Due sono gli scenari del romanzo, con il treno a collegarli e nel contempo a marcarne la distanza, non solo geografica. Il primo è quello dei piccoli borghi immersi nella natura, le montagne dell’Eifel o la pianura di Althöfchen, colto dalla narratrice con realismo ma anche con lo sguardo nostalgico (che è anche il suo) di Lena, la protagonista, alla quale perfino la povera contadina che cammina nel fango con il figlioletto appare “serena” («Avrebbe voluto chiederle come poteva essere così serena, domandarle un po’ della sua forza, del suo coraggio») e la semplice abitazione di zio Ermanno un’oasi di pace:

«Unì le mani sul petto e si guardò intorno; la lampada accesa aveva un paralume verde e la luce quieta contribuiva a dare all’ambiente una calma suggestiva scandita dal pendolo dell’orologio; nell’angolo più riparato era appesa la gabbia del canarino che cantava così dolcemente come se cullasse il sonno di un bambino. La giovane donna pensò con desiderio nostalgico che doveva esser felice chi viveva là dentro. Ah!»

La vicenda è inizialmente ambientata in un paesino dell’Eifel, terra natale di Clara Viebig e sfondo di molte sue opere, un paesaggio umano e naturale che trasmette a chi lo contempla, perfino ad una bambina come Lora, un profondo senso di pace.

«Lora sedeva sulla porta di casa. Non avrebbe dovuto farlo. Ma le piaceva tanto, la strada era ampia e si allargava subito in una piazza; si poteva vedere tutto il cielo oltre il filare di alberi, e da una parte la Mosella, e i monti; e si udiva così bene il suono delle campane delle vecchie chiese che si dilatava festoso fin sulle alture.»

Si contrappone al sereno Eifel l’ambiente borghese di Berlino, meta della fuga di Lena da una convivenza con la cognata divenuta ormai intollerabile. Proprio sul treno che la porta a Berlino, una Lena in lacrime, reduce da un’infelice relazione amorosa, incontra Riccardo, l’uomo che le cambierà la vita:

«Egli la trovò graziosa; molto più di quanto non gli fosse sembrata a prima vista, con la fronte circondata da ciocche di ricci bruni e la bocca un po’ grande col labbro superiore un po’ corto: una bocca che era divertente stare a guardar chiacchierare, e che ancora più dolce doveva esser baciare.»

Lena, dapprima infastidita dall’intrusione dello sconosciuto nel suo scompartimento, a poco a poco muta radicalmente atteggiamento e stato d’animo:

«La testa non le doleva più; non si sentiva neppur più tanto infelice. Continuò a chiacchierare col suo compagno di viaggio; lo trovava simpatico, bel giovane, corretto; vi era qualche volta della noncuranza nel suo modo di parlare subito corretta dallo splendore dello sguardo. Doveva essere un artista certamente.»

Conversando, passano dai convenevoli ad una sempre maggiore confidenza, per scoprire di essere accomunati da aspirazioni artistiche (lui come pittore o scrittore, lei come cantante) e da un velleitarismo che li porta ad oscillare costantemente fra un’esaltata fede nelle proprie potenzialità e la tormentosa consapevolezza di non riuscire a raggiungere la sospirata fama. Lena lo aveva già confessato al fratello, ottenendo una risposta improntata sulla concretezza borghese, l’incitamento ad essere più razionale ed a pianificare il proprio percorso verso il successo.

Ben diversa è l’entusiastica reazione di Riccardo alle confidenze di Lena:

«Chi può impedirci di arrivare alle stelle? Hurrà! – Egli balzò in piedi, e le frutta rimaste rotolarono sul tappeto polveroso dello scompartimento.»

Amore a prima vista, dunque, anche se dovrà trascorrere qualche mese prima che i due, separatisi all’arrivo a Berlino, casualmente si ritrovino ad una festa. Ma come potranno Lena e Riccardo, privi di mezzi, tenere in vita i propri sogni («l’amore e l’arte: una doppia beatitudine») in un mondo borghese legato ai beni materiali, alle apparenze, agli obblighi della “posizione sociale”, ai “risultati pratici”? Come nel 1944 avrebbe scritto Jean Paul Sartre nel suo dramma A porte chiuse, “l’inferno sono gli altri”, in questo caso i parenti che prima cercano in tutti i modi di ostacolare il matrimonio, poi, ad eccezione della madre, abbandonano o incessantemente tormentano con le loro critiche la sventurata Lena.

Emblematica la strofa di una canzone di Schumann, fil rouge del romanzo, che Riccardo sempre più spesso chiede a Lena di cantargli:

«Se son ferito a morte gli uomini mi colpîr, dalla natura avrei salvezza; da essi no.»

La narratrice, in questo suo secondo romanzo, concentra la propria attenzione sui due protagonisti, lasciando sullo sfondo gli altri personaggi che, presenti nelle vicende solo in relazione ad essi, risultano piuttosto stereotipati, come evidenziano anche i ripetuti riferimenti ai pochi elementi fisici che li caratterizzano: “l’altera bellezza” della “prosperosa” cognata di Lena, la “robusta persona” del cognato di Riccardo, il “robusto e tarchiato” zio Ermanno che non parla ma “tuona”, e soprattutto i capelli, “grappoli di ricci grigi” di zia Annina, i “ricci d’oro” della piccola Lora e perfino “i ricci bruni” di Lena.

La traduzione del romanzo è di Ada Sestan, (Pisino, 1875, Trieste 1946), prima istitutrice a Pisino, poi, trasferitasi a Trieste, giornalista, poetessa e traduttrice dal tedesco, per Treves e Cappelli, di romanzi e drammi come Il povero Enrico di Hauptmann. Ada Sestan, nell’introduzione al romanzo, pur affermando che la stessa Viebig lo riteneva un’opera ancora immatura, esprime il suo apprezzamento affermando:

«Ma «Dilettanti della vita» è di così fresca impressione, che ha sempre un che di nuovo tra gli altri; ed i protagonisti sono due creature che non sanno vivere e riescono simpatiche in questo loro tragico dissidio con l’esistenza, tanto esso è bene analizzato e reso in ogni sfumatura con un’evidenza raggiunta con tocchi lievi.»

Sinossi a cura di Mariella Laurenti

Dall’incipit del libro:

— Io non voglio essere un’ospite di riguardo qui: chiedimi di fare qualcosa – disse Lena lentamente – mi farebbe piacere.
Essa alzò la faccia guardando pensosa il fratello; poi gli sfiorò la fronte con la mano. – Quante rughe sulla tua fronte, Federico! Hai dei crucci? Per causa mia? Non sei felice?
— Felice? – Egli rise, ma con una punta di amarezza. – Ma sì. Io posseggo tutto ciò che si può desiderare. Spesso, è vero, sono in pensiero per te. Che faresti se ti mancasse la nostra buona mamma? Non ti so immaginare sola nel mondo, senza una casa, tra persone estranee. Non dir più che non vuoi saperne di maritarti. È una pazzia. Una delusione può rendere più cauti in avvenire, senza spingere ad un’ostinata rinunzia.

Scarica gratis: Dilettanti della vita di Clara Viebig.