Lo chèque rubato.

di
Egisto Roggero

tempo di lettura: 15 minuti


I.

Il Prefetto dopo una lunga meditazione che si protrasse qualche minuto alzò la testa e disse:
— Il caso è complicato assai.
E guardò intorno, in giro, con l’aria dell’uomo perplesso e del tutto disorientato che cerchi qualcosa che gli porga un aiuto o una ispirazione.
Gli altri tre personaggi seduti intorno al degno funzionario tacevano, immersi ne’ proprii pensieri.
Essi parevano costernati.
Due erano cugini del Prefetto – fratello e sorella – e il terzo era un oculato e destrissimo funzionario, addetto alla Polizia secreta, sul quale il signor Prefetto faceva grande assegnamento, pel quale nutriva la massima fiducia, e al quale ricorreva sempre ne’ casi, come questo di ora, strani e difficili.
E il Prefetto ripetè:
— Il caso è complicato davvero!
Nessuno dei tre fiatò.
La cugina – una bella signora a lutto profondo, pallida e distinta – alzò gli occhi al cielo, poi portò sopra di essi il fine fazzoletto di battista.
Il fratello di lei – il cugino – mandò un gran sospiro, e arruffò, con le dita, nervosamente la bella barbetta nera….
Il funzionario di Polizia borbottò:
— Mah!…
E i suoi occhietti furbi, pieni di vita diabolica e di malizia, parevano anch’essi inquieti e sconcertati.
E ciascuno s’immerse ne’ proprii pensieri.
E del gabinetto privato del signor Prefetto rimase assoluto padrone per un momento il silenzio più profondo, grave dei pensieri più neri e più reconditi.
La sola lampada a becco Auer, seguitava tranquilla e indifferente a effondere la sua luce bianca e fredda, sopra il gran tappeto verde del tavolo prefettizio e su quelle teste serie e meditabonde.
Il caso era strano veramente.
Il padre dei due giovani cugini del signor Prefetto – un vedovo sessantenne valido ed e eccentrico oltre ogni dire – aveva sei giorni avanti abbandonato la propria villa ne’ sobborghi ove divideva la sua agiata esistenza con i due figliuoli, per recarsi in città per alcune ore.
Aveva promesso ritornare per il pranzo, la sera.
Ma invano i due suoi figli lo avevano atteso al desinare.
Era arrivato invece, sul tardi, un messo del signor Prefetto il quale recava una tremenda notizia.
Il vecchio signore era stato trovato cadavere – colpito da una sincope mortale improvvisa – nel profumato quartierino di una giovane signora, già ballerina, ed ora molto nota per la sua elegante emancipazione….
Il Prefetto aveva disposto che il cadavere fosse tolto, compiute le formalità di legge, dal troppo…. mondano appartamento ove era stato colto dal male e che fosse recato in luogo più adatto perchè potesse essere vegliato, nella sua ultima notte terrena, da’ figliuoli derelitti….
Questi avean così avuto notizia, con la morte del padre, della non bella relazione di lui con la donnina del quartierino profumato, e nello stesso tempo la spiegazione delle tante frequenti sue gite in città….
Ma una straordinaria circostanza era emersa.
I figliuoli avean rivelato che il loro padre soleva recare con sè da qualche giorno una cedola – uno chèque che rappresentava per il vecchio e per loro grande parte del patrimonio di famiglia – una cedola del valore di quasi mezzo milione, che l’eccentrico signore aveva voluto, partendo, recare indosso, per uno strano o inspiegabile capriccio….
