Le poesie di Biagio Zagarrio comprese in questo e-book radunano i tre testi poetici dell’autore, sottraendosi a un rigoroso criterio bibliografico. Infatti le raccolte del 1939 (Il turno) e del 1949 (Sereno) contengono poesie presenti anche nelle raccolte precedenti (in particolare Gli uomini della Piana, 1934). Nell’edizione di riferimento tutte le poesie sono state raccolte, eliminando, come è abbastanza comprensibile, quelle “doppie”, scegliendo di pubblicare l’ultima versione qualora si riscontrasse una revisione da parte dell’autore. Va da sé che questo comporta una perdita da un punto di vista del rigore filologico.
Gli uomini della piana era dedicato, nella sua veste originale “ai miei genitori sempre vivi nel mio ricordo”.
Biagio Zagarrio sceglie, nella sua ispirazione, di rappresentare il mondo del lavoro, dei sacrifici, della miseria, talvolta della fame. Parliamo di testi pubblicati nel periodo fascista che sorvegliava attentamente le tematiche culturali prediligendo come è noto la retorica dell’epoca tesa a celebrare i fasti dell’impero. Per avere un’idea del tipo di poesia che il regime prediligeva basta pensare a Passeggiata nel sole di Malpassuti, presente in questa stessa biblioteca Manuzio.
Scelta controcorrente quindi, che si accompagna all’espressione dei sentimenti suscitati dalle sue proprie esperienze. Abbiamo quindi le poesie legate alla sua esperienza bellica in Tripolitania (Tripoli, Ghibli) poi alla sua permanenza a Chiavari (Il Tigullio, Chiavari), alla sua terra natale, e alla città dei suoi studi, Catania, con la poesia, un vero gioiello tra le altre, Gli uomini della piana, con la lotta alla violenta devastazione del vulcano Etna che nel 1928 annientò la cittadina di Mascali. Anche Carrara, dove il poeta ha lavorato per un breve periodo, viene immortalata in una lirica. La critica fu sempre favorevole alle prove di questo poeta oggi dimenticato. Il Turno, che fu edito da Guanda con veste editoriale molto elegante e che si avvalse della autorevole prefazione del poeta Elpidio Jenco, fu accolto dalla recensione – su “Il Meridiano di Roma” – di Bortolo Pento, anch’egli poeta ma pure critico e saggista, che definisce queste poesie
“canti brevi dal respiro pacato, fiducioso. Ciascuna composizione nasce e si svolge per entro l’essenza d’un chiaro atto affettivo, il quale sia stato immerso nel clima della trasfigurazione lirica. I versi sono contrassegnati da un’estrema semplicità di dizione, da una castità, da un lindore di forme, a cui l’autore ha saputo giungere attraverso l’uso sapiente dei mezzi più sobri e, in pari tempo, più spontanei”.
E, più avanti:
“Abbiamo amato soffermarci un po’ a lungo su questo libretto, perché l’autore di esso è uno di quei giovani poeti (pochi) i quali, mettendo a profitto tutti gli elementi positivi delle laboriose e varie esperienze poetiche, realizzatesi in questi ultimi decenni (fra cui, ed in notevole misura, frammentismo ed ermetismo), sono riusciti a trovare la via che dovrà condurre alla rivendicazione del sentimento, cioè a quella che dovrà essere la nuova poesia d’oggi”.
Il poeta pugliese Raffaele Ferretti scrisse a proposito della raccolta Gli uomini della piana che
“…le poesie […] sono condotte senza alcuna metrica secondo i canoni della nuova poetica. Dense di pensiero, spigliate e sobrie, possedevano tutte, nonostante le parole in libertà, una notevole cadenza di ritmo e una composta armonia”.
Troviamo la descrizione delle sofferenze di vita dei contadini siciliani, ma anche degli operai del nord Italia. In ogni caso l’autore fa vibrare in maniera efficace la corda del riscatto delle classi più misere ed oppresse.
Nel 1949 la raccolta Sereno ricevette il premio letterario Viareggio, insieme al romanzo di formazione di Ugo Moretti Vento caldo. Nella raccolta Sereno in pratica l’autore compendia i ricordi degli affetti e degli ambienti che hanno caratterizzato la sua vita. Nel 1954 Giuseppe Pratesi scrisse che
“il poeta Zagarrio ha saputo trovare la sua voce, abbandonandosi ingenuamente alle prime sensazioni che sono sempre le più vere e le più sincere”.
Quello che oggi mi sembra giusto sottolineare è come Zagarrio sia da annoverare tra gli interpreti più efficaci per il raggiungimento di una sintesi individuo-società; la poesia appare in genere più legata al polo dialettico della soggettività, dell’interiorità, del sentimento. La complessità del rapporto dialettico cultura-società che garantisce reciproca implicazione e tuttavia reciproca autonomia si può realizzare in poesia col rapporto dialettico ulteriore e più delicato, tra individualità e collettività, tra io e noi, profonda libertà dell’animo e impegno intersoggettivo. Difficile conseguire un equilibrio di questo genere e il poeta che riesca ad avvicinarvisi compie un passo verso la poesia che conta, la poesia che resta. Per questo credo che possa essere importante affiancare questa “riscoperta” del progetto Manuzio al lavoro di Giovanni Scala, che ho già citato in sede di nota biografica dell’autore, anche come tentativo di riavvicinare alla poesia quei lettori che oggi indubbiamente ha perduto.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
La prima poesia del libro, Ghibli:
Passa e sull’arena delle dune
segna la sua orma vana.
Ha raccolto il calore delle sabbie
lungo il cammino nei silenzi
assolati del deserto
per portarlo a stemperarsi in mare.
Annaspano, sperduti nel grigiore,
i melagrani in cerca di respiro
e le panne piegano le chiome.
Le donne dietro le grate
han brividi nuovi,
chè sui colpi il vento
ha il respiro dell’amante.
Nel deserto i cammelli piegano il ginocchio.
Immobili nei loro barracani
gli uomini della carovana,
aspettano che l’impeto si smorzi.
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