«Raccolgo oggi in un unico volume tutti i versi che mi son fioriti nell’anima durante venti anni di vita e di lavoro; vita intensamente vissuta, lavoro cocciuto. […] Ho, durante vent’anni, cercato faticosamente me stesso: credo d’essermi trovato.»

Nella prefazione, Mariani presenta Le girandole del sentimento come un’opera definitiva, specchio della sua evoluzione di uomo e di artista, concepita nel momento in cui, dopo vent’anni, sente venir meno in sè l’ispirazione poetica, perché

«Il mio tempo mi fa schifo e quando lo schifo sale alla gola non s’ha più voce per cantare. […] La poesia è amore e s’io scrivessi adesso versi dovrei scriverli d’odio; i miei odî preferisco sfogarli in prosa.»

Nella rievocazione di un percorso di vita e di scrittura che considera ormai concluso, recisamente prende le distanze da alcune sue composizioni giovanili («Oggi i versi della mia prima maniera e della mia gioventù – dal punto di vista: forma – mi dànno il voltastomaco»), calchi, come molta poesia dell’epoca, di quelle di D’Annunzio. Ne è un esempio Canti carnascialeschi, che riprende molto da vicino, per situazioni, temi, ambienti e lessico, la dannunziana Consolazione, non a caso definita da Mariani “il nocciolo” della produzione del Vate.

Il tempo ha ingiallito l’avorio
dei tasti rimasti:
è come un antico ciborio
d’antichi, fuggevoli inganni
. (Da Canti carnascialeschi)

Egli afferma di aver maturato una propria poetica prendendo le distanze sia dai parnassiani che «rinnovavan la lingua a forza d’arcaismi resuscitati e badavano alla musicalità del periodo o del verso», che dai decadenti che «rinnovavan l’imagine e l’ortografia e cercando stramberie volute, stintignate, si credevan rivoluzionarî»; ha voluto seguire «la vecchia strada maestra dell’arte» che «ha sempre imposto all’artista di esprimere se stesso nel modo più immediato e più chiaro con la lingua parlata del suo tempo, cioè con la lingua di mamma.». In Autoritratto, dedicata a Leonida Repaci, come già Palazzeschi in Chi sono? s’interroga sulla propria identità di poeta, ma ben diversamente da lui, «il saltimbanco dell’anima mia», così si definisce:

Che cosa sono? Un maglio ed un piccone
che catapultan sovra ogni impostura,
son la giustizia della ribellione,
sono il Marat della letteratura.
(Da Autoritratto)

Se il Mariani romanziere parla di sè attraverso i suoi personaggi, il poeta lo fa in prima persona, trasmettendoci una visione sconsolata della vita che in alcune liriche richiama le Canzoni leopardiane; l’ha maturata precocemente, come testimonia No, scritta a sedici anni come risposta alla richiesta della donna amata di generare con lei un figlio:

Tu col tuo cuore leggero
desideri un figlio? lo chiedi?
… e l’ameresti forse?
Ma tu non pensi? non vedi?
Se per un’ora gioita
il mio mal seme generasse un fiore,
non basterebbe la morte
a punirmi d’aver creata una vita.
… e per serbarlo puro
dal male e dal dolore,
la mano ferma ed il cuore sicuro
lo strozzerei…
(Da No)

Mariani, nella prefazione, definisce questa lirica una testimonianza “rivoluzionaria” della propria coerenza ideologica e Gerolamo Lazzeri, nel suo saggio del 1919 presente nella libreria Manuzio, Mario Mariani, concorda con lui:

«Da questa lirica sgorga limpida e pura un’affermazione, sia pure catastrofica, della vita; in questi versi è implicitamente adombrata una concezione politica e sociale; ma il Mariani non ha pensato a teorizzare, a moraleggiare: si è abbandonato spontaneamente all’ispirazione, raggiungendo efficacia artistica e, inconsciamente, anche efficacia sociale.»
[https://www.liberliber.eu/mediateca/libri/l/lazzeri/mario_mariani/pdf/lazzeri_mario_mariani.pdf]

Unica consolatrice, in una vita votata alla sofferenza, la donna:

Ma saremo men tristi soltanto
nell’ora di scianto,
nell’ora
che avrem sulla bocca il profumo,
il tepore
della vostra bocca, della vostra mano:
tutte le altre ore
le avrem vissute invano.
Che voi siate benedette!
Non abbiamo che voi nel mondo.
[…]
Benedette per i sorrisi
dei denti di gelsomino;
sorrisi di bontà,
di voglia,
di crudeltà,
che consolano,
che innamorano,
che danno le vertigini.
(Da Preghiera per tutte le madonne)

