“Il diavolo” di questo racconto è una giovane e piacente contadina, colpevole di turbare la pace domestica del possidente terriero Evgenij Irtenev, il quale aveva avuto con lei una relazione prima di sposare, innamorato, Liza Annenskaja.

Fu pubblicato postumo la prima volta in Russia nel 1911, meno di un anno dopo la morte dell’autore. La figlia, Tatjana Tolstoj, spiegò che la mancata pubblicazione vivente il padre fosse da addebitarsi alla presenza nel racconto di tratti autobiografici abbastanza riconoscibili. E anche il suo biografo più autorevole, Birjukòv, conferma in qualche modo questa asserzione, parlando di una antica relazione giovanile di Tolstoj con una contadina e anche di una molto più tardiva passione per una cuoca.

Certo che, nonostante la non pubblicazione, il ritrovamento del manoscritto, che l’autore aveva nascosto ma forse con non abbastanza cautela, da parte della moglie provocò una lite furibonda. Ma probabilmente la spinta decisiva a scrivere questo racconto venne dalla vicenda di un giudice istruttore che Tolstoj conosceva il quale aveva ucciso la sua giovane amante, una contadina per l’appunto, durante la mietitura; il giudice non fu condannato in quanto considerato infermo di mente. Nell’edizione del 1911 non compare la “sdoppiatura” del finale che viene proposta la prima volta solo nell’edizione delle opere complete pubblicate a Mosca nel 1940.

La prima traduzione italiana è del 1923 ad opera dello slavista Enrico Damiani ed è la traduzione presentata in questo e-book che ha come testo di riferimento l’edizione Vallecchi del 1950. Damiani riporta in appendice la variante della quale scrisse:

«tale variante, rappresentando una fase successiva nella concezione dell’autore, è forse quella che più a ragione potrebbe considerarsi come definitiva. Ma il fatto che Tolstoj non pubblicò mai il suo manoscritto dimostra già com’egli stesso, in fondo, non ne fosse soddisfatto. E la prima soluzione, effettivamente, a mio modo di vedere, è la più razionale e più efficace sia dal punto di vista psicologico che dal punto di vista artistico».

La prima stesura del racconto è del 1889, mentre non si sa con precisione a quale anno risalga l’aggiunta della variante finale, che alcuni studiosi dell’opera tolstoiana collocano addirittura a pochi mesi prima della morte. Di parere diametralmente opposto invece è l’opinione di Silvia Sichel – più recente traduttrice di quest’opera – che afferma:

«La variante di finale elaborata da Tolstoj successivamente è, a nostro parere, letterariamente più efficace ed anche più in linea con la personalità del protagonista».

Tra i traduttori italiani che si sono cimentati con Il diavolo troviamo anche Corrado Alvaro.

Non manca Tolstoj di illustrare anche in queste brevi pagine, incentrate in gran parte sui tormenti interiori che talvolta impediscono di osservare la realtà con spirito oggettivo, brandelli della sua filosofia. Nelle prime pagine leggiamo:

«È opinione generale che i conservatori siano di solito i vecchi e che i giovani siano invece degli innovatori. Ciò non è affatto vero. I più comuni conservatori sono proprio i giovani, che amano la vita e non hanno il tempo di pensare al modo in cui bisogna vivere e si scelgono per questo a modello quella vita medesima ch’essi stessi han sempre vissuto.»

In coerenza con questa idea Evgenij Irtenev, avuto in eredità dal padre un grosso possedimento agrario carico di una situazione debitoria molto pesante, si prefigge di riportarlo ai fasti goduti nelle generazioni precedenti. La cosa riesce ma, per l’appunto, il “diavolo” ci mette la coda sotto le sembianze della seducente e disponibile Stepanida. Anche quando il tormento e il desiderio sembrano superati e accantonati, la tentazione riesce a prendere nuovamente il sopravvento. Non manca, come spesso succede con Tolstoj, lo spunto ironico rappresentato qui dall’invadenza di una insopportabile suocera, tanto insopportabile che lei aveva sempre preveduto quello che sarebbe avvenuto, persino entrambi i finali…

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Una brillante carriera attendeva Eugenio Irtenev. Tutto lo faceva prevedere: l’ottima educazione ch’egli aveva ricevuta in famiglia, il brillante risultato dei suoi studî alla Facoltà giuridica dell’Università di Pietroburgo, i legami di suo padre, morto recentemente, con la più alta società, ed anche gli inizî del suo servizio al Ministero, sotto la protezione dello stesso Ministro. Per di più egli aveva una sostanza, e una bella sostanza, che ora però era un po’ compromessa. Suo padre era vissuto all’estero e a Pietroburgo, dove aveva sempre menato, insieme con la moglie, una vita assai dispendiosa, corrispondendo ai figliuoli, cioè a Eugenio e all’altro figlio più anziano, in tutto questo tempo, un assegno annuo di sei mila rubli.
Nelle proprie terre non soleva recarsi che durante l’estate, per un paio di mesi, ma si guardava bene dall’occuparsi dell’amministrazione, di cui lasciava ogni cura a un suo fattore, il quale, profittando della sua fiducia illimitata, gli aveva mangiato quanto più aveva potuto del suo patrimonio.
Dopo la morte del vecchio Irtenev, allorché i fratelli procedettero alla ripartizione dell’asse paterno, si trovarono tali e tanti debiti che l’avvocato li consigliò addirittura a rifiutare l’eredità, sol conservando per sé il podere della nonna, che era valutato un cento mila rubli.

Scarica gratis: Il diavolo di Lev Nikolaevič Tolstoj.