La caratteristica centrale della narrativa di Wallace, caratteristica che si ritrova in pieno anche nei suoi romanzi e racconti di genere poliziesco, è la vena avventurosa, con una marcata predilezione per le tenebrose macchinazioni di segrete e potentissime confraternite che si prefiggono i più svariati fini, fra i quali anche il ristabilimento della giustizia. L’investigatore di Wallace non è mosso quindi da ragionamenti e deduzioni di tipo logico e scientifico ma la sua azione è temeraria e audace.
Buona parte di queste caratteristiche le ritroviamo in questo The book of All-Power, che non è né un giallo né un poliziesco ma rappresenta molto bene le caratteristiche salienti della scrittura di Wallace.
La trama del romanzo, scritto nel 1921, si dipana in un arco di tempo di circa cinque anni, tra il 1914 e il 1919. La narrazione segue le peripezie di Malcolm Hay, giovane ingegnere londinese che viene assunto da una compagnia petrolifera ucraino-inglese alla vigilia della prima guerra mondiale. Fin dal primo capitolo Malcolm viene introdotto in ambienti di complotto nei quali si trovano in posizione ambigua ebrei e russi, nobiltà e cospiratori. Un anziano e influente ebreo, Israel Kensky, amico dei componenti della nobile famiglia Yaroslav, possiede e ha accuratamente rilegato un libro, che sembra contenere le formule giuste per ridurre in proprio potere qualunque avversario. Si capisce che questo libro risulta essere molto ambito.
Sembrerebbe quindi di essere di fronte a uno dei numerosi “pseudobiblia” o libri che non esistono, inventati dalla letteratura. Una sorta di ponte tra le Stanze di Dzyan di Madame Blavatsky del 1875 e il tenebroso Necronomicon dell’arabo pazzo Abdul Alhazred immaginato dalla visionaria fantasia di Lovecraft. E in effetti tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX vi fu certamente un’insolita fioritura di “pseudobiblia”.
Credo di non essere lontano dalla verità ipotizzando che Wallace abbia voluto prendere più o meno bonariamente in giro questa “moda letteraria” che coinvolse autori come Carlyle – che immagina nella sua autobiografia romanzata di esporre le idee di un presunto filosofo tedesco, Herr Teufelsabröckh –, Poe, molte citazioni erudite del quale hanno carattere di mistificazione, Ambrose Bierce ed il suo immaginario Libro Segreto dello sciamano Hali.
Sicuro è il fatto che la rincorsa a questo Libro della Potenza consente a Wallace di guardare con occhio critico e ironico dapprima alla scipitaggine e alla corruzione dell’ambiente dei Romanoff e poi con altrettanto e ancor più feroce sarcasmo alle brutture dell’appena affermatosi potere sovietico. Il maggiordomo e cospiratore Boolba diviene quindi nella seconda parte un crudele e sanguinario funzionario bolscevico. L’uomo d’azione del romanzo, l’infallibile tiratore americano Cherry Bim, sembra poter essere assoldato dai rivoluzionari e diventa poi nella seconda parte irriducibile spina nel fianco per gli sgherri sovietici. Le audaci prodezze di quest’ultimo sono interpreti delle caratteristiche che Wallace impartiva sistematicamente ai suoi romanzi: avventura e non astuzia o logica investigativa, audacia e abilità nel destreggiarsi tra associazioni segrete e manovre cospiratorie.
Non manca la storia d’amore tra il giovane ingegnere Malcolm e la granduchessa Irene, storia d’amore che per concretizzarsi deve poter azzerare con la rivoluzione le differenze di casta e di censo e garantire poi, tramite le virtù insospettate del Libro della Potenza, un tranquillo avvenire il cui orizzonte si spalanca a sorpresa proprio nell’ultima pagina. Per due volte Israel Kensky impedisce che il misterioso libro cada in mani sbagliate e interviene nelle situazioni più critiche come un vero e inaspettato “deus ex machina”. La seconda e decisiva volta lo fa anche per impedire il consumarsi del bizzarro matrimonio tra Boolba e Irene, provocatoriamente obbligata a vestirsi di rosso per la cerimonia (e dopo essere stata obbligata a diventare una terrorizzata serva dello stesso Boolba) mentre la prima volta aveva invece causato la cecità di Boolba stesso. Alla fine però la “potenza” del libro si rivela molto lontana e ben diversa dal magico e dal soprannaturale.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Se un uomo non ha passione per l’avventura a ventidue anni, mai più egli sentirà la suggestiva seduzione dell’elemento romanzesco nella vita.
Il signor Tremayne, presidente dell’Ukraine Oil Company, guardava piuttosto divertito il giovinotto seduto sull’orlo della poltrona posta accanto alla scrivania, osservando che agli occhi di lui, ad ogni nuova difficoltà prospettatagli, si accendevano sempre più; e si diceva che lo spirito entusiastico era una delle qualità più desiderabili nell’uomo che avrebbe dovuto occupare il posto che stava per essere affidato a quel Malcolm Hay e affrontare le difficoltà sulle quali questi sembrava riflettere senza per ciò apparire scoraggiato.
— La Russia è uno strano paese, – diceva il signor Tremayne; – una delle regioni misteriose del mondo. Si odono raccontare da coloro che ritornano dalla Cina storie sorprendenti delle peculiarità dei Cinesi; ma le mie personali osservazioni mi mettono in grado di dirvi che il cinese è un libro aperto e scritto in chiari caratteri a paragone della media dei contadini russi. A proposito, voi parlate il russo, mi pare, nevvero?
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