“Siamo tutte anormali” è il titolo di un denso e stimolante saggio, appena pubblicato sulla piattaforma di self publishing Passione Scrittore, che affronta un tema centrale nell’attuale dibattito politico e culturale. L’autore si cela dietro lo pseudonimo di OrlandO, dichiaratamente ispirato all’omonimo personaggio di Virginia Woolf. Come la creatura letteraria, caratterizzata dall’identità fluida, indefinibile, che cambia sesso, sfida le convenzioni e incarna la complessità dell’essere umano, così anche l’autore ha scelto di vivere senza etichette e fuori da ogni schema sociale prestabilito. A parte il fatto che opera come urban & street artist prevalentemente nel Veneto, di lui si sa ben poco. L’artista ha scelto l’anonimato per permettere agli spettatori di guardare alle sue opere senza condizionamenti.
Il saggio, in 9 brevi capitoli, indaga il concetto di normalità e anormalità all’interno della società. Ma cos’è la normalità? Ogni qual volta si prova a definirla, ci si trova davanti a un concetto sfuggente, soggettivo, ingannevole. La percezione di cosa sia “normale” è modellata da norme culturali e sociali, convenzioni, leggi, morale, religione, tradizioni. Più che di un concetto definibile in termini assoluti, la normalità è un costrutto sociale, funzionale a mantenere l’ordine all’interno di una comunità e a escludere coloro che non vi si conformano.
“Siamo tutte anormali” stimola lettrici e lettori a riflettere criticamente su queste costruzioni e ad abbracciare una visione più ampia, riconoscendo il valore di tutte le persone, indipendentemente dalle differenze. In questo modo, invita a vedere la diversità non come una deviazione, ma come una ricchezza essenziale per una società più equa e inclusiva. Uno degli strumenti più subdoli da questo punto di vista è il linguaggio. Esso nasconde una serie di bias e trappole cognitive, sfumature e paradossi, che veicolano inconsapevolmente pregiudizi e discriminazioni.
Il titolo stesso del saggio fornisce un esempio illuminante. “Siamo tutte anormali” sembra riferirsi alle donne. Se si fosse usato il maschile sovraesteso “tutti”, si sarebbe pensato invece sia agli uomini che alle donne. Questo è un tipico esempio di linguaggio androcentrico, dove il genere maschile si arroga il diritto di rappresentare anche il femminile. L’autore spiega che “tutte” potrebbe sottintendere “le persone”: siamo tutte (persone) anormali. Considerato che le parole hanno il potere di modellare la realtà, l’uso androcentrico del linguaggio è un serio ostacolo sul cammino della parità di genere. Nel capitolo “Normalità e linguaggio” si esplorano le resistenze culturali, i bias cognitivi, le controversie, le scelte linguistiche e il loro ruolo nel mantenere o modificare stereotipi sociali, trattando esempi di linguaggio inclusivo e neutro.
Un altro strumento utilizzato spesso nel dibattito pubblico per stabilire ciò che è “normale” o “anormale” è la statistica. Di recente, il generale Roberto Vannacci, nel suo libro “Il mondo al contrario”, se ne serve per definire la “maggioranza” o la “italianità” ed escludere ciò che se ne distacca. OrlandO critica la visione riduttiva della statistica applicata alla complessità umana, sottolineando come, in una società sempre più diversificata e multiculturale, l’approccio numerico alla normalità risulti obsoleto e rischioso nella misura in cui semplifica e distorce la realtà.
L’autore, inoltre, apporta un contributo significativo alla chiarificazione di termini quali normalità e conformismo: con il primo si indica ciò che generalmente è accettato in una società, con l’altro l’azione di conformarsi alle norme sociali. L’interazione di questi due termini, attraverso la pressione sociale che ne scaturisce, produce discriminazioni e disuguaglianze. Il patriarcato ne è un esempio tipico. I valori maschilisti sono assunti come norma, mantenendo le donne in una posizione nettamente subordinata. L’autore analizza l’effetto modellante di meccanismi identitari, storici e culturali, che passano attraverso il linguaggio, l’educazione, le tradizioni, il sistema legale e politico, la religione. E analizza, infine, come eventi straordinari (es. la pandemia e la digitalizzazione) possano definire nuove normalità, portando cambiamenti rapidi che influenzano abitudini e visioni collettive.
In definitiva il saggio di OrlandO è un invito a «riconoscere che la normalità non è un’entità fissa, ma un dialogo continuo tra individualità e società, un luogo in cui si scambiano e si negoziano valori e significati. In questo dialogo, ogni voce ha il diritto di essere ascoltata, ogni prospettiva ha il potenziale di arricchire il tessuto collettivo. La normalità, quindi, potrebbe non essere una meta da raggiungere, ma un cammino da percorrere insieme, con curiosità e apertura, verso una comprensione più inclusiva e flessibile dell’esistenza umana».
“Siamo tutte anormali” è un interessante contributo al dibattito su identità, libertà e dignità umana. Temi, questi, oggi più che mai, meritevoli di attenzione e riflessione.