Questa raccolta del 1928 segue di due anni la precedente Natura e Anima, ed è quindi la seconda pubblicata dalla casa editrice Eroica nella Collana di Corallo. Si ritrova facilmente il filo d’oro della lirica di Olinto Dini. Questo ci conduce attraverso l’amore per la campagna, vista con riconoscenza, le sensazioni portate dall’aria e dall’acqua che sono viste come la salute della terra. Ma ogni cosa creata e da lui descritta riconduce a un sentimento antico pur presentando sempre aspetti nuovi. Il sentimento antico è soprattutto la nostalgia e lo struggimento nella solitudine. Il conforto viene dagli alberi, sempre presenti nella sua Garfagnana. Gli alberi sono pieni di uccelli e la vallata diviene canora. E quando il bosco si fa silenzioso diviene come una grande cattedrale:
«Come un immenso tempio m’appar questo bosco che l’ombra
vespertina riempie d’alto augusto mistero.
Entro e d’intorno è silenzio; ma l’anima ascolta un solenne
cantico su dal bosco verso le stelle alzarsi.»
Gli alberi sono le colonne, i rami formano le cupole. Il poeta sente in sé e attorno lo spirito divino che cessa di essere concetto o idea per divenire invece conoscenza della sua propria anima.
La morte che spesso nella lirica del poeta aveva assunto aspetti tenebrosi diviene ora la greca Eutanasìa che addormenta, e Dini ne resta incantato, perché morire è solo la conclusione naturale dell’inquietudine – che è soprattutto disciplina di morte – che contraddistingue la nostra vita.
«Deh, nell’ora fatale, non veda venirmi dinanzi,
come fantasma truce, minaccioso, la Morte;
ma seguendo io con aneliti trepidi il giorno fuggente,
ella m’appaia in vista di giovinetta elisia,»
E il passaggio, al quale tante volte ha pensato, avverrà senza disperazione, quasi inavvertito. Anche se non manca il senso di sbigottita apprensione, che ritroviamo per esempio in Occhi e occhiaie:
«Mentre carezzo di sguardi le cose belle ch’ho intorno
e gioisco sentirne la carezza nel cuore,
ecco mi va per l’anima il tremito diaccio che gli occhi,
maraviglioso specchio dell’universa vita,
mi dovranno essere orribili fóri… Corrugo la fronte,
e con mano inquïeta mi ricerco l’orbite.»
Il rapporto tra il poeta e quello che lo circonda non è finalizzato al conoscere ma all’amare, e questo lo porta a chiare intuizioni che gli forniscono le risposte alla religiosità della creazione, come da lui percepita:
«Nel raggiante splendore di questo meriggio le cose
sembra che larga effondan l’anima nella luce.
Guardo l’alto silenzio ch’è intorno e profondo in me sento
palpitare l’effuso spirito della terra.»
Certamente, nel suo romitaggio, la lontananza dal mondo favoriva l’affievolirsi delle vicende reali, che a malapena gli giungevano. I fatti della sua vita erano quindi dio, poesia e amore. La misura di ogni cosa era divenuta la vista delle boscaglie e delle montagne immobili, misura che vale per tutti e per ogni cosa, sia per i grandi uomini che per le grandi imprese.
Dice Antonio Baldini:
«Gli Epigrammi Lirici sono felicissima cosa, e sento che li riaprirò sovente con piacere, perché toccano alcuni tasti fondamentali per l’accordo poetico che l’anima ricerca; e la personalità artistica che ci si afferma non è di quelle che si introducono, con sgarbata violenza, nell’animo del lettore, ma si sposa dolcemente, quietamente, dando a quello quasi l’illusione di fare insieme quei pensamenti sulla Natura, sulla Morte e sull’Amore.»
Abbiamo quindi conferma in questa breve raccolta che la poesia di Dini è pura nel disegno, profonda nella suggestione, luminosa nella magia delle immagini.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Il primo componimento poetico della raccolta Voci su cime:
Dolce pe’ triti cammini la voce d’un cuore fraterno
e lo schiudere il proprio cuore a un fraterno cuore.
Ma ne’ sacri momenti che l’anima è aperta a quell’alte
voci che parlan mute dall’universe cose,
meglio ascender le cime cui vita è il silenzio deserto,
e la terra ed il cielo devotamente udirvi.
Scarica gratis: Epigrammi lirici di Olinto Dini.