Nel 1865, con la nascita del primo nipote, a cui si aggiungerà più tardi una femminuccia, Hugo comincia a scrivere queste poesie, che pubblicherà nel 1877 sotto il titolo L’art d’être grand-père. La traduzione che presentiamo è in prosa, e in una prosa del 1909 un po’ datata per un lettore moderno, e non rende giustizia alla bellezza dei versi francesi.

Resta la sostanza: Hugo si presenta senza vergogna come un nonno innamorato dei nipoti e che “passa tutti i limiti”. Un nonno complice che porta alla nipotina – messa in castigo dai genitori a pane secco – una scatola di confetti: la bambina promette di ricambiare se il nonno verrà messo a sua volta in castigo per questo peccato. Tenerissimo è il momento in cui la bambina si addormenta stringendo nella piccola mano il dito del nonno, che è occupato a leggere giornali clericali che lo insultano e lo minacciano.

Il libro è anche un viaggio emotivo, in cui Hugo descrive come la risata dei bambini possa farci versare una lacrima e come il loro sguardo radioso possa dissipare i terrori della vecchiaia. I bambini, secondo Hugo, hanno il potere di riportare la nostra anima ai primi anni, facendo rifiorire in noi tutti i nostri fiori secchi.

Il tribuno terribile che conosciamo non scompare del tutto: a volte riaffiora, come quando si scaglia contro i preti che, parlando dell’immacolata concezione, arrivano a rappresentare i bambini come frutto del peccato e nido di nuovi peccati. Per lui, al contrario, i bambini, con la loro spontaneità, la loro gioia e la purezza dei loro cuori, rappresentano un’ancora di salvezza in un mondo che percepisce come malvagio e corrotto.

Il testo francese, per chi lo volesse leggere in originale, è ampiamente disponibile in Internet Archive (https://archive.org/).

Sinossi a cura di (nonno) Claudio Paganelli

Dall’incipit del libro:

Solitudine! silenzio! oh! il deserto mi attrae. L’anima ivi si calma, severamente contenta; ivi l’uomo si sente l’esploratore di non so quale ombra. Io vado nelle foreste a cercare la vaga oscurità; la selvaggia densità dei rami m’infonde una specie di gioia e di ignoto spavento; ed io vi trovo un oblìo quasi eguale alla tomba. Ma io non mi spengo; si può restar fiaccola nell’ombra, e, sotto il cielo, sotto la cripta sacrata, solo, tremare al vento profondo dell’empireo. Non è scemato nulla nell’uomo per avere gettato lo scandaglio nelle tenebrose profondità del dovere.
Chi vede dall’alto, vede bene; chi vede da lontano, vede giusto. La coscienza sa che le è possibile un’angusta crescenza, e va sui luoghi elevati a sfavillare e ingrandire, lungi dal mondo oblioso. Dunque io vado al deserto, ma senza separarmi dal mondo.
Perchè un sognatore viene, nella foresta profonda o sullo scoscendimento delle coste, a sedersi tranquillo e meditare l’immensità della sera, egli non s’isola perciò dalla terra ove siamo. Non sentite dunque che, avendo visto assai uomini, si ha bisogno di fuggire sotto gli alberi densi, e che tutte le brame di verità, di pace, di equità, di ragione e di luce aumentano in fondo all’anima, dopo tante cose mendaci?

Scarica gratis: L’arte di essere nonno di Victor Hugo.