In questi ultimi versi si colgono le molteplici sfaccettature delle figure femminili che, nella parte centrale della raccolta, sono le protagoniste delle liriche, a partire da quelle immortalate dall’arte, il monumento sepolcrale di una fanciulla o le Maddalene di Tiziano, Andrea del Sarto e Bellini. Irrompono poi nella raccolta le donne di Mariani, donne amate e mai avute, corteggiate e poi abbandonate, rimpiante e nostalgicamente rievocate, appassionatamente possedute e a distanza di tempo ricordate con affetto solo fraterno, in quella “girandola di sentimenti” che dà il titolo alla raccolta. La mancanza di legami solidi e duraturi è ricondotta da Mariani alla sua iniziazione sessuale, drammaticamente vissuta quando lui aveva 12 anni e la donna 36.

Tutte le notti.
E non son morto.
E avevo paura di lei: tanta paura.
Ma non sapevo fuggire. Mi si piegavano le ginocchia.
Poveri i miei dodici anni!
E lei?
Tre volte i miei anni.
La mamma atroce della voluttà.
Poteva schiantarmi e non mi schiantò.
Mi cacciò il suo marchio sulla fronte.
Ve lo tenne fermo.
I meriggi, lunghi, le notti eterne.
E l’ho qui ancora, tra i sopraccigli.
E mi brucia
. (Da Singhiozzo di una notte d’estate)

È questo il tragico “marchio” che ha segnato per sempre il suo rapporto con le donne: non mancano nell’opera amori felici, passioni appaganti, rivissuti però quasi sempre nel ricordo, nella dimensione idealizzata di un sogno primaverile.

Rinascita!… pace!… tutto era
per noi, ti sovvien, primavera.
E noi cogliemmo i glauchi ed i vermigli
fiori… Ricordi?… Era di primavera,
tu avevi sotto l’arco ampio de’ cigli
lampi e profumi ne la chioma nera.
…..
Oggi io penso e tu anche a le lontane
ore gioite e poichè tutto muore
noi salutiamo l’ultime morgane
di giovinezza: l’ultimo bagliore.
E procediamo stanchi a l’avvenire
col cuore stretto e inumiditi i cigli,
e più non coglieremo in questo aire
i fiori glauchi ed i fiori vermigli
. (Da I fiori)

Ma la sofferenza esistenziale e gli amori non occupano l’intera raccolta: nella prima parte, infatti, molte liriche trattano quei temi sociali che sono al centro dei romanzi di Mariani. I lavoratori dei campi, dalla letteratura “alta” spesso arcadicamente idealizzati o, all’opposto, guardati con disprezzo, vengono qui realisticamente ritratti nella loro condizione di sfruttamento, miseria, malattia, contrapposta al lusso sfrenato dei borghesi. Non diversa la vita degli operai, uomini e donne. Efficace emblema di questa società ingiusta, la figura del minatore:

L’uomo che trasse fuori al bacio biondo
del sole, dagli eterni lor riposi
le gemme belle ed i metai preziosi
pel lusso atroce d’un lontano mondo
. (Da Il minatore)

Una situazione drammatica, ma non immutabile per Mariani, che nella stessa lirica legge come una metafora della vita contemporanea il percorso del minatore, smarritosi nei bui meandri della miniera, che intravede in lontananza un lume

Oggi è la terra un labirinto strano
e noi vi brancoliamo entro a l’oscuro
per meandri, su fetida belletta,
pure ci appare a volte di lontano
segnandoci la mèta un lume puro:
un faro acceso su un’eccelsa vetta
. (Da Il minatore)

E questo, “lume puro”, che domina da “un’eccelsa vetta”, è la rivoluzione degli oppressi: non a caso, Mariani colloca la lirica I ribelli subito dopo Il minatore.

Niuno sa d’onde vennero nè quando,
pure essi portan la vittoria in fronte.
Son tutti e salgon, salgon turbinando:
è un mare d’odio che conquista un monte.
Hanno per lor la forza e la ragione,
secoli di servaggio e di dolore,
la vendetta e la fame hanno per sprone,
speraron questo giorno in mille aurore.
I primi due si strinsero la mano,
poi venne il terzo… e gli altri. Or son uniti,
ora son tutti e guardano lontano,
l’occhio a novi orizzonti, a novi liti:
è un mare d’odio, un mar che avanza piano
ma sempre, verso limiti infiniti
. (Da I ribelli)

E proprio in questa prospettiva Mariani aveva aderito entusiasticamente al movimento interventista, nella convinzione che la I guerra mondiale potesse distruggere la società borghese e portare all’auspicata rivoluzione. Lo dichiara lui stesso nella prefazione, e in Meditazione del primo Natale di pace scrive:

