I quattro musicanti. Racconto.

di
Paolo Lioy

tempo di lettura: 7 minuti


Racconta quel brav’uomo del Grimm che una volta un barocciaio si mise colle mani incrociate dietro la schiena a contemplare il suo vecchio asino; e ai racconti del Grimm bisogna credere, perché è uno dei più graziosi contastorie pe’ bambini. Da una ventina d’anni quell’asino andava fedelmente al mulino e al mercato; ma ormai era agli sgoccioli: zoppo, asmatico, tramortiva a ogni piccolo passo. Il barocciaio colle mani incrociate dietro il dorso, mormorava fra i denti, crollando il capo.

— Non c’è caso, bisogna che io mi risolva a vendere la pelle per fabbricarne tamburi.

L’asino che colle sue lunghe orecchie udì la minaccia, scappò, appena il padrone se ne andò via; scappò con quanto fiato gli restava, e pensando che nel ragliare era ancora abilissimo, prese la via di Brema, dicendo fra sé: A Brema potrò iscrivermi fra i suonatori della fanfara municipale e trovare fortuna coi miei ragli.

Allegro della nuova carriera che lo attendeva, camminava camminava per valli e per monti, quando sotto una gran quercia vide un cane accovacciato che abbaiava e ululava.

— Perché diavolo fai tanto chiasso? — chiese al cane il buon ciuco.

— Uuh! — rispose il cane. Il padrone, vedendomi ormai vecchio e inetto a seguirlo alla caccia, l’ho udito io dirmi che mangio il pane a tradimento e che vuol farmi la festa. Mi son messo la coda fra le gambe, sono venuto via, ma adesso non so più come guadagnarmi il pane!

— Bene, bene! — disse l’asino. — Io vado a Brema ad arruolarmi nella banda; vieni, hai buoni polmoni, ti farò ammettere anche te fra i suonatori.

Il cane accettò subito, e scodinzolando scodinzolando seguì allegramente il suo nuovo amico.

Non andò guari che i due viaggiatori incontrarono un gatto. Era sdraiato sul sentiero, e miagolava con un muso pieno di malinconia come una pioggia di tre giorni.

Di che ti lagni? — gli domandò l’asino con voce patetica come se cantasse la bella romanza del Marchetti (parole del Capranica.)

— Mi lagno del destino, — rispose il gatto. — Sono ormai diventato un vecchione; i topi mi ballano innanzi, il mio maggior piacere è starmi accoccolato sulla cenere calda, e la mia padrona si è fitta in capo di buttarmi nel fiume. Io me la svignai; ma ora che farò? Dove andrò?

— Vieni con noi a Brema, disse l’asino. Potrai essere utile nella fanfara; te ne intendi molto di musica notturna, e per qualche serenata puoi valere tant’oro.

Il gatto contentone non se lo fe’ dir due volte, e si unì subito alla comitiva.

Mentre proseguivano il loro cammino, d’improvviso i viaggiatori udirono acutissime grida.

— Tu ci hai quasi fatto paura, — disse l’asino a un gallo che, appollaiato su un albero, gridava disperatamente. — Che hai tu, e quale disgrazia ti avvenne, povero Crestarossa?

— Iih! — rispose il gallo. — La massaia mi faceva tante carezze, mi portava tanto grano, si compiaceva tutta, vedendomi bello grasso, e ora l’ho udita io che diceva: “domani è domenica, bisogna tirargli il collo!” Io me ne sono volato qui, ma da un momento all’altro sarò inseguito, acchiappato, strangolato, e messo a bollire nella pentola o ad arrostire nello spiedo.

— Bene, bene! — esclamò al suo solito l’asino. Vieni con noi a Brema, hai buona voce, potrai avere la tua parte nel concerto con noi.

Il gallo trovò accettabilissima l’onorifica proposta, e si unì anch’esso agli altri fuggiaschi.

Intanto era caduta la notte; s’era fatto un buio pesto da tagliarlo col coltello. Bisognava riposare. Il cane e l’asino si coricarono sotto un grande olmo, il gatto si arrampicò sui rami, il gallo volò sulla cima.

— Ohe, ohe! — gridò dall’alto. — Vedo là in fondo un lumicino. Certo c’è una casa.

— Bene, bene! — disse l’asino alzandosi. — Andiamo subito, poiché non mi piace punto questa locanda dell’olmo.

Il cane aggiunse, leccandosi i baffi: — Anche a me piacerebbe meglio un ricovero dove ci fosse qualche frusto di pagnotta o qualch’osso da rosicchiare.

E così s’incamminarono verso il punto d’onde appariva il lume: era una vecchia casa solitaria abitata dai briganti. L’asino s’accostò subito alla finestra e guardò dentro.

— Che cosa vedi là, orecchione? — chiese il gallo.

— Che cosa vedo! — rispose a bassa voce il ciuco. — Vedo una tavola carica di ghiottonerie, e intorno molta gente che mangia e beve.

