Trockij pronunciò il discorso riportato in questo testo il 21 aprile 1918, quando l’esigenza della rivoluzione, da pochi mesi vittoriosa in Russia, era di rafforzarsi, districarsi dai meandri di una pace separata per uscire dal conflitto mondiale, prepararsi all’imminente e inevitabile guerra civile, rendere solida la struttura del partito bolscevico che aveva assunto il potere, cercare di non disperdere la spinta propulsiva che avrebbe voluto l’edificazione del socialismo fondata sui Soviet, ovvero gli organismi di democrazia diretta che avrebbero dovuto costituire l’asse portante per guidare con la dittatura del proletariato lo stato alla sua estinzione.

Sono quindi questi i punti che tocca Trockij in questo suo discorso, che non sfigura nelle vesti di breve saggio di natura propagandista; la propaganda e l’organizzazione sono in definitiva gli aspetti della vita rivoluzionaria che Trockij meglio interpreta. Non è difficile scorgere in queste pagine l’ardore del prossimo capo dell’Armata Rossa, la sua intransigenza e anche il suo rigido schematismo che lo porterà a una male intesa difesa della rivoluzione di fronte alle istanze libertarie e democratiche che pure lo avevano sostenuto fino a qualche anno prima. L’idea militare balza quindi in primo piano e Trockij manifesta l’esigenza di avvalersi dei vecchi ufficiali zaristi per il suo progetto militare, pur avendo chiare le difficoltà e gli scogli per far coesistere l’esperienza di questi con il coraggio e, spesso, l’avventatezza dei giovani rivoluzionari. Notevole anche l’apertura alle donne per il reclutamento nell’Armata Rossa.

Il testo venne presentato in italiano nel 1921 dalla casa editrice Il Solco, in prima fila nel presentare testi d’avanguardia, portatori di elementi di discussione in tema di storia, filosofia, religione. Basti pensare che nel suo catalogo presentò lavori, ad esempio, di Proudhon e Bonaiuti. Alla casa editrice si interessarono anche Salvemini e Gobetti. La componente cattolica della casa editrice rappresentata dal canonico Enrico Giovagnoli – che successivamente passò dal partito Popolare a quello fascista – non potè mancare di stemperare la carica rivoluzionaria dello scritto di Trockij con una “saggia” prefazione del cattolicissimo deputato sturziano Egilberto Martire che infatti negli anni successivi fu tra i massimi propugnatori del sostegno cattolico al regime fascista. Traduzione autorevole del noto slavista Enrico Damiani.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Compagni! La dottrina comunista o socialista si è proposta come uno dei suoi più importanti compiti il raggiungimento, in questo reo e vecchio mondo, d’un tale stato di cose che gli uomini debbano cessare dall’avventarsi l’un contro l’altro. Uno degli obietti del socialismo o comunismo è la creazione d’un ordinamento tale da rendere, per la prima volta, l’uomo degno del suo nome. Noi siamo abituati a ripetere che la parola uomo suona orgoglio. Lo dice Gorki. Ma, in verità, se gettiamo uno sguardo su questi tre anni e tre quarti di sanguinosa carneficina, si potrebbe ben esclamare: «L’uomo! Ciò suona vergogna, vergogna!».
Orbene, creare una tal forma, un tale ordinamento sociale, in cui non si abbia alcuna reciproca sopraffazione di popoli, è questo il semplice e chiaro compito che ci pone dinanzi la dottrina del comunismo. Ciò nonostante, voi vedete, o compagni, come il partito comunista, al quale io appartengo, il partito cioè che ha nominato l’attuale assemblea, il partito dei comunisti bolscevichi faccia appello all’esercito rosso, invitandolo ad organizzarsi e ad armarsi. In ciò sembrerebbe, a prima vista, di scorgere una profonda contraddizione.

Scarica gratis: L’esercito rosso di Lev Davidovič Trockij.