In questo secondo volume dell’opera di Capefigue su Carlomagno, composto da tredici capitoli ed una Ricapitolazione finale, il periodo trattato, detto dell’Ordinamento, va dal 768 al 814, sovrapponendosi in parte al volume precedente. Il tema qui non sono più le azioni belliche di conquista, la tattica e la strategia di Carlomagno per ampliare il territorio del suo regno. In queste pagine è piuttosto la narrazione di tutto ciò che caratterizzò la sua attività politica, amministrativa e culturale. Il cap. I contiene la citazione delle corrispondenze diplomatiche di Carlomagno re ed imperatore. Vengono poi illustrati i suoi Capitolari in relazione al diritto romano. Naturalmente una parte notevole è riservata alle opere pubbliche, commercio e industria, lo stato delle scienze e delle lettere, gli usi e i costumi al tempo del grande imperatore.
Capefigue dedica un capitolo all’istituzione dei missi dominici, funzionari che avevano il compito di rappresentare l’imperatore. Erano sempre nominati in coppia, un ecclesiastico e un laico, scelti di norma tra gli appartenenti alla corte imperiale. I missi dovevano tenere un’assemblea di tutti gli uomini liberi, nel corso della quale veniva giurata fedeltà all’imperatore, venivano pubblicati i capitolari e venivano raccolte le eventuali lamentele. Dopo un’analisi del diritto privato ‘carlingo’, delle ‘croniche’, delle tendenze letterarie del periodo, Capefigue chiude la sua opera con la costatazione di quanto sia rimasto in piedi dell’opera di Carlomagno.
Dall’incipit del libro:
I re merovingi aveano concentrato il politico loro commercio nella nazion franca, nella salica e nella ripense, chè assorti nelle discordie e guerre intestine, furon rare volte in commercio co’ popoli dell’antica civiltà. I re di Neustria o d’Austrasia, e quei d’Aquitania o di Borgogna, tra lor contendevansi il possesso delle città e delle provincie, ma quanto alle loro comunicazioni col grande impero d’oriente, con Costantinopoli e col califfato, appena è che se ne trovino di lontanissime e irregolari. Ei sono, come dire, altrettanti capi barbarici, che chieggono dall’imperatore questa o quella dignità di palazzo; popoli appena iniziati nella civiltà, che imitano le forme e le pompe dei principi più inoltrati nel lusso e negli splendori del trono. Il medesimo dir non si può della schiatta carlinga dopo Carlo Martello, chè questo lignaggio conduce a fine una grand’opera; Carlomagno fonda un impero che può per ampiezza contendere col califfato e colla monarchia dei Greci: e come re e come imperatore attiva è la sua corrispondenza, nè solo ei riceve gli omaggi e i tributi dei vinti, ma tiene ancor pratiche regolari co’ papi, cogli imperadori d’oriente e coi califfi.
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