Pubblicato per la prima volta nel 1882, e ripubblicato numerose volte fino agli Anni Venti, ecco un altro romanzo del prolifico autore Salvatore Farina. Questa edizione si avvale di illustrazioni fatte per una ricca edizione spagnola, e ripubblicate in Italia nel 1883.

La trama è esile; il protagonista è il professor Marco Antonio Abate , vedovo cinquantenne con una figlia, Serafina. Il libro inizia al giorno d’oggi, con i rapporti tra i due che sono ahimè inesistenti, quindi con il professore solo al mondo.

La storia di Marcantonio è presto raccontata. Rimasto vedovo con una bambina di 12 anni, aveva deciso di non separarsene mai. Ma a 19 anni, scoppia l’amore nel cuore della giovane, ed il padre, colto dalla gelosia, le impedisce di frequentare un giovanotto, che ricambia il suo amore. Il giovane è un cantante lirico, Iginio, di buona famiglia e prontissimo a sposare Serafina per condurla con sé nelle sue tournée teatrali. Il padre rifiuta decisamente la mano della figlia, e giura allora che se si sposerà contro il suo volere, considererà la figlia come morta.

Una volta compiuti i ventun anni, Serafina può legalmente sposarsi senza consenso del padre: se ne va quindi all’estero seguendo la carriera di Iginio. Il padre respinge ogni lettera di Serafina, per anni, pur riconoscendo che questa sua nuova vita da solo è tutt’altro che felice. Decide quindi di cercare una nuova moglie, tramite un annuncio sul giornale, firmate con lo pseudonimo “signor Io”. Tra le lettere ricevute in risposta, il professore riconosce la scrittura della figlia, che afferma di essere vedova e infelice.
Combattuto tra l’intransigenza e l’amore filiale, Marcantonio decide infine di incontrare, pronto al perdono, la figlia. I due si abbracciano piangendo, e Serafina racconta la sua vita di moglie di un artista: ha una bimba di cinque anni, ed un maschietto, che ha pochi giorni ed ora è a balia. Infine, il professore incontra la nipotina, e c’è pure Iginio, che svela l’equivoco: non solo è vivo, ma negli anni ha tenuto desto nella figlia l’amore per il padre, con ingenui sotterfugi. La lettera al “signor Io” proviene invece dalla padrona di casa, appunto una vedova in cerca di marito. Il libro si conclude quindi nella riconciliazione finale e nelle gioie degli affetti famigliari.

Questa esile trama, come altre opere di Farina, viene arricchita con descrizioni di stati d’animo dei protagonisti e caratterizzazioni di personaggi minori, riuscendo in una storia a lieto fine adatta alla lettura delle signore della Belle Epoque.

Sinossi a cura di Gabriella Dodero

Dall’incipit del libro:

Egli era così alto, che, per entrare dal grande arco nella galleria Vittorio Emanuele, fu costretto a piegarsi ed a camminare colle manaccie puntate sui femori poderosi, e solo nell’ottagono potè lasciare l’incomoda positura; ma nel rizzarsi, avendo preso male le misure, diè del testone nella cupola, e ruppe parecchie lastre di vetro, che gli caddero ai piedi con fracasso. Poco dopo si mosse ed uscì, come era entrato, da un arco laterale. Per le vie camminava spedito, ed in pochi passi fu ai vecchi portoni di Porta Nuova che scavalcò senza arrestarsi; quando giunse in piazza Cavour, seguito da una moltitudine a cui egli non badava, spinse uno sguardo enorme sopra i tetti della città di Milano, poi si chinò verso il gruppo di giovani acacie piantate dal Municipio per dar ombra alle generazioni future, ne prese una delicatamente, e se la infilò con garbo nell’occhiello del farsetto….
Chi era costui?
Il personaggio del mio sogno.
Ma il mio sogno non era inutile, e me ne compiaccio, perchè non ci è dato spesso occupare utilmente i nostri sogni ‒ il mio sogno era una allegoria.
Riconoscete quel sentimento, che cammina solitario nella sua sterminata grandezza, che non guarda in faccia a nessuno, che si mette all’occhiello gli alberi piantati per dar ombra alle generazioni future ‒ si chiama l’egoismo.

Scarica gratis: Il signor Io di Salvatore Farina.