Appena superato il primo momento di legittimo e sacrosanto dolore, il figliuolo aveva pregato gli astanti di fare ricerca sul cadavere del portafogli, ove doveva essere l’ingente valore.
Il portafogli era stato trovato intatto, nelle tasche del defunto.
Ma lo chèque non vi era più.
Esso era sparito.
Evidentemente era stato rubato!
La scoperta, unita alla morte improvvisa del padre, era stato un colpo tremendo per i due giovani.
Quello chèque per loro rappresentava la ricchezza: la sua perdita equivaleva alla povertà.
Il Prefetto – appena saputa la cosa – aveva chiamato a sè il funzionario che abbiamo veduto taciturno e perplesso, e lo aveva messo a parte del fatto.
La prima cosa tentata era stata naturalmente un abile interrogatorio della galante amica del vecchio signore.
Ma essa era caduta dalle nuvole, e, assumendo riuscitissime arie di colombella sgomenta e atterrita, aveva saputo deludere molto bene e sviare i sospetti dell’astuto poliziotto.
Il suo olezzante appartamentino era stato frugato, rovistato, messo sottosopra, in tutti i modi.
Invano.
Nulla era stato trovato.
Si erano interrogate le domestiche e tutte le persone che avevano avuto contatto con la donnina.
Nulla ora stato possibile scoprire.
Dove però il poliziotto aveva indagato, frugato, rigirato maggiormente era stato presso un certo figuro sospetto, molto noto alla Questura.
Era costui il fratello della…. elegante sorella.
Questo bel tipo – che amava darsi l’apparenza di artista e da bohèmien – era uno de’ tanti miserabili spostati della vita, come la sorella lo era da tempo, della vita…. onesta.
Viveva in una soffitta che – per amore dell’arte, diceva lui – aveva camuffato da studio.
Tele imbrattate, vecchi panni, due chitarre scordate, fasci di giornali la popolavano bizzarramente.
In un angolo era uno sgangherato lettuccio sul quale l’artista faceva i suoi sonni, durante le poche notti che trascorreva nello stambugio, e sul quale cadeva a sghimbescio ubbriaco al ritorno dalle sue orgie e gozzoviglie, dovute alle liberalità e alle grazie della generosa sorellina….
E pure, questo triste degenerato, non era stato privo – ne’ suoi bei tempi – di un certo lampo di genialità.
Qualche suo quadretto era piaciuto, era stato lodato e anche comprato!…
Ma un triste destino – il destino del vizio e dell’abbiezione – pareva posare su di lui come sulla bionda testa – troppo bionda per essere vera! – della sorella.
Nell’artistico stambugio di costui si era indugiato a lungo il poliziotto che conosciamo. Le tele erano state accuratamente rovistate e passate una per una in rivista, i vecchi abiti, le chitarre scordate, ogni cantuccio era stato frugato, smosso, visitato.
Nulla.
Lo chèque non appariva da nessuna parte.
Come fare?
Prove non se ne aveva alcuna!…
E pure lo chèque ricercato in ogni angolo della villa del defunto, richiesto a tutti i banchieri in relazione con il vecchio signore – non si trovava!
I due disgraziati figliuoli n’erano costernati.
E nel salottino quieto del Prefetto, davanti ai due giovani attoniti e afflitti, questi ripetè por la terza volta:
— È un caso difficile davvero!
E il buon funzionario girò ancora una volta in giro gli occhietti furbi o pieni di malizia, in cerca di un aiuto o di una ispirazione.

