Questo poemetto fu scritto da Vincenzo Monti, all’epoca cinquantenne, nel 1805, e dedicato a Napoleone, Imperatore dei Francesi e Re d’Italia, in occasione della sua incoronazione.
Monti fu inizialmente nettamente contrario alla Rivoluzione Francese ed a Napoleone: era infatti negli anni Novanta del Settecento alla corte papale, ed ivi scrisse, nel 1793, la Bassvilliana, poema in terzine, in cui attacca gli illuministi ed esalta la figura di Luigi XVI. Il poema divenne celebre e fu apprezzato nel mondo cattolico e controrivoluzionario; ad esso però seguì un ripensamento politico, probabilmente causato da considerazioni eminentemente pratiche, ovvero, dal desiderio di chiedere protezione a chi è più forte. Già nel 1796 Monti ospitò in casa propria a Roma il generale Marmont, che doveva ratificare i patti di Tolentino col Pontefice; e con Marmont fuggì da Roma nel 1797 per recarsi a Firenze e poi a Milano.
Qui si schierò apertamente tra i sostenitori della figura napoleonica, a cui dedicò il poema Il Prometeo, scrivendo anche liriche antipapali. Con il ritorno degli Austriaci a Milano, Monti fu costretto alla fuga a Parigi; con il ritorno di Napoleone alla testa della Cisalpina, Monti dedicò a Napoleone la canzone Per la liberazione dell’Italia e si accinse al ritorno a Milano, nominato docente di Eloquenza all’Università di Pavia. La nomina ufficiale a Istoriografo del Regno seguì nel 1805 alla incoronazione di Napoleone come Re d’Italia; il poemetto Il beneficio gli fu quindi commissionato dal governo.
In terzine di endecasillabi, Il beneficio narra di una visione in cui una donna, l’Italia, ferita e dileggiata, incontra un “Guerrier… pari ad un Dio”, a cui “vien fedele la Vittoria a lato”. Questi la rincuora, e “in trono la compose”, suscitando così l’attacco di armi invidiose. Il Guerriero però ritorna per liberarla, e nella visione si affaccia un celebre Italiano, Dante, che ricordati i suoi versi “Serva ti dissi e di dolore ostello”, incita l’Italia a donare la sua corona al Guerriero, mentre tedeschi, russi e britannici osservano con rabbia ciò che sta accadendo.
Sinossi a cura di Gabriella Dodero
Dall’incipit del libro:
Una Donna di forme alte e divine
Per lungo duolo attrita, e di squallore
Sparsa l’augusto venerando crine
In vision m’apparve; e sì d’amore,
Sì di pietà mi prese e di rispetto,
Che ancor la veggo, ancor mi balza il core.
Era un sasso al bel fianco duro letto,
La sinistra alla gota; e scisso il manto
Scopria le piaghe dell’onesto petto.
Insultavan superbe al suo gran pianto
Stranie Donne scettrate, e la strignea
Or questa or quella di catene, e vanto
Traean dal lutto, ond’Ella si pascea,
E crescean strazio ed onta alla meschina.
Io le guardava, e d’ira il cor fremea.
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