La cultura letteraria in cui Karin Michaëlis visse e lavorò era, ovviamente, scandinava ed europea. La Danimarca, in particolare, ha voluto condividere il patrimonio culturale europeo. Per gli scrittori danesi, le grandi correnti europee come il Romanticismo e il Barocco erano servite a valorizzare l’epica e il folklore che esprimevano la loro storia culturale.

Una nuova prospettiva critica del passato e del presente culturale era venuta dalla mano di Georg Brandes (1842-1927), critico e insegnante che sostenne un approccio socio-psicologico alla letteratura sotto forma di naturalismo, aprendo così la strada alla critica sociale di Ibsen. Negli anni ’90 dell’Ottocento, tuttavia, le reazioni avverse alle teorie di Brandes innescarono una rinascita del lirismo che elevò il regionalismo al di là di quelli che erano visti come i suoi interessi cosmopoliti e socialisti.

Le scrittrici scandinave della fine del XIX e dell’inizio del XX secolo combinavano forme popolari e simboliste con la critica sociale, per concentrarsi sulle condizioni di vita delle donne. Tra loro c’era Amalie Skram (1846-1905), il cui romanzo del 1892 Forrådt [Tradito] fu il primo in Norvegia a parlare apertamente di quanto possa essere distruttiva una dicotomia nel comportamento sessuale tra uomini e donne soprattutto nell’ambito della classe media. La sua struttura simbolica di grande tensione espone le paure sessuali di una sposa diciassettenne che brandisce le sue armi difensive distruttive contro il marito mondano ma sempre più indifeso. In Danimarca, nel 1912, Marie Bregendahl (1867-1940) pubblicò il romanzo En dødsnat [La notte dell’agonia], un ritratto autentico e comprensivo della classe operaia.

Da House of Joy (1905) di Edith Wharton a E.M. Forster, le eroine hanno ceduto al matrimonio come unica strada verso l’identità e lo sviluppo, e il suo fallimento ha significato, come nel caso di Lily Barth di Warthon, la fine della vita. Anche in un’opera teatrale di protesta suffragista come Votes for Women (1907) di Elizabeth Robin, la lotta per il destino delle donne assume la forma di una lite tra amanti. Queste opere insorgono contro l’oppressione sessuale delle donne, sebbene limitino la loro sessualità a una storia di giovinezza. Pertanto, rispetto alla letteratura del suo tempo, Den farlige Alder (L’età pericolosa) si distingue per presentare le storie sull’identità sessuale femminile che prevalevano in quel momento come qualcosa di opprimente per le donne.

In molti dei suoi romanzi, Karin Michaëlis combina la prospettiva infantile legittimata dall’opera di Hans Christian Andersen con la critica sociale difesa da Georg Brandes. Quando scrisse, nel 1910 la sua opera più famosa Den farlige Alder, tali esperimenti cominciavano a diffondersi in Europa attraverso varie correnti moderniste e la Danimarca, il paese scandinavo più vicino alla cultura occidentale, era già immersa nella loro influenza. Sebbene sia generalmente riconosciuto che gli esperimenti più radicali nella forma e nella sintassi furono effettuati dopo la prima guerra mondiale da Eliot, Joyce e Rilke, Le tre vite di Gertude Stein (1909) sfidava già le opinioni tradizionali.

Den farlige Alder combina gli aspetti simbolici e socialmente critici della tradizione scandinava e li trasforma introducendo un nuovo tipo di voce narrativa. Eliminando le osservazioni “scientifiche” di un narratore onnisciente, il romanzo autentica la soggettività sotto forma di voce di donna che diventa veicolo di critica sociale. Michaëlis aveva già dimostrato la sua comprensione della psiche femminile con Barnet, ma se il punto di vista di un bambino era un bene culturale prezioso in Danimarca, quello di una donna di mezza età era considerato inutile, molto meno degno di considerazione.

