Gaio Verre (Gaius Licinius Verre), fu governatore della Sicilia, per conto della Repubblica di Roma, dal 73 al 71 a. C., dopo aver ricoperto diverse cariche minori in Gallia Cisalpina ed in Cilicia. In tutti i suoi incarichi, come molti dei magistrati romani dell’epoca, si distinse per la sua ingiustizia e le sue ruberie. A differenza degli altri magistrati, Verre è rimasto famoso perchè ebbe la sfortuna di essere chiamato a giudizio da un suo avversario politico, Marco Tulio Cicerone, che come pubblico accusatore nel suo processo cominciò la propria carriera politica.

La fonte principale che ci rimane delle vicende di Verre e del processo sono le sue orazioni (le Verrine) che solo in parte furono pronunciate durante il processo (che si interruppe per l’esilio volontario di Verre), ma che furono poi pubblicate da Cicerone.

Ciccotti nei primi capitoli di questo lavoro accademico (1895) ricostruisce il contesto storico in cui sono avvenuti i fatti imputati a Verre, sottolineando il potere quasi illimitato dei governanti delle provincie, che consentiva loro, con pochissime eccezione come quelle di Catone e di Gracco, di accumulare enormi fortune, soprattutto dopo la vittoria di Silla nella guerra civile, fazione a cui Verre apparteneva. La Sicilia in particolare, era una delle più ambite per chi voleva arricchirsi.

Prendendo come base le orazioni di Cicerone, ma utilizzando anche altre fonti (Tito Livio, Appiano, le leggi romane: le note al testo superano il migliaio), Ciccotti esamina nel dettaglio le accuse nei confronti di Verre, ed alla fine sottopone a critica la stessa posizione di Cicerone, che come detto, è la fonte principale di conoscenza dei fatti, e per sua natura non può non essere di parte.

Ciccotti affronta questo compito con serietà ed impegno, tanto che alla fine si sente in dovere di giustificarsi:

«Io non ho inteso, nè preteso fare la difesa di Verre. La storia non accusa, nè difende: interpreta e narra; ed io ho voluto precisamente fare uno studio storico, che permettesse di meglio valutare, da un lato le Verrine, considerate come documenti storici, e dall’altro, il vero rapporto di Verre con gli uomini e le condizioni del suo tempo.»

Sinossi a cura di Claudio Paganelli

Dall’incipit del libro:

Quando Aristagora di Mileto si recò a Sparta, per ottenere ch’essa prendesse a sostenere la causa degli Ioni contro i barbari, buon parlatore e facondo, com’era, cercò sopra tutto lusingare gli Spartani, col mettere ad essi sottocchio le smisurate ricchezze dell’Asia, che loro senza molta pena sarebbero venute in mano, e gli avrebbero condotti al punto di contendere di ricchezza con Zeus; essi che per poca terra guerreggiavan con Messeni ed Arcadi ed Argivi. Quali cupide voglie e quali speranze destasse quel lieto miraggio nella folla degli ascoltatori, Erodoto non dice; ma l’impressione dovette ben essere intensa, se Cleomene volle rimandata la risposta a tre giorni. E il terzo giorno venuto, con ispartana brevità, altro Cleomene non domandò fuori di questo: quanta distanza separasse gli Ioni dal re; a che con inganno Aristagora rispose: un cammino di tre mesi.

Scarica gratis: Il processo di Verre di Ettore Ciccotti.