Etzel Andergast è il romanzo centrale della trilogia che inizia con Der Fall Maurizius (Il caso Mauritius, presente qui in Liber Liber) e termina poi con Josef Kerhovens dritte Existenz. Pubblicato nel 1931 vuole soprattutto trattare dei problemi della gioventù tedesca nel primo dopoguerra. È chiaro quindi che il lettore contemporaneo si troverà di fronte ad un ambiente che stenterà a comprendere perché ormai svanito, esaurito; una Germania che non riusciva ancora ad immaginare i giorni drammatici e tumultuosi del Terzo Reich (immaginati però lucidamente nel terzo volume della trilogia) né ancor meno il dramma della Seconda Guerra Mondiale. Ma l’elemento profetico che ha caratterizzato gran parte dell’opera di Wassermann non può sfuggire né passare inosservato.
Il significato spirituale e umano colloca Etzel Andergast su un piano di universalità e certamente lo pone tra i grandi romanzi della letteratura tedesca del XX secolo. Nell’esergo alla pagina del titolo della prima parte del testo è riportato il verso di Heine «Denk ich an Deutschland in den Nacht…» La poesia prosegue: «Dann bin ich um den Schlaf gebracht,/Ich kann nicht mehr die Augen schließen,/Und meine heißen Tränen fließen» [Penso alla Germania di notte e vorrei dormire, non riesco più a chiudere gli occhi e scorrono calde le mie lacrime]. Credo si possa dire che in questi versi è racchiuso l’universo letterario, psicologico e sociale dell’opera di Jacob Wassermann e, in particolare, di questo romanzo. Siamo di fronte forse al testo più potente di questo scrittore. La galleria di personaggi che attraversano queste pagine, la simultaneità delle vicende raccontate che si intersecano tra loro sono alcuni degli elementi che aprono al lettore le porte di un mondo che Wassermann illumina con la forza del suo genio e la sua visionarietà di romanziere.
La narrazione è divisa in due parti, separate da un lasso di tempo di 14 anni. Nella prima il nobile e ricco Irlen contrae la tripanosomiasi durante un viaggio in Africa. Si affida a un giovane medico di provincia, Joseph Kerkhoven, che sotto la modestia e l’umiltà nasconde però risorse intellettuali e umane insospettabili. Il rapporto tra i due sembra capovolgersi e chi trae giovamento è soprattutto Kerkhoven che attratto dalla personalità di Irlen riesce a esprimere al meglio se stesso e a uscire dalla crisalide nella quale sembrava volontariamente avvolto. Indubbie le influenze psicanalitiche su questa narrazione e non si può dimenticare che Wassermann era amico di Arthur Schnitzler; e l’ambiente culturale a Vienna nei primi decenni del secolo XX era certamente permeato delle idee di Freud. La nipote acquisita di Irlen, Marie, moglie del professor Bergmann, finisce per intrecciare una relazione sentimentale col dottor Kerkhoven. Vittima di questo rimane Nina, la moglie italiana del dottore, che vede naufragare la propria ingenua semplicità nella follia.
Nella seconda parte ritroviamo uno dei protagonisti del Caso Mauritius, il giovane Etzel Andergast le cui vicende familiari che conosciamo dal precedente romanzo hanno segnato la personalità rendendolo particolarmente sfuggente ed enigmatico. Tra Kerkhoven, ora affermato ricercatore e direttore di una clinica, e il giovane si sviluppa un rapporto di attrazione reciproca che si svolge con sullo sfondo le vicende di una variegata gioventù di spiantati, rivoluzionari, ambigui sobillatori al limite della provocazione. Attraverso i rapporti di Etzel con questi ambienti della rivolta giovanile (che sono anche gli ambienti all’interno dei quali maturerà la sconfitta del radicalismo di classe e la crescita della gioventù nazista) Wassermann riesce a fare del romanzo una testimonianza storica dell’epoca particolarmente riuscita e importante. Merita qualche parola l’idea di medicina che, se pur ambiguamente, sviluppa Kerkhoven, e che cattura l’anima sensibile di Etzel.
«Il maestro crede a una possibilità di guarigione soltanto prima che la vita professionale abbia inaridito la sensibilità. Egli si riattacca alle discipline di Ignazio di Loyola: lo ritiene uno dei più profondi conoscitori d’anime che siano mai esistiti. S’intende che fa soltanto caso di quello che gli pare utilizzabile. […] Il maestro dice che si rende perfettamente conto che si tratta di mezzi e scoperte antichissimi, d’origine religiosa, ormai dimenticati e disprezzati da noi, […] Se si potesse educare un individuo a sentimenti puri – non è che un’idea, in realtà irrealizzabile, – nove decimi dell’attuale medicina potrebbe esser buttata a mare; […]».
Altrove:
«Ma i dottori, che chiacchiere ridicole! Che modo primitivo di veder le cose, malgrado fossero “all’altezza della scienza”. Gli facevan venire in mente il detto di Molière; la medicina non è che un gergo.».
La pratica clinica e il grande successo di Kerkhoven, che pure apprezza la medicina “scientifica” sembrano più fondati sul complesso dell’individuo, quello che oggi chiameremmo medicina “olistica” e comunque basata sulla spiritualità, sull’interiorità, su forze che difficilmente risultano esteriori e sono invece proprie di una profonda interiorità.
«A un medico che abbia raggiunto il suo grado [riferito a Kerkhoven], vien sottratto il quadro del risultato ottenuto, chè la natura umana diventa sempre più misteriosa, le barriere tra salute e malattia sempre più inconcepibili, il concetto di guarigione sempre più problematico.»
La traduzione italiana ad opera di Alessandra Scalero, che qui riproduciamo, è particolarmente attenta a riprodurre la “densità” del testo tedesco; si capisce che non è una lettura “facile” per un lettore abituato a testi con frasi brevi, dialoghi numerosi e fitti. Qui abbiamo invece periodi lunghi e complessi, con incisi frequenti, spazio per i dialoghi piuttosto ridotto. Il lettore apprezzerà alla fine questo piccolo ma necessario sacrificio che lo porterà all’interno di una delle rappresentazioni più nitide dello spirito mitteleuropeo così diverso, senza dubbio, da quello latino. All’eleganza formale delle frasi la traduttrice ha correttamente preferito il mantenimento della profondità e complessità dell’analisi psicologica.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Per quanto io mi renda conto che gli avvenimenti che sto per narrare non costituiscono, in sè, una catastrofe di portata mondiale, mi sembra tuttavia ch’essi partecipino profondamente alla vita della nostra epoca e fors’anche rappresentino una parte non trascurabile di quello svolgersi di fatti che si potrebbe chiamare storia interiore dell’umanità: terreno in complesso ancora poco esplorato. Se il lettore troverà che questi avvenimenti mancano di quella drammaticità, che agli occhi dei più giustifica una tale pretesa, noi speriamo che le profondità, cui essi attingono, compensino questa manchevolezza. Anche nei più intimi recessi dell’esistenza umana, non v’è fenomeno che non possa dar luogo ai più grandi effetti. È, in certo qual modo, il lavorìo d’una colonia di topi, capace di minare e far precipitare una montagna.
Scarica gratis: Etzel Andergast di Jakob Wassermann.