Questo romanzo è la naturale prosecuzione di Diciotto milioni di stelle, con gli stessi protagonisti e lo svolgimento della labile trama che era stata abbozzata nel primo romanzo. “L’isola dei fiori” è il cimitero di Venezia in cui è sepolta la moglie del protagonista. Al di là degli avvenimenti, quasi tutti tragici (la moglie, che lo aveva tradito durante la guerra, muore lasciandogli il figlio non suo; l’amante, che lo aveva abbandonato, muore a sua volta dopo averlo ritrovato; una giovinetta si innamora di lui, ma egli rifiuta il suo amore; infine anche il figlio muore), il tema principale è il percorso interiore del protagonista, che lo porta alla scoperta di Dio.

È curioso che il frate che per primo lo indirizza alla conversione – il suo vecchio cappellano militare – venga chiamato Padre Pio, mentre il “santo pugliese che compiva grandi miracoli” (lo storico Padre Pio) non viene mai nominato.

Vengono ripresi i temi dei “pescecani”, che si sono approfittati anche dell’attendente dell’amico del protagonista (Pippo Vigna). Nell’accorato racconto delle sue disgrazie trova posto un discorso sulle donne che non so se sia più pietista o antifemminista:

«Sa, gli uomini sentono di più la vergogna. Perciò è morto e mia madre vive. Le donne sono nate per vivere e soffrire, gli uomini invece al dolore non reggono.»

E più avanti:

«sperare in chi? Una madre? Ma una madre è una creatura vecchia, rugosa, curva, che non ha occhi che per piangere. Ha obbedito tutta la vita, la meschina, come debbono le donne, lavorando dall’alba al tramonto e sopportando i rabbuffi del suo uomo, che compie un lavoro duro e non è sempre di buon umore. Ha allevato una sua creatura, l’ha vista partire, l’ha vista tornare. Guarda, tace e piange, la meschina che ha sempre obbedito, come debbono le donne. Altro non può.»

Sinossi a cura di Claudio Paganelli

Dall’incipit del libro:

L’isola dei morti veneziani si velava già nella prima luce del turchino caldo della sera quando Leone, fermo innanzi al cancello che racchiudeva coloro che risorgeranno, si curvò sul piccino per togliergli il carico dei fiori che egli serrava a stento con le piccole braccia conserte.
— Vuoi dare al papà, Renato? —
Il piccino, ripigliando più in fretta il cammino quasi per sfuggirgli, protestò;
— No, no… Li voglio portare io alla mammina.
Leone sorrise un poco e chiese, incamminandosi:
— E il tuo papà non dovrà adunque portare neanche un fiore a mammina?
— Quando saremo là, — rispose Renato — ti darò il fiore più grande; gli altri, tutti io. —

Scarica gratis: L’isola dei fiori di Attilio Frescura.