Steiner fu tra i primi moderni a occuparsi di Goethe scienziato che studiò attentamente fin dal 1879. Tra il 1882 e il 1897 curò l’edizione delle opere scientifiche di Goethe per la Kürschner National-Literatur. Le sue introduzioni alle diverse opere di Goethe da lui curate sono radunate in questo e-book. Nel 1886 fu chiamato a collaborare a una grande edizione delle opere di Goethe – Sophien-Ausgabe – e nello stesso anno pubblicò Linee fondamentali di una gnoseologia della concezione goethiana del mondo. Nel 1888 tenne una famosa conferenza: Goethe, padre di una nuova estetica. Fu collaboratore tra il 1890 e il 1897 a Weimar dell’“Archivio di Goethe e Schiller” pubblicando una nuova edizione degli scritti scientifici di Goethe.

Fu artefice e promotore della costruzione del primo Goetheanum a Dörnach (in Svizzera) a doppia cupola interamente in legno, iniziata nel 1913 e ultimata nel 1922. Già dal 1920 nel Goetheanum non ancora ultimato iniziò a tenere corsi su arte e antroposofia e nel 1921 uscì il primo numero della rivista “Das Goetheanum”. Nella notte di san Silvestro 1922/23 il Goetheanum venne distrutto da un incendio, probabilmente doloso, e Steiner fece il modello del secondo Goetheanum che venne successivamente costruito in cemento armato ma che lui non ebbe la possibilità di vedere completato. La costruzione monumentale è tuttora esistente e sede di attività antroposofiche. Questa premessa per poter comprendere che Steiner dedicò una parte importante della sua vita e delle sue risorse intellettuali allo studio e alla diffusione del pensiero di Goethe.

In particolare fu il primo studioso moderno a proporre una rilettura di Farbenlehre (La teoria dei colori), opera caduta quasi nel totale oblio. Goethe aveva scritto questo suo lavoro, pubblicato per la prima volta nel 1808, quasi nello stesso periodo in cui scrisse Le affinità elettive – che già abbiamo pubblicato in questa biblioteca Manuzio – dimostrando ancora una volta come per lui la tematica delle attrazioni e repulsioni, mescolanze e, appunto, affinità, fosse fondamentale per comprendere le dinamiche essenziali della materia vivente. Queste “forze” che spesso in natura si equilibrano in maniera spontanea, nella società finiscono invece per portare a irreparabili urti e fratture.

Steiner mette in rilievo come Goethe fosse un acuto osservatore e, fin dall’introduzione a questa sua raccolta di scritti, sottolinea come l’apporto scientifico di Goethe consistesse proprio nel “modo” nel quale osservava la natura. In questo contesto diventa davvero centrale La teoria dei colori, che Steiner esamina a fondo nella parte finale del testo. Steiner evidenzia altresì che in ultima analisi l’obiettivo principale di Goethe era venire a capo della discussione sulla natura oggettiva o soggettiva del conoscere. In questo quadro si comprende quindi piuttosto bene come l’opera scientifica di Goethe, e la teoria dei colori con la susseguente controversia con Newton, segni in modo indelebile l’evoluzione della cultura illuministica in quella romantica. Concetto ribadito ancora da Steiner parlando dello iato che il mondo dei naturalisti percepiva ancora come netto tra mondo inorganico e mondo organico (vivente); Steiner infatti dice:

«Si misurerà meglio la grandezza dell’opera compiuta da Goethe, se si riflette che Kant, il grande riformatore della nuova filosofia, non solo condivideva completamente quel vecchio errore, ma cercò persino un postulato scientifico per dimostrare che lo spirito umano non riuscirà mai a spiegare la formazione organica.»

L’esperienza di osservatore di Goethe non è quasi mai mediata da strumenti o apparecchi complessi. Egli “ricerca” per il semplice amore della conoscenza, e la mediazione di una troppo sofisticata strumentazione limiterebbe la genuinità che va cercando in ogni sua esperienza. Sembra che tenga in particolare modo, per potersi proporre come sperimentatore autentico e attendibile, alla semplicità della descrizione, come potrebbe essere compiuta da qualsiasi persona di buon senso ed equilibrata. Le opere scientifiche di Goethe sono interessanti anche per l’uso del linguaggio, che appare molto simile a quello degli scritti autobiografici o delle relazioni di viaggi. Dice Steiner:

«Sebbene il suo modo di contemplare le cose avesse radici profonde nel suo essere, egli abbisognava pure di un linguaggio per esprimersi.» Infatti appare chiaro a chi legga, ad esempio, la teoria dei colori, come Goethe percepisca le difficoltà – e i rischi – di trasporre in un linguaggio scritto quello che lui considerava il messaggio autonomo proveniente dalle osservazioni naturalistiche. Afferma lui stesso che il linguaggio verbale «è soltanto simbolico e figurato, esprime gli oggetti non immediatamente ma di riflesso».

Sottolinea poi le difficoltà per raggiungere l’obiettivo di «non porre il segno al posto della cosa, mantenere sempre l’oggetto vivo dinnanzi a sé e non ucciderlo con la parola».

