Scritto nel 1911, il romanzo si svolge in un luogo ben familiare alla Autrice, Novilara, nei pressi di Pesaro, la cittadina dove trascorse l’infanzia con gli zii ed i nonni, dopo la morte dei genitori.

Nel romanzo seguiamo le vicende degli abitanti del borgo, i nobili Lascaris, ricchi di boria quanto poveri di quattrini; i borghesi possidenti, la famiglia Almerici, ormai sulla strada della rovina economica; la nuova classe emergente, con Tigrino del Zongo che ha fatto fortuna in America e procede ad accrescerla ritornato a casa; infine tutti i comprimari, gli abitanti del villaggio. Accanto ai ricordi dell’entusiasmo risorgimentale che ancora animano il nonno, nasce nel nipote l’entusiasmo per le moderne idee di uguaglianza, e scoppiano discussioni a non finire: il padre invece rifugge ogni dissidio, ma ambisce a restaurare le ricchezze ormai compromesse con nuove speculazioni finanziarie.

Ma la storia, come dice l’Autrice stessa nelle pagine introduttive, è destinata a ripetersi, tra l’“epilogo della storia di una famiglia che decade” e il “prologo della storia di una famiglia che sorgerà”. Sull’ambientazione, lasciamo la parola all’Autrice:

«Ho voluto che l’azione si svolgesse tutta in campagna perchè animali e cose ne fossero partecipi; ho scelto le colline del contado novilarese, in quel di Pesaro, perchè, nel limite della mia possibilità, desidero proseguire a illustrare con i miei libri taluni fra i luoghi non degnamente conosciuti di questa nostra Italia, dove ogni pietra ci narra di passati fastigi, ogni zolla ci rivela segni di ubertà e di vaghezza.»

Concludiamo con alcune considerazioni circa i personaggi femminili del romanzo. Le donne si caratterizzano per il loro rapporto differente con l’amore ed il sesso: appassionato per Violante, platonico per Crezia, fuori dal matrimonio per Isotta, Corona e Durantina; e per Marìsa, pervaso di romanticismo ed ingenuità. Personaggi a tutto tondo, che ci appassionano e la cui storia si vorrebbe che non ci lasciasse con l’ultima pagina.

Sinossi a cura di Gabriella Dodero

Dall’incipit del libro:

La stella di Venere, sola a ornare il silenzio vasto del cielo soffuso di bianchezza nella soavità dei primi albori, entrò per la finestra nel salone della casa addormentata e incoronò di piccoli raggi la fronte di Iulia bella, che rispose al saluto irradiandosi di fulgori.
Iulia bella non sorrideva con facilità; anzi si dilettava di rimanersene cinta di mistero sopra il fondo del piatto amatorio, dove un vasaio di Castel Durante l’aveva collocata in effigie, dotandola di venustà squisita fra la doppia lista dei capelli assettati dietro le orecchie e segnati di colore acceso per una fettuccia scendente dal capo, lungo le gote, fin sopra le spalle cariche a dovizia di pendagli e catene.

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