Pubblicata per la prima volta nel 1932, questa raccolta di brevi racconti autobiografici ripercorre sorridendo gli inizi della carriera di Ettore Petrolini. Si apre con una divertente descrizione (prevalentemente in italiano, ma colorita con abbondanti espressioni dialettali) del sottobosco del varietà romano, in cui Petrolini non nasconde le difficoltà affrontate prima del successo.
E quando la comicità per un attore diventa un obbligo, il comico che non fa ridere è sbeffeggiato dal pubblico e cacciato in malo modo dal capocomico, magari senza un soldo, in una città non sua. Qualcosa del genere ce lo racconta Petrolini, a cui capitò a Firenze, dove per sua fortuna il capocomico gli trovò una scrittura a Sesto Fiorentino, che gli consentì di tirare avanti lavorando. La sua vita lo porta poi in Sud America, tra gli emigrati italiani, quindi nuovamente in giro per l’Italia e l’Europa.
Ma dopo la descrizione degli anni della gavetta, Petrolini inizia a prendersi sul serio e ci descrive la sua “filosofia della comicità”, riuscendo meno divertente e anzi non poco presuntuoso. La fortuna comica di Petrolini da una parte si basò sul non-senso, dall’altra sul riuscire ad interpretare una forma di satira che fosse, per così dire, accettabile al fascismo, periodo in cui raggiunse successo e fama soprattutto tra la borghesia urbana.
Per comprendere come nasca il titolo, ci rifacciamo a una citazione tratta da questa parte conclusiva del libro:
«Sono tanto contento che non mi abbia insegnato nessuno a recitare: perché così, non sapendo recitare, recito benissimo.» (pagina 88 dell’edizione digitale)
Decisamente, una espressione di… modestia, a cui seguono gli ultimi capitoli, in cui Petrolini si celebra e celebra il suo indiscutibile successo, che travalica le scene italiane e acquista ammiratori anche in tutto il mondo, a cominciare da intellettuali come Huxley.
Questo testo della biblioteca di Liber Liber è privo della introduzione di Nicola Fano, in quanto sotto copyright.
Fonte:
Nicola Fano, Introduzione all’edizione di Modestia a parte…, “L’Unità”, 1993. Collana I libri dell’Unità. Italiana, n. 14.
Sinossi a cura di Gabriella Dodero
Dall’incipit del libro:
Da ragazzino – potevo avere undici o dodici anni – se vedevo un funerale, immediatamente mi accodavo. Poi, piano piano, m’intrufolavo fino ad essere vicino ai parenti del morto; assumevo un’aria afflitta e fingevo di commuovermi fino alle lagrime, per farmi compatire dalla gente.
— Povero figlio…
— Quanto mi fa pena…
— Chi sarà?…
— Sarà un nipote…
— No; deve essere il figlio…
— Ma non aveva figli…
— Allora sarà il figlio del portiere di casa sua…
— Non credo. Guardalo come piange…
— Ma chi è? Sarà il figlio di sua sorella…
— Sarà il figlio della serva…
— Tu lo conosci? Ma di chi è figlio?
— Sarà il figlio della colpa…
Tutte queste cose veramente non le dicevano: io, però, m’immaginavo che le dicessero.
Ma perché facevo tutto questo?
Facevo il teatro.
Scarica gratis: Modestia a parte… di Ettore Petrolini.