Questo saggio fu pubblicato in Italia nel 1921 con la traduzione di G. Sanna, dall’originale tedesco Klassenkämpfe und Diktatur des Proletariats in Ungarn, che era uscito nel 1920. La prefazione all’opera fu scritta da Karl Radek.

Si tratta, diremmo oggi, di un instant book scritto praticamente mentre si svolgevano gli avvenimenti descritti, da uno dei protagonisti della vicenda politica. Si parte con la dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico, con la Rivoluzione dei Crisantemi del 30-31 ottobre 1918; da questa seguì in Ungheria la Repubblica Democratica borghese del conte Károlyi, in cui le forze socialiste democratiche assunsero il governo di un paese stremato dalla guerra e circondato da truppe dell’Intesa, ed intrapresero la strada riformista anziché quella rivoluzionaria della vicina Russia bolscevica.

Ma a febbraio 1919 l’arresto di tutto il gruppo dirigente del Partito Comunista Ungherese, con l’accusa infondata di avere compiuto un attacco alla redazione del giornale governativo “Nèpszava”, e il contemporaneo ultimatum delle truppe del colonnello Vix, che intendeva occupare parte del territorio ungherese al confine della Romania, per conto dell’Intesa, fecero precipitare la situazione. Il governo della Repubblica Democratica si dimise, sostituito da un governo sovietico, a guida del socialista Garbai ma con il ministro degli esteri comunista Béla Kun, che ne costituì la figura più influente. L’autore cita nella prefazione come, nel governo sovietico, egli ricoprì la carica di ministro della Guerra e come tale il suo sguardo sugli avvenimenti di quei mesi risulta dettagliato, oltre che emotivamente partecipato.

La Repubblica Sovietica durò pochi mesi, dal 21 marzo 1919 al 2 agosto dello stesso anno, quando i suoi protagonisti comunisti, tra cui Kun e l’autore, ripararono a Vienna mentre la controrivoluzione restaurò la Repubblica Democratica borghese.

Le cause e le conseguenze di questi avvenimenti sono analizzate attraverso la lente della critica marxista, ma senza che la testimonianza di prima mano perda di freschezza trincerandosi dietro l’ideologia. Vediamo quindi descritte le divergenze tra socialdemocrazia e comunismo, tra riformisti e rivoluzionari; l’appoggio dell’esercito ai borghesi, e gli sforzi per la creazione di un Esercito Rosso a base popolare e non borghese; i contatti con i rivoluzionari russi, che offrono entusiasmo e buoni consigli ma nessun appoggio di truppe; l’impossibilità di ottenere una sollevazione analoga da parte della classe operaia dei paesi dell’Intesa, che alleviasse la pressione ai confini e mitigasse le condizioni dei trattati, volte a ridurre il territorio degli sconfitti ungheresi a vantaggio dei vincitori, in particolare serbi e romeni.

Ma la causa principale della sconfitta è comunque ascritta da una parte alla mancata collaborazione della “burocrazia” borghese alle sorti della repubblica sovietica; dall’altra alla mancata adesione della popolazione contadina alla rivoluzione. I rivoluzionari tramite riforme agrarie intendevano unire gli interessi della classe operaia cittadina a quelli dei contadini, ma queste riforme solo parziali non si compirono in tempo, risultando in una contrapposizione, che provocò ulteriore indebolimento della popolazione urbana, già affamata dagli anni di guerra. I tentativi di riforme scolastiche e sanitarie, unite alla sciagurata scelta proibizionista sugli alcoolici, non costruirono una solida base popolare in appoggio alla repubblica sovietica, che dopo alcuni successi militari, venne infine sconfitta dalle truppe dell’Intesa.

Molti anni dopo la pubblicazione, il libro rivestì una tragica importanza per la vita dell’autore, all’epoca delle purghe staliniane del 1936-38, quando, nel clima di sospetto che circondava i fuoriusciti a Mosca, fu sufficiente l’accusa di trotskismo rivolta a Karl Radek, autore della prefazione, per espellere Béla Szántó dal Partito Comunista ed in seguito arrestarlo, insieme con diversi famigliari impegnati in politica.

Sinossi a cura di Gabriella Dodero

Dall’incipit del libro:

La rivoluzione russa, specialmente la rivoluzione di ottobre, esercitò immensa influenza sul proletariato ungherese. L’avido e cupido contegno delle potenze centrali a Brest-Litovsk eccitò la classe lavoratrice ad immediata attività:

Abbasso la guerra!
Vogliamo la pace!
Viva il proletariato russo!

Queste erano le parole d’ordine del proletariato ungherese nel gennaio del 1918. Con queste parole d’ordine la classe lavoratrice si mise in isciopero, aprendo così la serie dei suoi movimenti rivoluzionarî.
Questa massa era rivoluzionaria. Ciò significa però soltanto un inconscio istinto rivoluzionario degli oppressi, giacchè un immenso abisso separava i capi dalle masse. I capi erano sdrucciolati nella palude dell’imperialismo wilsoniano, mentre al contrario la massa voleva la lotta di classe, ma si trovava a non aver duci rivoluzionarî. Non vi era nessuno allora, come in generale non vi fu mai alcuno nel movimento operaio ungherese, rimasto sempre semplice movimento sindacale, che volesse porsi alla testa delle masse con propositi rivoluzionarî.

Scarica gratis: Le lotte di classe e la dittatura del proletariato in Ungheria di Béla Szántó.