Per i lettori dell’epoca nella quale uscì Den farlige Alder, la cosa più inquietante era la sua rappresentazione della menopausa, un argomento totalmente “tabù” anche in una momento in cui la sessualità umana stava diventando un luogo comune tra gli scrittori europei contemporanei e tra gli scrittori scandinavi in particolare. Sebbene la parola “menopausa” non sia mai menzionata nel romanzo, i sintomi attribuiti all’epoca a disturbi psicologici biologicamente radicati nelle donne di mezza età risuonano in tutta la narrazione. Presentate come un’esperienza spontanea e inconscia, le oscillazioni emotive di Elsie Lindtner producono nei lettori reazioni difensive altrettanto intense e spontanee. In una recensione altrimenti favorevole su “The Fornightly” (7 giugno 1911), May Bateman notò: «La sua patetica verità a volte ti costringe a coprirti gli occhi, come quando un amico fa una confessione pietosa di cui teme di pentirsi un giorno, una confessione che espone tutte le sue ferite semicicatrizzate». Forse la mancanza di un “narratore neutrale” tale da fornire un contesto, un giudizio, un po’ di compassione, spinse i critici a voler diagnosticare il malessere di Elsie. George Middleton considerava “isterico” il suo desiderio di solitudine, mentre l’anonimo recensore del “New York Times” (3 settembre 1911) lo attribuiva a una speranza latente che il giovane architetto che l’aveva amata «l’avrebbe seguita nella sua tana trascinandola alla maniera del cavernicolo trionfalmente fuori di lì».

La recensione sull’“Athenaeum” del 30 settembre 1911, sebbene avverta i lettori di non poter considerare Elsie come una vittima di “nevrastenia e isteria”, interpretava tuttavia la sua condizione come ripugnante per la società che la circondava. «Una donna che ha raggiunto quell’”età pericolosa” in cui la bellezza fisica va e viene a intermittenza e minaccia di non tornare mai più è afflitta dalla comune confusione tra inclinazioni mentali e sensazioni fisiche». Data l’idea prevalente che gli anni maturi di una donna rappresentino l’inizio di un declino fisico e mentale irreversibile, i desideri sessuali di Elsie non potevano essere giudicati che come un obbrobrio. Una volta trascorsi i momenti più significativi della sua vita, la naturale inclinazione che una donna di “una certa età” dovrebbe adottare doveva essere quella della dignitosa rassegnazione, non un energico processo di scoperta di sé che potesse sfociare in una nuova esperienza sessuale. Il centro di questo allontanamento dalle convenzioni di Elsie è la mancanza di figli. Poiché le donne della sua cultura e posizione sono particolarmente apprezzate quando sono madri, il fatto di non avere figli la costringe a concentrarsi solo ed esclusivamente sul significato della sua vita passata e su ciò che potrebbe avere in futuro, da sola e con se stessa.

Michaëlis non solo si è sbarazzata del narratore tradizionale che prevede, interpreta e giudica i suoi personaggi, ma ha anche minato il ruolo convenzionale dello stesso psicologo in questo romanzo profondamente psicologico. Elsie è “paziente” solo di se stessa e trasforma il patto privato e confidenziale tra analista e analizzato in un discorso pubblico che unisce le sue esperienze e fantasie a quelle di altre donne. In questo modo, la sua narrativa funziona come “analisi” di una donna, che agisce, reagisce, costruisce e decostruisce la storia sociale e sessuale della sua vita, che spesso conduce alla crisi delle quarantenni.

Attraverso le reazioni di Elsie alle proprie esperienze e a quelle di altre donne, Michaëlis propone un modello socio-psicologico che rivede la maturità femminile. Invece di identificare i problemi legati all’età con l’inizio del declino, presenta l’”isteria” delle donne come un sintomo di un carattere femminile che è sbilanciato, mutevole e che lotta per reindirizzare il desiderio sessuale che era stato smorzato dal matrimonio di convenienza. La decisione di Elsie di abbandonare la sua “gabbia d’oro” conferma il confinamento di tutte le donne del romanzo all’interno di un sistema che le materializza come oggetti sessuali. Come per le altre donne che incontra, il carattere di Elsie prende forma in gioventù, quando si rende conto che per ottenere un posto sicuro nella società deve coprirsi con una “maschera” che attiri il miglior offerente proprio perché costui sa che potrà ottenere ciò che vuole, quello per cui ha fatto la sua offerta: una donna che diventerà esattamente ciò che l’uomo vuole che sia perché lei non ha strumenti per sapere chi o cosa sia veramente. Naturalmente, nelle profondità di questa creatura sconosciuta c’è la sua sessualità. Repressa nei suoi sforzi per “fingere di essere guidata da una passione genuina”, la sua sessualità “si libera” proprio nel momento in cui dovrebbe esserne libera: l’inizio della vecchiaia.

