Nuova tappa del percorso poetico di Lipparini questo Poemi ed elegie del 1908, che conduce l’autore dal suo iniziale simbolismo e parnassismo ad un’arte poetica classica e di stampo carducciano, tuttavia portatrice di una sua autonomia e originalità. Come già ho fatto presentando le Nuove poesie, mi pare utile – per chi volesse conoscere la poesia di questo autore oggi quasi dimenticato – confrontare alcuni spunti poetici di questa raccolta con la sua naturale evoluzione realizzatasi in Stati d’animo e altre poesie del 1918.

Lipparini guarda la neve e pensa alla primavera che ama per la sua lussureggiante esplosione di verde e di fiori:

Or fiocca neve o soffia l’aquilone
sopra le cime, ed il pastor lombardo
non vi mormora più la sua canzone.

Lungi, in Maremma. Affacciano lo sguardo
di sugli usci le donne. «O primavera,
come ci è triste questo tuo ritardo!»

Dieci anni dopo queste emozioni saranno invece espresse così nella poesia Neve:

S’io mi giaccio supino sui mille
e mille steli, io sento
la vita remota che ascende
dalle radici che hanno sete di sole
che hanno brama di aria
ma che sono immobili nel buio
e così protendono l’anima loro
effusa in foglie e profumi;
sento lo stelo che s’inebbria dell’aria dolce,
e si fa turgida di linfe;
ed io sono come lui
quando mi prende voglia di propagare la mia vita nel tempo,
e pongo al mio volto la maschera attonita dell’amore!
Ed io sono lui
ed io sento le vene fresche di linfe
ed io sono lo stelo
e la mia anima è il fiore.

Non si tratta più di una semplice contemplazione, di una trepida attesa; il poeta fa di sé un tutt’uno con la vita della natura, è a fianco delle erbe e dei fiori, e con loro sotto la neve attende la primavera. In questa ottica possiamo scorgere in questi Poemi ed elegie gli elementi di panteismo che diverranno il tema portante della poesia di Lipparini degli anni successivi. Certo che se per Emerson, Withmann o Verhaeren il tratto peculiare è quello di fissare il loro panteismo nello schema di un sistema filosofico rendendolo quindi una conquista dell’intelletto, per Lipparini questo percorso porta invece a una conquista dei sensi. Questo gli consente di amalgamare, tuffare e confondere la sensibilità propria con quella delle piante, i fiori, della natura tutta. Non si pone mai quindi come potenziale dominatore del cosmo, ma ne vuole divenire parte integrante.

Lipparini, virtuoso dei versi tradizionali italiani, rincorritore dei bei ritmi classici, caratteristiche evidenti in Poemi ed elegie, finirà anche per accompagnare il rinnovamento e l’evoluzione del proprio mondo poetico, con una completa rinnovazione del verso. Ma finendo col far proprio il “verso libero” (come si nota dai versi riportati sopra) non risponde affatto a una superficiale sottomissione a una moda né a una ricerca di novità che finirebbe per essere ridicola; ma fa sgorgare spontaneamente la sua nuova e autoctona sensibilità poetica.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit della prima poesia Alla Fantasia:

O regina del mondo, Fantasia!

Tu sali e canti come lodoletta,
che inebria l’aria con la gola d’oro.
Sotto rinverde la campagna; il fiume
s’inarca ai fianchi floridi dei colli;
navigan l’acque pel lontano mare,
e l’alpe splende fra i ghiacciai laggiù.

E tu sali, e tu sali, o cantatrice,
nè di cantare e di salir ti sazi.
Oltre i più erti culmini tu vai,
fin dove il cielo è come un mar di luce
ove danzano i più lontani mondi
e appar la terra come un punto giù.

Scarica gratis: Poemi ed elegie di Giuseppe Lipparini.