II.

E intanto, in quello stesso momento, in una tiepida saletta di un elegantissimo e molto – troppo – profumato quartierino della stessa città, un certo giovanotto magro, dalla zazzera e dagli abiti puro bohèmien, ridendo nervosamente e ammiccando gli occhi inquieti e affondati di vizioso e di vecchio precoce, diceva ad una graziosa ma troppo bionda donnina:
— Dunque, sorellina, hanno tormentato anche te, non è vero?…
La donnina s’era alzata spaventata.
— Taci, per carità, non ti fare sentire!
E corse a chiudere le porte.
Poi mormorò, fremendo ancora, sotto la troppo ampia e fluttuante vestaglia:
— Ne ho ancora tanta paura!
L’altro sorrise e accese una sigaretta.
— Ti hanno frugata tutta, non è vero?
— Tutta – gridò la donnina, indignata, battendo il piede.
E scagliò il pugno contro un nemico lontano per fortuna in quel momento, ma, lo si vedeva, molto odiato e cordialmente.
— Lasciali fare – borbottò il fratello – lasciali. Il tesoro è con noi: e non scappa!
E si lasciò cadere lungo disteso sopra una delle poltroncine di seta che scricchiolò sotto l’urto villano.
— Ah! – mormorò egli con un grande respiro – ah! finalmente! Eccola in mano nostra questa fortuna, questa ricchezza, questo oro maledetto che tanti uomini – io pel primo – e tante donne – tu per la prima – ha fatto, e farà, piangere e delirare e scoppiare mille volte!…
E riprese:
— Siamo ricchi finalmente! Ricchi! Oh che bella parola! E dopo tante fatiche io e…. te, per raggiungerla, questa felicità, senza riuscirvi mai un cavolo! Eccoci arrivati, finalmente e per chi? per merito mio! Nega se lo puoi.
— Sì, ma parla piano – mormorò la sorella.
— Ma chi vuoi che ci senta? I muri forse?
— Non so, ho paura di tutto.
— Sei una sciocca.
— Eh, chi lo sa!
— Sei una sciocca, ti ripeto! Se non era per me tu te lo lasciavi portar via con il tesoro in tasca. Bella cosa sarebbe stata! Io, invece l’uomo dalle idee brillanti e di genio – io, subito, appena l’ho veduto dirigersi al gran viaggio dell’al di là: «facciamogli una visitina alle tasche?… un ricordino, via, un ricordino solo, lo avrà bene, per lasciare agli amici che abbandona per sempre! Gli amici che lo hanno tenuto tanto allegro!» Tu ti sei messa a gridare come un’oca che avevi paura! Hai sempre paura, tu! Benedette donne!
— Parla piano.
— E io, giù!… Una tastatina ai bassi fondi…. sociali, cioè alle tasche dei signori, dei ricchi. Una, due, tre! io era uno straccione! ed eccomi milionario…. o quasi.
— Parla piano, ti ripeto.
— Sono pazzo di gioia, questa volta! E non sono ubbriaco!… Dove sei dunque, o mio bel tesoro? come si canta non so più dove. Vediamo, esci alla luce! mostrati rutilante di future delizie, di gemme e di…. bei biglietti da mille!
E così dicendo il triste giovane si tolse una spilletta dalla cravatta, una spilletta d’oro, nel cavo del cui gambo, finissimamente attorcigliato era il sottile chèque della Banca di Francia che rappresentava la fortuna pianta dai due eredi del morto signore che conosciamo.
— Guardalo, sorellina, guardalo come ci osserva! come ci ammicca! come ci sorride, c’invita, ci lusinga! Fa concorrenza ai tuoi occhi superbi, o mia bella germana! Ma guardalo, dunque….
— Taci…. ho paura.
— E dalli con questa paura! di che hai paura dunque? di essere ricca, una volta?… Sei ben sciocca!
— Non so, non comprendo… ma ho paura.
— Del resto se non la vuoi, tu, la fortuna…. se ti fa paura, come dici…. peggio per te! Lasciala tutta a me. Non dubitare che a me non pesano i bei biglietti da mille!… A me non fa paura quest’oro che ho cacciato tanto, sempre e…. invano!
La sorella pareva pensosa.
— Ed ora che cosa conti di fare?
— Mah! prima di tutto lasciar passare alcuni mesi. Per non cader nel laccio, capisci. Poi si fa un bel viaggetto…. si va a Parigi, alla Banca di Francia…. si riscuote….
— Mi sembri troppo sicuro del fatto tuo, tu.