Den farlige Alder è un romanzo molto diverso da The Awakening (1896) di Kate Chopin, con il quale sarebbe molto facile confrontarlo. Mentre Edna Pontellier scopre la sua sessualità al di fuori di un matrimonio vuoto e di una vita soffocante, la sessualità di tutti i personaggi femminili di Den farlige Alder rimane un’estensione problematica dei processi sociali che l’hanno limitata in tanti modi. Nella sua rappresentazione di questi processi, Michaëlis suggerisce che né l’ordine stabile del matrimonio né la pericolosa avventura dell’amore romantico sono percorsi chiamati a soddisfare la sessualità femminile. Chopin condanna questi miti facendo terminare la fuga di Edna con la sua morte; Michaëlis è ugualmente critica, ma lascia il suo romanzo aperto ad altri tipi di considerazioni.

Sebbene tutte le amiche di Elsie Lindtner soffrano nei loro matrimoni, è solo quando raggiungono la mezza età che scoprono dentro di sé un desiderio disperato che rimane inappagato nonostante le loro relazioni e i loro brevi incontri. L’”ostilità nascosta” ma “ineradicabile” che prevale tra i sessi nel mondo di Elsie è sopportabile solo grazie alla comprensione e all’identificazione reciproche tra le donne. Non è che le relazioni tra loro siano armoniose, ma, come rivelano alla fine i sentimenti contraddittori di Elsie per la sua cameriera, c’è in loro una possibilità di intimità in grado di creare il senso di un sé reale e smascherato che le donne sanno valutare. Eppure, ogni scena in cui Elsie medita sui rapporti tra donne, compreso il suo incontro epifanico con Jeanne, finisce con un punto interrogativo. La sua lotta per rispondere a queste domande su chi e di cosa ha bisogno una donna per ritrovare se stessa non è finita e, come suggerisce il finale aperto del romanzo, rimanendo incompiuta continua ad avere un potente effetto su di noi anche oggi. La congiunzione del disagio della maturità e della sessualità frustrata fa emergere due questioni che continuano a coinvolgerci. Il romanzo attira costantemente l’attenzione sulle definizioni e le distinzioni tra “sesso” e “genere” quando esplora le relazioni tra donne e tra uomini e donne. Dando credito alle cause biologiche dei disturbi della menopausa, Michaëlis sembrerebbe intrappolare le donne in un declino inevitabile e irreversibile dal quale gli uomini possono sfuggire. Ne è prova il fidanzamento del quarantenne Richard Lindtner con una debuttante diciannovenne. Tuttavia, l’opportunità per Elsie, Lili e Jeanne di testare i limiti del loro potenziale attraverso altri tipi di relazioni compensa in qualche modo il determinismo biologico. La stessa combinazione di determinazione e turbolenza nel personaggio di Elsie sfida qualsiasi argomento essenzialista tendente a esaltare la capacità di donare la vita delle donne o a lamentarne l’instabilità.

Non possiamo inoltre dimenticare che Michaëlis scriveva contemporaneamente in due contesti, uno che includeva una lunghissima storia di atteggiamenti medici nei confronti della maturità delle donne e un altro in cui le “scoperte” scientifiche stavano avendo un impatto drammatico. Le opinioni del diciottesimo secolo persistevano ancora ai suoi tempi. John Leake, nel suo libro del 1777 Medical Instructions Towards the Prevention, and Cure of Chronic or Slow Diseases Peculiar to Women, menzionò tali sintomi della menopausa come “mal di testa e vertigini, disturbi isterici… e una debolezza femminile spesso molto problematica per gli altri” a causa dei “molti eccessi effetto della lussuria e le irregolarità della passione”. Nella sua introduzione a L’età pericolosa, Marcel Prévost lo paragonò a un romanzo sulla menopausa scritto nel 1854 da Octave Feuillet (La crise), e fece notare che anche questa materia “è un pericolo”. Siamo notevolmente progrediti dal 1854. Ora la Fisiologia ha un ruolo di primo piano anche in Danimarca. Com’è ironico che il punto di vista biologico sia stato considerato un avanzamento quando ha portato le donne ad accettare il declino del proprio corpo e quindi a temere con tutte le forze il passare degli anni! Michaëlis corrobora il motivo di questa paura nella sua prefazione all’edizione del 1923 del romanzo: «Le donne hanno sempre difficoltà. Sono cose del loro fisico». Una volta trascorsi gli anni della gravidanza, la donna perde tutta la sua attrattiva. Che L’età pericolosa fosse comunque una rivelazione in mezzo a così tante conclusioni scientifiche fu dimostrato da G. Stanley Hall nel suo studio del 1922 Senescence: The Last Half of Life, dove applaude la totale emancipazione di Michaëlis dai “punti di vista maschili… nel descrivere il processi psicologici che si verificano nella prima mezza età nelle donne”.

