Mi sono trovato, in questi giorni, approfondendo lo studio di alcuni testi, per la pubblicazione con Liber Liber, di Benedetto Croce e Giovanni Vacca, a riflettere sul senso della logica matematica riguardo al quale si trovarono a dibattere i due intellettuali.
È l’inizio del ventesimo secolo e l’applicazione dei metodi matematici alla soluzione degli interrogativi logici è in pieno sviluppo: il Tractatus logico-philosophicus di Wittgenstein non è ancora stato pubblicato, Bertrand Russel con Whitehead farà presto irruzione pesantemente nel campo della filosofia con i suoi Principia Mathematica e in Europa si vanno diffondendo ideologie che, in un contesto di profonda depressione economica, nell’arco di trent’anni porteranno all’esplosione di due conflitti mondiali; ma il tema della riflessione non è questo, il tema è la contesa tra Benedetto Croce e Giovanni Vacca su un aspetto che il filosofo napoletano considera marginale rispetto alla sua visione del mondo ma ci interroga su una questione, quale?
La dignità della matematica nell’indagine logica e quindi, secondo il Croce, filosofica, intorno al concetto puro per definire un’immagine attendibile della realtà, per definire una verità trascendente assoluta sull’esistenza della quale poter affermare: su di ciò si fonda la realtà materiale degli oggetti con cui interagiamo.
Nella costruzione della logica esposta dal Croce ciò non era ammesso, il suo sistema non prevede in alcun modo contaminazioni dell’indagine filosofica da parte di scienze pratiche estranee alla filosofia tra cui: la matematica.
Tolta questa possibilità, congiuntamente a tutte le altre opzioni che possano condurre la speculazione filosofica verso una qualche forma di utilità pratica e tolta la necessità della fede come opzione salvifica che ci tragga d’impaccio nel dare un fondamento necessario all’esistenza della realtà, la filosofia di Benedetto Croce si rivolge al pensiero di F. Hegel, e all’idealismo per risolvere le contraddizioni logiche che nascono nel tentativo mai risolto di conciliare l’esistenza delle cose reali con il pensiero delle cose ideali ovvero: le loro rappresentazioni logiche e mentali. Una speculazione puramente intellettuale che però finirà con il coinvolgere, con il tramite della politica, masse innumerevoli e affamate e invaderà il corso della storia deformandolo pesantemente.
Giovanni Vacca si attiene ad uno scopo più pratico per i suoi ragionamenti ed è l’interpretazione che ha finito col prevalere dopo la guerra ma ci sono voluti due conflitti mondiali e quarant’anni di regimi totalitari sparsi per il pianeta perché l’idealismo potesse esser confinato nell’ambito ristretto della cultura e non vagare come un seminatore di Zizzania tra i rapporti sociali delle masse. È possibile esprimere un giudizio? Osare dire: Croce ed Hegel sbagliarono?
Ovviamente non si può osare dire tanto ma ciò che non poterono intuire Croce ed Hegel, perché i tempi non erano ancora maturi per poterlo fare e perché sostanzialmente, per stessa ammissione del Croce, si disinteressò allo studio della matematica tanto da fargli dire sulle stesse pagine della rivista Leonardo
Il Vacca vuol far intendere che io di matematica conosco poco; ed in ciò egli ha errato dove forse non immagina: io non ne conosco poco, ma pochissimo; la mia ignoranza della matematica è molto più grande che il Vacca non sospetti.
è che essa, con la sua nascente logica e il resto delle sue definizioni e postulati: non intendeva invadere il campo della filosofia tradizionale ma è essa stessa un sistema filosofico completo e coerente.
Con l’astrazione dai corpi e dal mondo reale e la loro riduzione a concetti come quelli di punto nello spazio o funzione o sistema vettoriale multidimensionale raggiunge lo scopo che Hegel e Croce e gli altri idealisti si erano proposti, la definizione del concetto puro, in un sistema disgiunto certamente dalla realtà ma che è in grado di dare una spiegazione coerente della realtà, perlomeno di tutta la realtà che è riconducibile ai numeri. Esclude dal proprio sistema filosofico tutto ciò di cui non si può occupare come i sentimenti, la coscienza, l’amore e altri accidenti tipicamente umani ma, all’interno del suo sistema, delle sue leggi, tutto è coerente e dimostrabile partendo da pochi elementari postulati che potremmo immaginare come il concetto puro alla cui conoscenza e studio anelava Benedetto Croce. La spiegazione dei fenomeni terrestri e cosmici sono affari della fisica a cui la matematica presta i suoi strumenti per il raggiungimento del suo vile scopo materiale ma potrebbe anche non farlo senza che il suo sistema perfetto venga assolutamente intaccato da alcuna riduzione o aumento di perfezione.
