In questo volume sono raccolte le corrispondenze che Barzini mandò al “Corriere della Sera” nel maggio e giugno del 1921.

Il tema è quello della situazione in Alto Adige.

Dopo la prima guerra mondiale, la conferenza di pace assegnò all’Italia non solo il Trentino, popolato in gran parte da italiani “irredenti”, ma anche l’Alto Adige, in grandissima parte di lingua e cultura tedesca, e fedelissimo da sempre della monarchia asburgica.

Lo scopo era naturalmente quello di garantire all’Italia un confine geografico-militare (Il Brennero) facilmente difendibile, ma la conseguenza fu di riprodurre in Italia, al contrario, il problema che l’Austria aveva prima della guerra con l’irredentismo italiano del Trentino.

La tesi di Barzini, ripetuta costantemente per tutto il volume, è che il governo italiano (l’ultimo governo di Giolitti) stava commettendo gravi errori nella gestione della regione, lasciando la possibilità alle organizzazioni locali (Deutscher Verband) di riprodurre, con le stesse persone e con le stesse leggi di prima della guerra, la politica di oppressione nei confronti della minoranza di lingua italiana, e boicottando l’introduzione di personale burocratico italiano, per esempio negando la possibilità di trovare case in affitto.

Barzini esamina con questo scopo diversi ambiti: la scuola, il censimento, affidato senza controllo a personale tedesco che avrebbe falsificato i dati, come avveniva nell’Impero asburgico, il boicottaggio dei sindaci tedeschi verso le imprese che gli italiani cercavano di introdurre nella regione, ecc.

Naturalmente Barzini propone un cambio di rotta e la fine della benevolenza del governo centrale verso le organizzazioni pangermaniste della regione.

L’appendice finale riproduce una relazione del novembre 1921 di Avancinio Avancini alla società “Dante Alighieri”, che tratta gli stessi argomenti di Barzini. Concorde nella diagnosi, Avancini appare più moderato e prudente nelle soluzioni proposte, preoccupato com’è di evitare reazioni troppo accese da parte della popolazione tedesca.

Poco tempo dopo il governo fascista seguirà una politica ben più estremista di quella suggerita da Avancini, portando ad una forzata italianizzazione della regione, marginalizzando il gruppo tedesco e privandolo dei suoi diritti linguistici e culturali, fino ad arrivare a politiche demografiche che avevano come scopo la sostituzione etnica della popolazione tedesca con popolazione italiana: nel 1939 un accordo tra lo stato italiano e quello nazista prevedeva per i tedescofoni dell’Alto Adige la scelta forzata tra l’emigrazione e l’assimilazione.

Nel secondo dopoguerra l’accordo De Gasperi-Gruber definì a livello diplomatico tra Italia ed Austria la condizione dell’Alto Adige e l’autonomia regionale, Nonostante questo la tensione rimase alta e negli anni ’50 si sviluppò un’attività terroristica degli irredentisti sudtirolesi.

Sinossi a cura di Claudio Paganelli

Dall’incipit del libro:

Un po’ di storia. Abbiamo occupato l’Alto Adige nel novembre del 1918 e vi abbiamo stabilito un governo militare. Fu un governo sentinella. Ebbe l’ordine di non urtar niente, di muoversi in punta di piedi per lasciar dormire l’Alto Adige, così come l’avevamo trovato, fino al momento in cui si sarebbe presa qualche decisione. Il Ministero non aveva un programma. Imbarazzato fra le necessità nazionali, l’incubo del Consiglio Supremo, la propria ignoranza e il feticismo per una libertà demagogica, esso sceglieva il minimo comun denominatore di tutte queste influenze. Oscillava così fra una vaga volontà di energia e il desiderio che questa energia non trapelasse, come Tartarin che chiamava il leone ma a bassa voce per non esserne udito. Raccomandava concisamente «tatto e moderazione». Non sapeva quel che si dovesse fare, ma prescriveva che fosse fatto «a gradi». Dimenticava quella grande ed eterna regola fondamentale che nei momenti di crisi prescrive di fare le cose spiacevoli ma necessarie tutte in una volta e di far poi un po’ alla volta quelle bene accette, per la stessa ragione per cui s’ingoja d’un colpo la medicina amara e si centellina lentamente il buon liquore. La politica saggia è quella che si adatta alla natura degli uomini. Ma bisogna sapere qual’è la medicina e qual’è il liquore. Il Governo non pensò nemmeno d’informarsi in modo conclusivo, non ordinò studi ed inchieste a tecnici provetti: era già abituato ad affrontare i più formidabili problemi del mondo senza conoscerli.

Scarica gratis: Una porta d’Italia col Tedesco per portiere di Luigi Barzini.