Nel suo libro di memorie Little Troll Michaëlis ricorda come concepì l’idea di scrivere il romanzo quando fu colpita dallo “strano comportamento di diverse donne di mezza età”. La loro ossessione per la pulizia, l’avarizia improvvisa e l’attività sessuale extraconiugale conducono tante di loro al divorzio o alla reclusione negli ospedali psichiatrici. Tra comportamenti molto diversi tra loro, l’unica cosa che queste donne condividevano era l’età; tutte avevano tra i quaranta e i cinquanta anni. Michaëlis trovò una nuova fonte di ispirazione quando venne a conoscenza della storia di una donna che aveva divorziato dal marito per il solo motivo che “aveva bisogno di alcuni anni di meditazione e contemplazione”. La trasformazione che Michaëlis compie nella finzione di un motivo così razionale e persino pacifico contrasta drammaticamente con il giudizio sul comportamento delle donne da parte dell’establishment medico e legale, che lo considerava isterico e aberrante. Eppure è stata accusata di tradire il proprio sesso. Ha reagito difendendo il suo romanzo con conferenze che l’hanno portata in tutta l’Europa occidentale. Secondo la sua stessa testimonianza, è stata fischiata da una folla così arrabbiata che si è sentita in pericolo. È interessante notare che, mentre le donne negavano che il romanzo rappresentasse in qualche modo la realtà della menopausa, i medici gli diedero la loro approvazione. A seguito di quei dibattiti pubblici, alcune legislazioni europee hanno ridotto le condanne per i reati commessi nel periodo che Karin Michaëlis aveva battezzato come «età pericolosa».

Den farlige Alder continua ad affascinarci con il suo modo di mantenere la tensione tra argomenti opposti sulla “natura delle donne”. Come gli umori volubili di Elsie, il romanzo sfida molte convenzioni. Il diario e le lettere di Elsie sfidano la fiducia del lettore nelle consuete transizioni narrative e nella coerenza interna dei personaggi e delle trame in altri romanzi di realismo psicologico. Coerente solo con l’esperienza di Elsie durante la fase “pericolosa” della sua vita, il romanzo sfida anche le diagnosi nettamente compartimentate della maturità delle donne. Visto nel suo insieme, il carattere di Elsie e le sue forme espressive portano i lettori a comprendere la sua esperienza come una continuazione della sua giovinezza, e una “crisi” solo nella misura in cui i sentimenti repressi alla fine emergono in superficie e richiedono che ne ammettiamo l’esistenza.

Tre sono state le versioni cinematografiche di questo romanzo, che è stato anche certamente la fonte di ispirazione per Rose Macaulay per scrivere Dangerous Ages, pubblicato nel 1921.

Questo e-book riproduce la prima ed efficacissima traduzione italiana da parte di un giovane Mario Mariani che ancora non era affermato come scrittore; la sua scelta rispecchia la sua vena critica e anticonformista che caratterizzerà l’intera sua carriera di giornalista, polemista e narratore.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Cara Lilì,
Sarebbe stato meglio t’avessi portato la novella io stessa per vederti piombar nell’orrore, ma a ciò non seppi decidermi.
Eppure, sull’onor mio, tu, anima innocente, sei l’unica che apprendi direttamente qualcosa da me. Ma io sono sicura che tu non giudichi. È il tuo più gran difetto e la tua più grande virtù il trovar ragionevole e giusto tutto quello che tutti gli altri fanno, benchè tu sia soltanto la moglie infinitamente innamorata di tuo marito e la madre amorosa de’ tuoi figli. Tu sei tanto buona, Lilì, e non hai poi in fondo ragione alcuna d’essere diversa; per te l’esistenza è un lungo giorno gradito in una amaca cullantesi a l’ombra dolce de li alberi – con tuo marito presso il capo e Gören ai piedi.
Dovresti essere una cicogna madre e abitare sul tetto d’una casa rurale in una capannuccia fatta per te.
Per te la vita è bella e tutti gli uomini sono angioli. Tu sei venuta al mondo sotto tranquilli e sicuri auspici e non hai lottato altre lotte, nè patito altre passioni se non le convenzionali.
Quando avrai ottant’anni sarai ancora l’amante virtuosa di tuo marito.
Vedi come t’invidio? Oh! non per tuo marito: tientelo pure. Non per le tue figliuole così lunghe; io diventerei malvolentieri cinque volte suocera come tu arrischi di diventare. Io invidio la tua inesauribile, inestinguibile gioia di vivere.

Scarica gratis: L’età pericolosa di Karin Michaëlis.