— O bella! maggior sicurezza di quest’amabile fogliettino che tengo deliziosamente in mano! Dove vorresti trovarne l’eguale?…
— Speriamo.
— Rimettiamolo nella sua custodia! Non si sa mai! – e così dicendo il mariuolo rimetteva lo chèque nella sottile sua guaina d’oro. – Mi facevano ridere ieri, que’ due importanti personaggi, il signor Prefetto – ha una bella barba, però! – e il suo riverito scagnozzo! Erano intorno al tavolo – un gran tavolone verde – e mi tenevano fitti gli occhi addosso. Speravano di farmi impappinare, come quegl’infelici piccoli borsaiuoli coi quali sono usi a trattare ogni giorno! E io impavido. Sono stato superbo: grande – lo sento da me. E mentr’essi mi fissavano con quegli occhi che mi trapanavano quasi per cercar di frugarmi dentro, io me la rideva di cuore. «L’ho qua, l’ho qua, scimmiotti» mi veniva voglia di gridare «l’ho qua, a due dita dal vostro naso e dal vostro illustre cervello! Allungate una mano ed è in vostro potere! Ebbene, no, non potete, vi sfido, trovatelo se potete!…»
— Per carità, caro mio, non ti esaltare così!…
— Sono ebbro, alcoolizzato di gioia, ti dico, sorellina bella! – gridò il mariuolo ridendo.
— Ed io sono stanca, ho sonno – mormorò la donnina stirando le braccia.
— Questo può essere vero…. e lo comprendo – mormorò il triste fratello – dopo tutte le commozioni della giornata!
— Ho sonno – ripetè la donna – va a dormire.
Il fratello si alzò e le fe’ un burlesco inchino.
— Ti ubbidisco.
E continuò:
— E approfitto con entusiasmo del soffice letto che la tua generosità e la tua…. paura t’hanno spinta a mettere a disposizione d’un fratellino prezioso come quello che tu hai ora dinanzi tutto a tua disposizione.
Giacchè la galante sorella, turbata dopo la tragica morte in casa sua del vecchio amico, aveva pregato il fratello di lasciare per alcune notti l’artistica sua soffitta per venire a tenerle compagnia, nel frattempo che cercava un nuovo alloggio che le facesse dimenticare il lugubre dramma di quei giorni.
E pochi minuti dopo, mentre la sorella si gettava, affranta veramente dalle varie commozioni della giornata, sul suo letto, il pittore mancato si sdraiava con delizia e voluttà sopra il morbido letticciuolo che la buona Mary, la cameriera della sorella, gli aveva allestito nell’anticamera.
— Il colpo è fatto! – andava mormorando mentre assaporava il dolce tepore e la morbidezza delle materassine finissime – ormai eccomi gran signore! Il mio sogno d’artista e di viveur! Ah!
E preso tutto dalla strana irrequietezza che da sei giorni lo teneva tutto eccitato e fremente, si ravvoltolava sotto le coperte, e il suo cervello mulinava:
— Ricco! ricco!… Ah! che bella cosa!… E pensare che quel bel figuro di Sua Eccellenza il signor Prefetto…. Ah, io scoppiava davvero! Sì, a due dita dal suo naso…. lo chèque…. lo chèque famoso…. il tesoro…. la ricchezza…. l’avvenire…. a due sole dita! Ah, caro signore, io vi vedeva agitato, turbato, anelante, perchè vi sentivate disarmato contro di me…. il vero padrone del tesoro…. o non potevate, nè lo potete, far nulla!… Mentre bastava per voi allungare la mano…. tac! acciuffare questa spilletta d’oro!… Ma no, non immaginerete mai, mai, com’era facile, com’era vicina, come….
E il cervello eccitato del triste soggetto si ostinava malgrado, con istrana fissità, sopra questo pensiero.
E lentamente – nella stanchezza del corpo stracco per l’irrequietezza nervosa di tanti giorni – quest’idea della semplicità con la quale era riuscito a celare e a rendere impossibile la scoperta dello chèque rubato al Prefetto, prese quasi l’apparenza di un sogno, di un leggero incubo affannoso, che aveva qualcosa di bizzarro, di nuovo, di morboso….
Ad un tratto la testa gli cadde di peso, affondata nei guanciali.
Dormiva.
Un sonno profondo, strano, catalettico, quasi.

