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Pubblicato nel 1902 e mai ristampato in seguito, il romanzo è il primo dell’autrice, che in precedenza si era dedicata con scarso successo alla poesia ed al teatro.
L’opera segue con tono di sincera compartecipazione, ma anche con un filo di ironia e voglia di sorridere, le vicende di Ebe Balducci e della sua famiglia. Vivono a Roma, in una città descritta con pochi tratti che dimostrano l’affetto dell’Autrice; l’ambiente sociale è quello della piccola borghesia, ricca di contatti umani con persone di censo e cultura differenti, che riescono a interagire proficuamente per il bene reciproco. Oltre ai Balducci, c’è la famiglia Vinciguerra, portinai del palazzo, ed i vicini Dante Alighieri, maestro, e la signorina Antiferri, insegnante di francese. Il romanzo segue il passaggio di Ebe dalla fine dell’adolescenza alla maturità, un periodo in cui la giovane si trova costretta a lasciare i suoi sogni di artista ed accettare un lavoro che non ama, per contribuire al sostentamento della famiglia; la ritrovata agiatezza le consente infine di scegliere in autonomia il proprio futuro.
Fra i personaggi, alcuni sono caratteri stereotipati con la sola funzione di introdurre insegnamenti morali, ma la maggior parte hanno personalità autonoma e credibile. Al giorno d’oggi, ci colpisce anche l’utopia di Leonardo, il padre di Ebe, che dedica la sua vita al sogno di ricavare energia elettrica dal sole, scontrandosi con quello che è tutt’ora il grande limite di questa fonte “pulita e rinnovabile”, cioè la difficoltà di immagazzinarla.
Romanzo tra il sociale ed il verista, Ebe contiene una denuncia della “vendita” dei fanciulli di famiglia povera a sensali del lavoro, che li impiegano come operai-schiavi in lavori pericolosi, tenendoli malnutriti e maltrattati, all’insaputa delle famiglie che li credono provvisti di un lavoro ben remunerato e sicuro.
Sinossi a cura di Gabriella Dodero
Dall’incipit del libro:
Ebe! Ebe!»
La fanciulla, riconoscendo la voce aspra e un po’ chioccia della zia Marta, si fermò a sommo della salita di Sant’Onofrio, e accennò con la mano ch’ella entrava nel chiostro.
Al gesto rispose un’altra esclamazione irosa; ma Ebe non vi badò e, mentre il restante della brigatella si avanzava per la viuzza ripidissima, la giovanetta salì rapidamente la gradinata che conduce al chiostro ed entrò nel cortile, muto e deserto in quel pomeriggio dell’ultima domenica di agosto.
Non una voce suonava, non un alito di vento circolava sotto il colonnato quadrangolare, dove la vita pareva sospesa da secoli, come in quei grandi orologi che, dimenticati sulla cima di qualche torre, segnano le stesse ore da tempo immemorabile.
Ivi regnava un raccoglimento così grave e solenne che sarebbe parso di essere in una tomba, se un raggio di sole, che andava obliquamente dall’uno all’altro lato del recinto, non avesse fatto brillare la parete mobilmente diafana de’ suoi pulviscoli d’oro, portando nell’austerità del luogo una nota della gaiezza circostante.
Ebe, diritta, immobile, con la bionda testa immersa nella luce e i grandi occhi azzurri spalancati, restava intenta e sospesa, nella speranza forse che il silenzio le narrasse ignote cose di epoche lontane, o che l’anima dell’infelice poeta, quivi morto da più di tre secoli, avesse serbato per lei sola un canto mai scritto e gelosamente custodito sotto il suggello della tomba.
Scarica gratis: Ebe di Clarice Tartufari.