Noi dobbiamo sentire che in quattro anni si è conclusa un’èra
della Storia del Mondo.
Si è combattuta una guerra
di Nazioni, di Razze, di Continenti
quale i Popoli non combatterono mai,
si è liberata la Coscienza Universale da un incubo
e dischiuso un nuovo orizzonte
al Lavoro fraterno di tutte le Genti
. (Da Meditazione del primo Natale di pace)

In coerenza con le proprie dichiarazioni di poetica, Mariani si riallaccia alla tradizione, prediligendo, proprio mentre Ungaretti con Il porto sepolto scardinava il verso rivoluzionando la forma poetica, forme metriche chiuse, come i sonetti o, nelle liriche in cui prevale la dimensione narrativa, terzine e quartine. Nemmeno nelle ultime poesie, dove le forme metriche diventano più libere, rinuncia alle rime, che talora diventano un’ossessione:

Che baci, che trilli, che corse, che strilli
godendo tranquilli fra i mille zampilli
dei crisoberilli!
(Da Congedo a Jenny)

I modelli identificabili nelle poesie di Mariani, oltre ai già citati Leopardi e D’Annunzio, Pascoli, in particolare per le ellissi narrative segnate dai punti di sospensione, come ad esempio, in Congedo a Jenny «Fu molta la gioia…» e Corazzini per la tendenza all’autocommiserazione che traspare in alcuni testi:

La tesso solo per gli altri
la ragnatela del sogno.
Per me resta solo il bisogno
di piangere un poco con te
. (Da L’isola verde sul mare)

Sorprendente l’eco dell’Ungaretti de Il porto sepolto in Litanie del tramonto, dove Mariani adotta i versicoli, pur senza rinunciare alle immancabili rime:

Abbiamo sofferto tanto,
ma nessuna
sofferenza è come
quest’una
senza nome:
dover sbattere la porta,
chiudere in un sepolcro
la giovinezza morta,
crocifiggere in vita
la nostra bellezza sfiorita
. (Da Litanie del tramonto)

Il linguaggio, nonostante il dichiarato intento di usare “la lingua di mamma” spazia in realtà fra il registro alto di in pulvinari soffici ho posato/lo speco del pensiero che tormenta (A la notte) o carme esegetico del male (Anzio) al basso di “strafotte” (Anche la Gloria!…). Nel descrivere la natura o il lavoro dei campi, come nei pascoliani Canti di Castelvecchio, viene usato un linguaggio tecnico settoriale, post-grammaticale, quello che Mariani aveva appreso nella sua fanciullezza a Solarolo:

Discorrevan dei solchi, del metato,
dei vitelli sopranni, delle viti
giovani da colcare in un scassato
e dei lavori non ancor finiti
. (Da L’ombrello verde)

L’andamento delle liriche è generalmente prosastico, con qualche inversione sintattica e frequenti enjambement; colpiscono il lettore, in questa tessitura tradizionale, le numerose enumerazioni per asindeto senza punteggiatura come dolcezza profumo tepore piacere/amore dolore malinconia nostalgia. (Preghiera per tutte le Madonne.)

Sorprendentemente Mariani, dopo aver dichiarato nella prefazione di ritenere esaurita la propria vena poetica, inserisce nella raccolta, fra le ultime liriche, la recente Nel mio trentacinquesimo compleanno, in cui si proietta verso il futuro e così si vede, eterno zingaro votato a cantare, anche in versi, il riscatto dell’umanità:

Libertà, vecchia Iddia pur sempre giovane,
bacialo in fronte questo vagabondo,
questo zingaro, l’ultimo tuo figlio.
A nuove fedi ei nuovi inni sciorrà,
darà alle genti un’altra marsigliese
e nei suoi versi udremo il ritmo battere
per la gran marcia dell’umanità
. (Da Nel mio trentacinquesimo compleanno)

Sinossi a cura di Mariella Laurenti

A l’arte, la prima lirica della raccolta:

Io struggo il tempo e al tempo mi consumo
indifferente poichè tu mi traggi
teco: il mio sogno è di tua lampa il fumo,
pulviscolo lucente pe’ tuoi raggi.

De le cose e degli uomini gli oltraggi
sdegno, punture d’innocente dumo,
se tu d’un sol baleno m’incoraggi,
s’io navigo la scìa del tuo profumo.

T’ho nel fondo de l’anima un ciborio
scolpito ed il mio corpo è un conopeo
geloso che lo fura a indegni sguardi.

O immacolata e pia torre d’avorio,
io t’invoco nel verso iconopeo
durabile la fiamma ond’oggi m’ardi.

Scarica gratis: Le girandole del sentimento di Mario Mariani.