III.

Una grande scampanellata svegliò sull’alba, i due figliuoli del vecchio defunto, riusciti a prendere un breve riposo dopo la lunga notte insonne, grave di pensieri e di tristezze.
Il servo bussò all’uscio del giovane.
— Signore – disse egli – un bigliettino urgente del signor Prefetto….
Il giovane, fregandosi gli occhi stanchi, stracciò la busta e nella penombra della camera lesse il laconico bigliettino:

«Vieni subito da me – Tuo cugino».

Il giovane si vestì alla lesta, turbato, indeciso, non comprendendo nulla.
Appena giunto alla Prefettura – erano le prime ore del mattino, come si è detto – l’usciere l’introdusse nel gabinetto particolare del signor Prefetto.
Costui, nervoso ed allegro, passeggiava in lungo e in largo la breve stanza, attendendolo.
Un’allegra fiammata ardeva nel caminetto.
— Finalmente! – gridò il degno funzionario appena scorse il giovane cugino.
E gli corse incontro.
Lo trascinò sino al tavolo, poi gli gridò in volto:
— Vittoria!
Il giovane lo guardò.
— Come?
Egli non comprendeva.
— Vittoria! Vittoria! non comprendi dunque?
Il cugino taceva titubante.
— Lo chèque….
— Ebbene? – mormorò.
— Trovato!
— Cosa dici?
— Trovato! comprendi? trovato….
Il giovanotto non credeva alle sue orecchie.
— Trovato? – ripetè.
— Sicuro. Anzi, eccolo, guardalo, è qui: è tuo, lo vedi?
E il Prefetto presentò al giovane sbalordito il famoso chèque ritrovato: vero, autentico, lì davanti a lui, vivo e parlante nella sua realtà!…
Il giovane, al colmo della gioia, non sapeva che cosa dire.
— E come…. come dunque è stato ritrovato?
Il Prefetto ritornò serio.
— Ah! – esclamò – per uno strano, inaudito, straordinario fatto che ora ti racconterò….
E s’interruppe un momento per dire al giovane cugino, che preso tutto dalla gioia per la ricuperata fortuna, non si accorgeva che tremava tutto per il freddo:
— Vieni qua, davanti al fuoco, davanti a questa fiamma, poi ti racconterò il fatto incredibile che ieri sera verso le due dopo la mezzanotte ci è capitato.
E quando furono bene accomodati davanti all’allegra fiamma che diffondeva un tepore delizioso, il Prefetto incominciò:
— Ieri sera dunque….

Mentre questo aveva luogo nel gabinetto del Prefetto, un’altra scena avveniva in un certo appartamentino – troppo profumato – che conosciamo.
Un certo signor fratello, che pure conosciamo, si era svegliato sul far del giorno e sentendosi la testa stretta come da un cerchio di ferro, era andato a tuffare la fronte in un bacino di acqua fresca.
Difatti questo rimedio aveva calmalo subito l’emicrania che gli tormentava le tempie.
Allora, spinto da un capriccio o da una curiosità molto spiegabile, era andato a prendere la famosa spilla che ritrovò sul luogo ove la sera innanzi l’aveva accuratamente posata.
E aveva cominciato a svolgere lo spirale del segreto….
Ma ad un tratto aveva cacciato un urlo.
Pallido come un morto era rimasto un momento senza fiato.
Poi, s’era posto sollecitamente a cercarsi intorno, sul letto, per terra, sui tappeti….
Infine era corso di là, nella camera della sorella, pallido, turbato, frenetico….
— Senti, dunque…. – gridò chino su di lei, a mezzo addormentata ancora o affondata nelle coltri.
— Cosa c’è dunque? cosa vuoi? – s’era posta a gridare la sorella, sorpresa c spaventata.
— Lo chèque, dunque, lo chèque….
— Ebbene?
— Non c’è più!
— Cosa dici, dunque?
— Lo chèque…. sparito…. rubato…. svanito!
— Ne sei ben sicuro….
Il triste giovane le rispose con una bestemmia.
La sorella si alzò di furia.
Ambedue turbati, allibiti, frementi, cercarono da per tutto, frugarono, rovistarono.
Invano.
Il famoso chèque, il tesoro, era sparito!
Dopo un’ora di ricerche fremebonde si lasciarono cadere sfiniti, uno di fronte all’altro.
Lei singhiozzante, lui torvo e cupo.
— Svanito…. portato via…. dal diavolo, forse!… – borbottava lui.