È un problema che tanti scienziati si pongono anche oggi: come dimenticare, per fare un esempio, l’atteggiamento di osservatrice di Barbara McClintock e la sua volontà di porsi “in sintonia con l’organismo”?

Aggiunge ancora Steiner:

«[…] solo nel congiungere il linguaggio del mondo esterno con quello del nostro intimo, abbiamo la realtà totale. Che cosa vollero i veri filosofi di tutti i tempi? Null’altro che rivelare l’essenza delle cose che queste medesime pronunciano allorchè lo spirito si offre loro come organo d’espressione.»

Questo concetto spinge ovviamente all’estremo le idee di Rousseau, per cui potremo vedere il mondo e i fenomeni della natura come una proiezione e costruzione della mente umana. In questa direzione va visto anche il capitolo nel quale Steiner parla dei rapporti di Goethe con Lavater e dell’influenza che lo stesso Goethe probabilmente ebbe su certe riflessioni del filosofo svizzero. Tuttavia certamente Goethe prendeva le distanze «dall’infelice declamazione fra l’apostolico e il cappuccinesco del profeta zurighese». E su questo aspetto Steiner sorvola preferendo impostare tutto il proprio discorso sugli aspetti più squisitamente spirituali dell’impostazione scientifica goethiana. In realtà per Goethe pare non sia necessaria la metafisica: il mondo non assume significato da un ente “esterno” e vive la sua esistenza autonoma. Per questo Steiner è forse più vicino al Lavater per il quale invece «tutto ciò che ha vita, vive grazie a qualcosa fuori di sé».

Il lavoro di Steiner che presentiamo tende quindi ad amplificare l’aspetto del “sublime” preromantico, che pur si ravvisa individuando ancora una volta le convergenze con Kant, soprattutto con il Kant che precede le “critiche”, quello di Allgemeine Naturgeschichte, e con l’ipotesi nebulare che appare come una congettura sostanzialmente moderna sulle origini del cosmo. Ma anche qui troviamo poi un palpito “originario” dal quale ogni cosa ha origine. Questo palpito può essere visto sotto un’ottica spiritualista, ma altrettanto legittimamente come un’anticipazione di teorie che vedono il cosmo e la sua origine bastare a se stessi. È chiaro che Steiner cerca in Goethe tutto ciò che lo può porre vicino a un’idea marcatamente spiritualista, ma la sua forza consiste proprio nel non dimenticare mai la complessità dell’impostazione goethiana e di non trascurare la sua schietta propensione di naturalista.

D’altra parte Goethe stesso scrisse: «Una dottrina falsa non si può confutare, perché poggia sul convincimento che il falso sia vero». Non è poi difficile quindi vederlo anche come un anticipatore dei fondamenti epistemologici del XX secolo. Ma Steiner commenta questa frase scrivendo: «Le discussioni sono inutili di fronte a chi voglia ammettere solo le prove che sono conformi al suo modo di pensare. Chi conosca la vera natura del “dimostrare”, si rende chiaramente conto che l’anima umana trova la verità per altre vie che non quelle della discussione». (prefazione alla seconda edizione di Teosofia). Nonostante quindi mi appaia evidente come nel lavoro di Steiner su Goethe si possa riscontrare almeno in parte proprio il vizio – che lui sottolinea come da evitare per rendere utile una discussione – di voler ammettere solo le prove che sono conformi al proprio modo di pensare, questo insieme di scritti sull’opera scientifica di Goethe è certamente tra i documenti più utili per introdurre la conoscenza non solo di questa attività specifica del grande scrittore e pensatore tedesco, ma proprio dell’intera opera nel suo complesso.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Seguendo la genesi delle idee goethiane intorno alla formazione degli organismi, facilmente si è presi dal dubbio circa la parte da ascriversi al periodo giovanile del poeta, cioè a quello precedente il suo arrivo a Weimar. Goethe stesso stimava assai poco le sue conoscenze scientifiche di quel tempo: «Non avevo un concetto di ciò che propriamente si chiama natura esteriore, nè la minima cognizione dei suoi così detti tre regni». Basandosi su tale affermazione, si ritiene, generalmente, posteriore al suo arrivo a Weimar l’inizio del pensiero scientifico di Goethe. Eppure bisogna risalire ancora più indietro, se non si vuol lasciare inesplicato tutto lo spirito delle sue concezioni: poichè già nella primissima giovinezza si mostra la potenza vivificatrice che guidò i suoi studî nella direzione che andremo esponendo.
Quando Goethe giunse all’Università di Lipsia, vi regnava ancora negli studî naturali quello spirito, caratteristico d’una gran parte del secolo XVIII, che scindeva tutta la scienza in due estremi, e non sentiva affatto il bisogno di conciliarli. Da un lato stava la filosofia di Christian Wolf (1679-1754), che si moveva in una sfera del tutto astratta; dall’altro, i singoli rami della scienza, che si perdevano nella descrizione esteriore di infiniti particolari, mentre mancava loro assolutamente l’aspirazione a cercare nel mondo dei loro oggetti un principio superiore.

Scarica gratis: Le opere scientifiche di Goethe di Rudolf Steiner.