L’Adolescente (Podrostok) fu pubblicato nel 1875 su “Otečestvennye Zapiski” e l’anno successivo in volume a Pietroburgo. Il romanzo era stato scritto tra il 1874 e il 1875 ma l’idea che ne è alla base è precedente e risale al ciclo incompiuto Vita di un grande peccatore (Žitie Velilogo grešnika) che è del 1869 nel quale troviamo anche materiale che Dostoevskij utilizzò per gli ultimi suoi tre romanzi, oltre a L’Adolescente, I Demoni e I fratelli Karamazov.
Dopo la pubblicazione di I Demoni Dostoevskij si era avvicinato all’estrema destra assumendo persino la direzione della rivista monarchica “Graždanin” (il Cittadino). Tuttavia non si era allontanato del tutto dall’ambiente degli scrittori democratici e per questo non esitò ad accettare la proposta del poeta Nekrasov di scrivere un romanzo per la sua rivista, appunto “Otečestvennye Zapiski”.
L’opera vuole sviluppare la tesi della corruzione morale della società borghese, avida e iniqua, e dei deleteri risultati ai quali conduce attraverso la sete di denaro e potere; e per placare tale sete non conosce esitazione nell’accomunarsi con avventurieri senza scrupoli.
È l’unico romanzo di Dostoevskij nel quale l’autore ricorre alla narrazione in prima persona del protagonista e ne scaturisce una sorta di confessione autobiografica da parte del ventenne Arkadij Dolgorukij, figlio illegittimo del proprietario terriero Versilov e di una sua ex serva, Sof’ja Andreevna che ha scelto di abbandonare il marito per seguire l’amante. L’infanzia di Arkadij è irta di difficoltà e disagio morale; affidata la sua educazione a un aristocratico collegio, in questo ambiente soffre il disprezzo e l’emarginazione da parte dei suoi compagni in conseguenza della sua condizione di figlio illegittimo. Qui inizia a sognare la propria rivincita nei confronti della società a lui ostile perseguendo l’obiettivo della ricchezza – vuole diventare un Rothschild –, scorgendo nel potere economico lo strumento per raggiungere il prestigio desiderato. Ma le contraddizioni del suo carattere, la sua impulsività e l’indole di “sognatore” lo portano a dilapidare rapidamente i sudati risparmi ottenuti attraverso rinunce e sacrifici e accantonati attingendo al piccolo stipendio che gli passa la famiglia. Ma in questa fase prende corpo il complesso sentimento che lo avvicina al padre Versilov e che oscilla tra l’ammirazione incondizionata e una acerrima rivalità. Proprio questo legame con quello che si configura come il proprio “doppio” lo condurrà attraverso avventure e intrighi che costituiscono, nel loro insieme e nel loro susseguirsi incalzante e caotico, sia l’aspetto più affascinante e avvincente del romanzo che i suoi momenti di debolezza narrativa.
Nella fase iniziale del romanzo questo ingarbugliamento è tale da poter disorientare chi legge. Ma non si tarda a scoprire che è proprio su queste disordinate contorsioni, che conducono ad un affannoso intrecciarsi di esperienze e itinerari personali, che si consolida il fascino del romanzo. Attraverso queste peripezie Arkadij completerà la propria formazione. Innamorato della stessa donna, Katerina Achmakova, che ama suo padre, si trova in possesso di una lettera compromettente per i due e che sta alla base di ricatti, segreti e passioni inconfessabili e per tutto questo il movente cardine è sempre il denaro. La lettera misteriosa – espediente narrativo non certo particolarmente originale – costituisce il mezzo per rendere coerenti e collegare tra loro i differenti nuclei tematici del romanzo. Tutto, dai comportamenti dei personaggi principali agli episodi apparentemente del tutto marginali, ruota attorno a questa lettera. Tumultuosa e ribollente la trama trova il modo di districare il labirintico meandro usufruendo appunto di questa lettera come di un ideale “filo d’Arianna” per orientarsi nella lettura. Insieme però a una rigida cornice temporale che delimita il racconto: ognuna delle tre parti si svolge nel trascorrere di tre giorni.
