Anni fa la lingua anglosassone ci ha regalato una nuova parola, il ghosting, che pur non essendo recente – pare che il termine sia comparso per la prima volta nel 2010 – è ancora poco conosciuta. Ghosting, come si evince dal suffisso “ghost” che in inglese vuol dire fantasma, significa volatilizzarsi, scomparire, scappare fino a diventare invisibili. E lo si fa da un momento all’altro, andandosene all’improvviso. Il silenzio prende il sopravvento, diventando prova di un definitivo distacco. Si usa soprattutto nei rapporti di coppia ma anche in quelli interpersonali.

Certamente il web e la comunicazione on-line, con i loro tempi veloci e la vacuità dei rapporti tra persone, hanno accentuato questo atteggiamento, che sembra innocuo ma che in realtà nasconde una buona dose di crudeltà. Non che il ghosting sia nato col web, gli stronzi, così come le stronze, sono sempre esistiti, diciamo che nell’era del digitale la cosa è diventata endemica: basta un click per scomparire dalla vita di qualcuno.

Le conseguenze per chi viene abbandonato con questa pratica vigliacca sono enormi, si va dall’umiliazione al disorientamento, lasciando aperta un’enorme domanda: perché? Come è possibile che una persona che fino a poche ore prima diceva di tenerci moltissimo a te può rivelare un disinteresse totale mostrando tanto egoismo? Chi ha subìto ghosting dal partner l’ha definito al pari di un lutto, tanto è lungo e difficile da elaborare.
In psicologia il ghosting viene considerata una forma di violenza, un vero e proprio abuso emotivo, perché il soggetto che fa ghosting, oltre a svanire nel nulla senza chiarimenti, impedisce all’altra persona qualunque contatto: blocca il telefono, chiude i messaggi, mettendo in modo una tattica passivo-aggressiva.
Alla base di questo atteggiamento c’è la mancanza di responsabilità delle proprie azioni, esattamente come una persona che di fronte a una richiesta di dialogo contrappone un ostinato silenzio. La mancanza di un chiarimento porta l’altro a farsi mille domande e a incolparsi di qualcosa di cui quasi mai è responsabile, mentre continua a provare gli stessi sentimenti di prima.

La moderna psicologia va a scavare ancora più a fondo, rintracciando nel ghosting ragioni psicologiche molto profonde, definendolo una messa in scena di “stili di attaccamento disfunzionali”. Cioè, alla base di questo comportamento ci sarebbero relazioni affettive complesse con i genitori, specie con la madre, o comunque con chi si è preso cura di noi durante l’infanzia. Il dolore emotivo, quando viene sperimentato in fasi molto precoci, crea degli schemi che poi si tende a replicare.

Un padre o una madre che si distaccano per mesi o anni dal proprio figlio, o che sono molto impegnati e promettono in continuazione di dedicargli del tempo per poi regolarmente non farlo, innescherebbero questo processo nel futuro adulto. Quell’attesa del piccolo, specie se non motivata, non spiegata, potrebbe indurre l’adulto a comportarsi sparendo, come se ci si ri-appropriasse in qualche modo del trauma subito per riproporlo a sua volta su qualcun altro. Chi ha sperimentato questo distacco infantile non sarebbe in grado da adulto di avere una relazione sana che si basi sul confronto, dimostrando una scarsa capacità empatica.

Quello che si evince dagli studi sul ghosting è che è quasi sempre messo in atto in modo seriale e che la maggioranza dei ghoster sono uomini.

C’è poi un altro aspetto che accomuna i ghoster: la paura di amare, completamente, un’altra persona. L’amore crea dipendenza e chi ne ha paura teme di lasciarsi andare diventando una sorta di “marionetta” nelle mani del partner. Il ghoster quindi, per mantenere il controllo, sparisce prima di essere lasciato. Un modo molto immaturo di gestire i sentimenti.

Scappare dalle proprie responsabilità, da un dialogo, da reciproche spiegazioni è quindi una vera e propria forma di violenza e non è certo segno di maturità. É un modo per aggirare una situazione scomoda, una dannata paura del conflitto e del contraddittorio, una scorciatoia pericolosa che fa molti danni. Il ghoster non vuole prendersi la responsabilità che, ad esempio, la fine di una relazione o di un rapporto di amicizia sia colpa sua: fuggendo non elabora le conseguenze delle proprie azioni. Non vuole assistere alla perdita di stima nei suoi confronti e non partecipa al dolore fisico e psicologico che si è depositato nella mente dell’altro. Inconsciamente è come se quella perdita non esistesse o non fosse mai accaduta.
Si va invece a minare profondamente l’autostima dell’altra persona che resta in un limbo di dubbi e sensi di colpa, di domande senza risposta, impossibilitata a prendersi qualunque tipo di rivincita, come in qualunque relazione normale. É un non chiudere dei conti in sospeso che rimangono sulle spalle dell’altro. Ed è sempre una non scelta per chi la subisce.

Il ghosting è egoismo, una forma di vittimismo che nasconde una forte fragilità emotiva, una tecnica vile e superficiale per sganciarsi da qualcuno per assenza di coraggio, mostrando mancanza di rispetto verso i sentimenti dell’altro.

(di Agatha Orrico)