— Ci sarebbe da fare una buona scorpacciata! — mormorarono coll’acquolina in bocca il cane ed il gatto.

— Proviamoci, via! — disse l’asino. — Proviamo a cantare un quartetto; forse codesti mangioni ci faranno qualche regalo.

E così dicendo si rizzò pian piano e pose i piedi anteriori sul davanzale; poi ordinò al cane di montargli sulla schiena, al gatto di arrampicarsi sul dorso del cane, e al gallo di volare sulla testa del gatto; poi, quando tutti gli artisti furono a posto, diè il segnale con una delle sue lunghe orecchie come per battere la solfa. Allora con gran fragore, si misero d’improvviso a ragliare, ed abbaiare, a miagolare, a cantare.

I ladri spaventati dall’inaspettato fracasso, balzarono da sedere come se sotto le sedie avessero sentite le spine, e scapparono nella vicina foresta.

I quattro concertisti s’accorsero con gran gioia di essere rimasti padroni di casa; saltarono dentro, atterrando lumi, rompendo piatti e bicchieri, fecero una buona scorpacciata, e poi, ciascuno secondo il proprio costume, si sdraiarono per dormire al buio, l’asino sulla paglia, il cane innanzi alla porta, il gallo sopra una trave, il gatto sulla cenere tiepida del focolare.

Ma intanto i briganti non potevano darsi pace della improvvisa avventura. Il loro capo che si chiamava Spaccamonti, verso mezzanotte, disse ai compagni:

— Insomma, poiché voi avete ancora la tremarella, andrò io, andrò io a vedere!

E armato del suo trombone, con un coltellaccio tra i denti, s’avvicinò alla casa buia e silenziosa, socchiuse una porticina segreta, entrò, vide in cucina, al posto del focolare, due punti lucidi che gli sembravano brace, si accostò per soffiarvi sopra e far luce, soffiò… Quei due punti lucidi non erano brace, bensì gli occhi del gatto.

Il gatto sentendosi soffiare a quel modo sul muso, inferocì. Si slanciò sul ceffo del bandito graffiandolo e mordendolo. Mezzo morto di paura, Spaccamonti s’avventò per fuggire verso la porta; ma andò a intoppare nel cane che, svegliato di botto, gli conficcò, ringhiando, i denti nelle gambe; si buttò allora verso il pagliaio, ma urtando nelle zampe dell’asino, questi gli sparò due terribili calci nella schiena; balzò verso la porta, e mentre saltava fuori più morto che vivo, udì un grido acutissimo che dall’alto strillava: chicchirichì!

Pesto e insanguinato arrivò a stento nel bosco. — Compagni, compagni, fuggiamo! — balbettò con voce tremante; — sul focolare della casa v’è un’orribile strega che colle sue lunghe dita mi ha scorticato la faccia; davanti alla porta v’è un nano ringhioso che a colpi di coltello m’ha assassinato le gambe; sul pagliaio è disteso un gigante nero che mi ha mezzo ammazzato coi suoi pugni; e sulle travi sta un giudice col berretto rosso che mostrando un patibolo grida a squarciagola: — qui i rei, qui i rei, qui!

Grimm veramente non lo dice, ma altri autori assicurano che i banditi posero Spaccamonti su una barella e fuggirono lontani, chi dice trecento miglia, e chi dice cinquecentocinquanta. Della casa de’ briganti rimasero padroni i filarmonici, i quali, stando al racconto del Grimm, vi si trovarono così bene che non vollero più uscirne. Ma qualche altro autore racconta che l’ambizione dell’asino non essendo appagata, egli persuase i compagni a seguirlo a Brema, ove si incorporarono nella banda municipale. Un bel giorno, mentre il concerto suonava in piazza, il cane non ebbe la virtù di continuare il suo pezzo di musica vedendo certa spazzatura dalla quale uscivano alcune ossa saporitissime di montone, il gatto si lanciò avidamente sopra un barbio che era caduto dalla cesta di un rivendugliolo, il gallo corse a beccare alcune briciole di biscotto cadute a un bambino, e l’asino, il capo banda, non seppe resistere alla tentazione di correre dietro a un carro di fieno che passava pieno di olezzo!

Così il concerto si sciolse, e il giornale di Brema annunziò, quella stessa sera, come un grande avvenimento che i bandisti si erano dati a uno sciopero tumultuoso.

Fine.


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QUESTO E-BOOK:
TITOLO: I quattro musicanti. Racconto.
AUTORE: Paolo Lioy
DIRITTI D'AUTORE: no
LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
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TRATTO DA: Giornale per i bambini / diretto da Ferdinando Martini ; [poi] da C. Collodi. – Roma : [Tipografia del Senato], 1881-1883.
SOGGETTO: JUV038000 FICTION PER RAGAZZI / Brevi Racconti