Il Prefetto, davanti al bel fuoco acceso, cominciò, guardando in volto il giovane cugino attonito:
— Ieri sera dunque, dopo che voi eravate partiti, saranno state le due dopo la mezzanotte, io e C. (il funzionario di Polizia che sappiamo) ci preparavamo ad abbandonare questo gabinetto, quando ad un tratto vediamo entrare lento, rigido, automatico come uno spettro…. indovina chi? il famoso pittore, sai, fratello della…. Era entrato senza farsi sentire da nessuno. L’usciere certamente, stante l’ora tardissima, se la dormiva come il solito, e non si era affatto accorto del passaggio dello strano individuo…. Basta. Questo bel tipo si avvicina a noi e senza guardarci (pareva parlasse fra sè) si mette a borbottare frasi sconnesse. Poi grida volto a me e a C.: – Ah, voi credevate scoprire il famoso chèque frugando tra le vesti di raso e le scarpette di quella buona lana di mia sorella!… Poveri gonzi! E avevate il morto a due dita dal vostro naso! Eccolo qua, vedete, eccolo! Ah! Ah! – E si trasse dalla cravatta una spilletta d’oro, dal cui gambo, molto grosso in verità, svolse e cavò…. il vostro famoso chèque!…. Figurarsi come rimanemmo! C…. con un certo suo rapido guizzo felino, nel quale è maestro, s’impossessò tosto della preziosa carta. Ma il triste arnese – pazzo o ubbriaco o addormentato (io non sono riuscito ancora a comprenderlo) non parve essersene accorto affatto. Seguitò a borbottare ancora molte parole, poi ci salutò goffamente e se ne andò, com’era venuto….
— E lo lasciaste andare?
— Credo che sia il meglio che si sia potuto fare!… Ormai quanto ci premeva era in nostre mani! A che pro’ dunque sollevare chiassi e commenti?…
— È vero.
— Il fatto è – concluse il Prefetto – che ormai lo chèque è ritornato nelle vostre mani…. Non vi resta che cercare che l’oblìo cada sulla morte di vostro padre!
— Oh sì! – mormorò il giovane, ritornato triste.

IV.

— È un bellissimo caso di auto-suggestione – disse il celebre dottore M…. dopo che il Prefetto gli ebbe narrato in tutti i suoi particolari il fatto. – Il soggetto, debole già per l’alcoolismo e stravizi, o nervoso all’eccesso, preso dalla sua idea fissa, sapendosi possessore dello chèque da lui involato, ha finito con l’ipnotizzarsi da sè, cadere nel sonno ipnotico, e nello stato morboso di sonnambulismo particolare a questi casi, auto-suggestionato, ha compiuto ciò che doveva ormai fatalmente compiere….
— In altri tempi – interloquì il Prefetto – questo si sarebbe attribuito ad una misteriosa forza della coscienza…..
— Auto-suggestione! – sentenziò il grave dottore. – Bellissimo caso!… Oggi stesso, alla mia lezione, l’illustrerò a dovere ai miei allievi della Università.

Fine.


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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Lo chèque rubato.
AUTORE: Egisto Roggero

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
https://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

TRATTO DA:I racconti meravigliosi / Egisto Roggero. - Milano : La poligrafica, 1901. - 257 p. ; 20 cm.

SOGGETTO: FIC000000 FICTION / Generale