Come la filosofia aristotelica, o tomistica o hegeheliana o qualsiasi altra filosofia la matematica dà la sua spiegazione della realtà, esclusivamente di quella parte della realtà che può spiegare che non è la realtà fisica che viviamo ogni giorno ma è la realtà dei numeri. Tant’è vero che il grande Logico Matematico Ludwig Wittgenstein non potè dir altro che: Ciò di cui non si può parlare si deve tacere.
L’applicazione alla fisica degli strumenti matematici ha poi permesso di studiare a fondo anche la realtà materiale riconducendo i corpi a punti, piani e volumi matematici ma è solo l’applicazione pratica della matematica alla realtà che poteva anche non essere praticata così come il Croce sosteneva facessero le scienze pratiche con gli insegnamenti della filosofia.
Sta di fatto che la storia successiva ha attuato ciò che il Vacca, a differenza di Croce, aveva iniziato a intravvedere: il metodo scientifico, in tutti i campi, nessuno escluso, ha attinto a questa fonte di strumenti per le sue ricerche e la capacità di calcolo delle macchine ha permesso di fare ciò che ai tempi della Logica come scienza del concetto puro ancora non si poteva fare: smettere di preoccuparsi dei calcoli per concentrarsi sull’applicazione delle leggi.
Quando vennero introdotti i logaritmi per semplificare il calcolo di operazioni complesse, ci vollero anni di intenso lavoro per il calcolo delle prime tavole logaritmiche affidabili e il loro uso rimaneva comunque un’attività laboriosa, che ormai abbiamo dimenticato, ma permise comunque di accelerare e rendere più precise le posizioni di navigazione delle navi, ad esempio.
Un filosofo che vive in un mondo così e neppure riconosce validità e interesse per lo studio della matematica non poteva capire che prospettive avrebbe aperto in futuro questa scienza. Ma un matematico, come Giovanni Vacca, collaboratore di altri insigni matematici intuì come avrebbero potuto andare le cose e poi effettivamente andarono e mosse una critica più che fondata al Croce dimostrando di aver ragione.
Ma, conclusasi l’estasi idealista e attuato l’annichilimento della fede religiosa da parte della logica consumistica cosa è rimasto all’uomo?
La logica matematica, unita allo studio dei fenomeni elettrici e delle capacità elettroniche di alcuni elementi non poteva essere applicata ad altro che alle macchine ed è quello che l’umanità ha fatto per arrivare al punto in cui siamo ma abbiamo veramente capito?
Oggi anche questa tecnologia, il senso che questa tecnologia ha impresso alla vita dell’uomo sembra essere arrivato al capolinea, non valgono gli stratagemmi commerciali che vorrebbero farci credere che si può andare oltre, che dobbiamo restare uniti per affrontare le sfide dell’esplorazione spaziale e dell’intelligenza artificiale; l’indagine filosofica della matematica binaria è conclusa, si è infranta contro il muro del beneficio economico, far fare all’intelligenza artificiale i banali ragionamenti che qualunque uomo fa senza sforzi costa semplicemente troppo.
L’umanità ha bisogno di trovare soluzioni per il suo stile di vita, renderlo compatibile con la persistenza di condizioni atmosferiche adatte alla sopravvivenza dell’organismo umano, risolvere problemi sollevati dalle proprie coscienze, uguaglianza sociale, convivenza pacifica, soddisfazione personale, quiete esistenziale. L’IA non può aiutarci in questo e ci fa perdere tempo a occuparci di lei.
Il Croce, a mio modo di vedere, ne uscì sconfitto in questa piccola contesa, in questa amichevole sfida intellettuale ma la sua filosofia, come quella di tutti i filosofi che l’hanno preceduto e lo stanno succedendo, la grandezza della speculazione filosofica non è finita e deve continuare. L’uomo deve per sua natura insistere sulla critica della sua esistenza per potersi perfezionare e migliorare la sua condizione, per migliorare la condizione di tutta l’umanità, nessuno escluso.