L’entrata in scena dei vari personaggi – da Katerina, ad Anna, figlia legittima di Versilov, al malvagio Lambert – è sempre funzionale al rapporto di “sosia” tra Arkadij e Versilov fino allo scioglimento finale di questa ambiguità.
Fin dall’inizio del romanzo si viene coinvolti in un tipo di narrazione completamente atipico: all’ambiente tradizionale che viene presentato, ad esempio, da Tolstoj, Dostoevskij sembra voler contrapporre le vicende di una famiglia decisamente anomala, dove alla dignità astratta si oppone la sconnessione e la caoticità. E lo scrittore dà una prova magistrale riuscendo a far filtrare gli avvenimenti del romanzo attraverso la fantasia indagatrice e sospettosa, benché resa incerta dalla timidezza, del protagonista narrante. Attraverso questa fantasia anche l’evenienza più semplice assume connotati di ambiguità, equivoco e doppiezza. Su ogni cosa prevale tuttavia il tema del predominio acquisito tramite la forza del denaro; questo assillo non è solo di Arkadij, ma anche degli altri personaggi, tra tutti il furfante Lambert e la sorellastra Anna che cerca in un matrimonio con un anziano e nobile possidente la strada per la ricchezza; ma anche la figlia del possidente stesso, Katerina Achmakova, che questo matrimonio ostacola timorosa di veder svanire l’eredità del padre. Ma nella misura in cui l’obiettivo della ricchezza muove ogni altro personaggio, si smorza invece in Arkadij che, attraverso la contrapposizione spirituale con il padre e le nuove esperienze di vita, perde progressivamente di vista l’obiettivo fanaticamente perseguito inizialmente.
In questo quadro si giunge alla scena che appare centrale nel romanzo del dialogo tra Versilov e Katerina Achmakova che fa da preludio all’incalzante ritmo del finale che ricorda molto da vicino lo stile del romanzo poliziesco. Da sottolineare che alcuni temi tipici del romanzo dostoevskijano rifulgono anche in questo; in particolare si può ricordare il suicidio del personaggio minore Kraft che ricorda il Kirillov de I Demoni; Dostoevskij si ispira a un episodio che evidentemente lo aveva profondamente colpito, cioè al suicidio dello studente Kramer che si uccise perché la Russia non avrebbe avuto una funzione da protagonista negli sviluppi della storia dell’umanità.
Il finale garantisce una pacata ricomposizione di prospettive di pacificazione spirituale e di catartica purificazione. Con questa ricomposizione finale l’autore consente a chi legge di evitare di essere risucchiato definitivamente dal vortice quasi caotico di immagini e interazioni tra personaggi che – pur non essendo certamente nuovo per Dostoevskij – raggiunge tuttavia in questo romanzo la sua compiutezza risultando particolarmente sconvolgente e angoscioso.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
POTEVO farne di meno, ma non ho saputo resistere alla voglia di mettere in carta questa storia dei miei primi passi nella vita…. Una cosa so di certo; ed è che mai piú tenterò di scrivere la mia autobiografia, avessi anche a campare fino a cento anni. Bisogna essere troppo bassamente innamorato del signor me, per non arrossire scrivendo di se stesso. Una sola scusa mi valga, cioè che io non scrivo, come tutti gli altri fanno, per propiziarmi il lettore. Se mi è saltato in testa di registrare parola per parola tutto quanto mi è occorso da un anno in qua, vi sono stato spinto da un impulso interiore: a tal segno ero e son colpito dagli avvenimenti. Solo questi registrerò, tenendomi lontano con tutte le forze da ciò che è secondario ed estraneo, e specialmente da ogni ornamento letterario. Un letterato scrive trent’anni di fila, e non sa, alla fine, perché abbia scritto per tanti anni.
Scarica gratis: L’adolescente di Fëdor Mihajlovič Dostoevskij.