Alexandre Dumas padre era molto interessato alle figure dei briganti italiani, da lui sempre presentati come eroi positivi. In Manuzio abbiamo già I due figli della Madonna, storia di un brigante calabrese, e nello stesso Conte di Montecristo uno dei personaggi minori è Luigi Vampa, un bandito romano che diventa alleato del protagonista. Nel 1835 Dumas effettuò un viaggio in Sicilia, e conobbe la storia di Pasquale Bruno, che ispirò questo romanzo, pubblicato nel 1838.
Si tratta di un personaggio realmente esistito, nato nel 1780 e morto nel 1803. La sua storia non poteva non interessare Dumas: suo padre era stato decapitato per aver difeso l’onore della madre, violentata da un conte, e la sua testa rimase a lungo esposta in una gabbia al Castello di Bauso. La madre ed il figlio si spostarono in un altro paese, ma Pasquale tornò a Bauso dove si innamorò di Teresa, cameriera di Gemma, figlia del conte che aveva fatto uccidere suo padre.
Il romanzo comincia con il colloquio tra Pasquale e Gemma, che rifiuta a Pasquale il permesso di sposare la sua cameriera, da lei promessa ad un altro uomo. Per vendetta, Pasquale si presenta al matrimonio ed uccide lo sposo, e Teresa diventerà pazza per il dolore e lo spavento. Da quel momento, Pasquale diventa un brigante solitario, che ha come soli amici il giovane africano Alì, che ha salvato da morte ed adottato come figlio, i suoi ferocissimi cani, ed un brigadiere dei gendarmi che aveva tentato di ucciderlo.
Come spesso accade ai personaggi di Dumas, Pasquale è un eroe invulnerabile, o per lo meno tale si fa credere dal popolo: è feroce coi propri nemici, ma generoso con i poveri. Si consegnerà ai gendarmi solo quando questi minacceranno di bruciare le case dei contadini che lo proteggevano. Ha un grandissimo senso dell’onore e di rispetto verso i coraggiosi. Per questo diventa amico del brigadiere che avrebbe voluto ucciderlo, e promette di consegnarsi solo a lui, per fargli guadagnare un premio e la promozione. Anche ai piedi del patibolo, non dimenticherà però la sua vendetta: il figlioccio Alì avrà il compito di uccidere Gemma, che è stata la causa della sua vita da bandito.
Sinossi a cura di Claudio Paganelli
Dall’incipit del libro:
Il nascere delle città, del pari del nascere degli uomini, è sempre dominato da circostanze accidentali l’una diversa dall’altra: e però il sito topografico dove si fondano le prime, e la posizione sociale in mezzo a cui sorgono gli altri, influiscono diversamente in bene o in male sopra tutta la loro esistenza. Ho veduto nobili città tanto orgogliose di dominare quel che loro stava d’intorno, che appena pochi fabbricati aveano osato stabilirsi sulla cima della montagna dov’esse posavano le loro fondamenta: restando così sempre fiere e povere, ed occultando tra le nuvole le loro fronti merlate, battute incessantemente da’ furori dell’estate e dalle tempeste del verno. Andrebbero dette regine esiliate, seguite da pochi cortigiani dei loro infortuni, e troppo superbe per inchinarsi a chiedere alla pianura un popolo, un regno. Ho veduto ancora piccole città tanto modeste, da rifugiarsi in fondo a una valle, le quali avevano sulle rive di un ruscello stabiliti i loro poderi, i molini, le capanne, e che, difese dal caldo e dal freddo da’ circostanti colli, si godevano vita ignorata e tranquilla, simile a quella di uomini scevri di ardore e di ambizione, timidi di ogni strepito, offesi da qualunque luce, e i quali non trovano felicità che nel silenzio e nell’ombra. Altre ve n’ha la cui esistenza ebbe principio da un misero villaggio in riva al mare, e che, a poco a poco, vedendo le navi succedere alle barche, e i vascelli alle navi, tramutaron le loro capanne in case e le case in palagi; tanto che oggigiorno vedesi ne’ loro porti affluire l’oro del Potosì e i diamanti dell’India; e che fanno suonare le loro monete, e spiegano tutta la pompa de’ loro ornamenti, come que’ nuovi grandi che ti spruzzano di fango con le loro carrozze, e ti fanno insultare da’ loro servi.
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