A quasi un secolo dalla sua stesura – Angelica o la notte di maggio è stato scritto, e pubblicato per la prima volta, nel 1927 – si propone a chi legge con una veste linguistica e di struttura narrativa, con una predisposizione innata alla manipolazione letteraria, in sintesi con una modernità che non sorprende solo se si è abituati ad inquadrare l’autore nei suoi aspetti culturalmente innovativi posti sempre in maniera tale da non poter diventare mai “di un’altra epoca”.

Nonostante la scelta della forma “romanzo” non sia per Savinio la più frequente (la troviamo solo in due opere giovanili, oltre a questa in La casa ispirata del 1920) – e certamente la forma del racconto sembra adattarsi meglio alle esigenze narrative dell’autore – non si può affermare, secondo me, che la scarsa capacità di conservare la traiettoria e di seguire un percorso sia un elemento di debolezza. Anche perché Savinio sembra persino irridere la forma narrativa “romanzo” tramite la densa condensazione degli argomenti che rende la narrazione da un lato perentoria a dall’altro inafferrabile. Al contrario Savinio dimostra di saper adattare molto bene le evidenti reminiscenze futuriste e vociane all’architettura del romanzo e, attraverso una costruzione ricca di ellissi e iterazioni e di un lessico adusato, dà un esempio delle sue scelte stilistiche che lo caratterizzeranno anche in opere più mature.

Savinio pretende da chi legge le sue opere un’attenzione e un livello di comprensione non banale: il rumore di fondo che può apparire disturbante, soprattutto per il lettore contemporaneo, e fatto di ironiche frammentazioni, microsequenze di rappresentazioni oniriche, plurilinguismo, iterazioni, induce invece a calarsi nell’irrequietezza del discorso al di là di una forma che solo con superficialità può essere considerata rivestimento di una scarsa sostanza. Sono invece dei veri e luminosi lampi, accostati l’uno all’altro, per i quali sembra, come afferma Silvana Cirillo nel suo fondamentale saggio Alberto Savinio. Le molte facce di un artista di genio, «di trovarsi nel bel mezzo di uno spettacolo teatrale, umoristico, grottesco e smitizzante, come quelli che Jarry inscena nelle sue opere letterarie». È certamente possibile che gli elementi sopraddetti non siano ancora pienamente dominati da Savinio il quale nelle opere successive e più mature darà prova di maestria arrotondando gli eccessi e ammorbidendo le eccessive asperità.

Il parallelo fra questa Angelica e il successivo – vero diamante surrealista di questo autore – La nostra anima non può che venire spontaneo, se non altro perché il riferimento mitologico al classico mito di Amore e Psiche è centrale in entrambe le narrazioni. Ed è evidente che gli elementi che nel primo appaiono ancora confusi e avvolti in una ambiguità che emerge al di là delle intenzioni dell’autore, nel secondo si affinano e giungono a dare un senso al racconto che in Angelica è ancora in embrione e solo abbozzato.

In uno dei suoi viaggi il barone Rothspeer insieme al suo bizzarro segretario incontra l’attrice Angelica, proveniente da famiglia povera con una madre cieca possessivamente ambigua. Quindi già in partenza Savinio pone le premesse perché il mito di Amore e Psiche possa venire manipolato e tuttavia essere riconoscibile; il personaggio di Angelica infatti riproduce e interpreta abbastanza fedelmente il personaggio Psiche del mito. Solo momentaneamente e transitoriamente Rothspeer tradisce il suo “status” e i suoi clichés comportamentali. Pur invaghitosi di Angelica non tradisce mai amore o passionalità ma ha come solo obiettivo l’esclusivo possesso realizzabile anche tramite il legame matrimoniale. L’esito si realizza in una “notte di maggio” nel quale il barone spara alla figura maschile (Eros) che scopre accanto alla sua Angelica provocandone la dissoluzione insieme agli anatemi sul genere umano. Non è dunque Psiche che mette in fuga Eros, ma la convenzione, il conformismo, la frustrazione della gelosia matrimoniale. Dice ancora Silvana Cirillo: «Psiche, come la letteratura d’avanguardia o come il linguaggio inconscio, si fa prendere e accetta il compromesso per convenienza e per poter sopravvivere, ma senza concedersi completamente, senza farsi contaminare».

La manipolazione del mito non giunge tuttavia al ribaltamento come sarà invece in La nostra anima che è opera più matura. Dalla trasgressione irriverente verso le istituzioni sociali, culturali e letterarie, – che è presente oltre in questo Angelica, in Hermaphrodito e Achille innamorato – si passa a una maggiormente consolidata istituzione artistica. Con chiara impronta nietzschiana Savinio ci abitua a valutare che la verità non esiste e che dovremo convivere con la crisi, che è solida e stabile mentre le soluzioni sono solo passeggere. L’istituzione vuole ideologizzare i propri significati per farli passare per verità assolute; chi ha un approccio diverso (e interessi diversi) dovrà invece smitizzarli, storicizzarli fino a renderli periferici e accantonabili.

L’opera di Savinio va vista in quest’ottica, che è quella di una rivisitazione di codici linguistici che vanno riformulati non appena chi domina tenta di appropriarsene. Per questo il messaggio che Savinio propone fin dalle sue prime opere letterarie (e per comprenderle appieno non è possibile disgiungerle e isolarle dalla complessiva maturazione artistica dell’autore anche nel campo della musica e della pittura) è quello della necessità della nostra convivenza con la precarietà della conoscenza e dell’emozione.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

E allora? Sedeva, come al solito, allo scrittoio direttoriale. Brephus, ritto davanti all’alta scrivania, registrava. Nessun indizio che le loro rispettive qualità di capo e di subordinato fossero mutate. E allora? Ricordava distintamente: «Arno, fammi la cortesia…» Ha tono di ordine? «Arno, fammi la cortesia». Fu allora che Brephus gli passò addosso lo sguardo indulgente del cane che sollecita le nostre carezze. Soppesava l’opportunità di ripetere l’invito. Inutile: tra l’insistenza di lui e l’apatia del segretario, s’era stretta un’alleanza inespugnabile. L’erba cresceva a vista d’occhio sulla scrivania. La trepidazione primaverile propagava dentro i muri tessuti vibranti. Rothspeer non è più Rothspeer? Cominciò a dubitare. L’aria impetuosa grandinava sui vetri. A dubitare del suo stesso dubbio. L’inesauribile fecondità del dubbio lo spaventò. Tre ore che l’occhio di Dio navigava il cielo. E se l’ultima verità si fosse annidata nel segretario che scriveva?

Scarica gratis: Angelica, o La notte di maggio di Alberto Savinio.