di Genova nel 1989, diploma di Laurea internazionale Dr. HC in Sociologia rilasciato dall’Università Internazionale U.P.T.E.A.G. il 24/04/2024 (Iscritto all'Associazione Sociologi Italiani al n. 383). Dopo il Corso Allievi Ufficiali di Complemento presso la Scuola Militare Alpina di Aosta, ha prestato servizio militare, nell'Arma dei Carabinieri come Ufficiale con il grado di Sottotenente nel 1989/90. Attualmente in congedo con il grado di Primo Capitano. Tornato alla vita civile, dal 1991 è alle dipendenze dell’azienda elettromeccanica genovese ANSALDO ENERGIA. E’ stato in trasferta per lavoro in vari Paesi europei, del Medio Oriente, dell’Africa del Nord e dell’Asia . Ha retto diversi incarichi civili ed associativi: membro dell’Assemblea del Corsorzio Depurazione Acque di Savona, Consigliere della Sezione di Savona e del Gruppo delle Albisole dell’Associazione Nazionale Alpini (ANA), prima Consigliere e, dal 2003 al 2011, Presidente dell’Associazione Nazionale Carabinieri (ANC) Sezione di Savona. Tra i promotori di varie iniziative a carattere sociale, culturale e patriottico promosse da ANC, ANA e Conferenza permanente dei Presidenti delle Associazioni d’Arma, Combattentistiche e Patriottiche della Provincia di Savona . Ulteriormente Socio dell’ I.P.A. (International Police Association), dell’U.N.U.C.I (Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d’Italia), dell’A.I.O.C. (Associazione Insigniti Onorificenze Cavalleresche), della F.I.V.L. (Federazione Italiana Volontari per la Libertà) e donatore di sangue dell’A.V.I.S. Insignito dell’Onorificenza di Cavaliere della Repubblica (O.M.R.I.) nel 2007, Cavaliere di Ufficio del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio - Ramo Spagna (2024), Referendario con titolo Grande Ufficiale di 1^ grado di Giustizia (KCLJ-J) dell'Ordine Militare ed Ospedaliero di Lan Lazzaro in Gerusalemme - Malta nel 2022, dell’Attestato di Beneremenza dell’U.N.U.C.I , della Benemerenza Rossa A.V.I.S e dell’Onorificenza di Primo Livello dell'Associazione Italiana Combattenti Interalleati (A.I.C.I.). E’ autore di numerose pubblicazioni di vario genere ed è stato coinvolto, come coautore, in diverse antologie (vedere elenco completo su: https://retisocialienetworking.blogspot.com/p/curriculum-vitae-antonio-rossello-citta.html). Nel 2012 ha ricevuto la consegna della medaglia d’argento della FIVL. E’ attualmente Web Editor dei siti ufficiali di alcuni artisti ed autori locali, Presidente del Centro XXV Aprile, Presidente della Federazione Provinciale di Savona e della Sezione delle Albissole dell'Associazione Italiana Combattenti Interalleati (A.I.C.I.), Segretario della Federazione Provinciale di Savona dell'Associazione Nazionale Volontari di Guerra (A.N.V.G.), Presidente della Federazione Provinciale di Savona dell'Istituto del Nastro Azzurro, Segretario Associazione Nazionale Carabinieri Sez. Varazze e Socio ANCRI (ASSOCIAZIONE NAZIONALE INSIGNITI DELL'ORDINE AL MERITO DELLA REPUBBLICA ITALIANA), membro direttivo sindacale di categoria. Cofondatore della Rassegna multiculturale “Dal Mare alle Langhe fino al Monferrato”, dal 2013 ad oggi promossa dal Centro XXV Aprile, congiuntamente ad altre Associazioni e alle Amministrazioni di Bubbio (AT), Monastero Bormida (AT), Ponti (AL), Denice (Al), Albisola Superiore (SV), Albissola Marina (SV).