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Una straordinaria capacità della calotta cranica, in base agli studi eseguiti da Fabio Frassetto sulle sue ossa nel 1921 e il progetto di un film mai realizzato
Nei 700 anni della morte di Dante Alighieri ricordiamo gli studi antropologici eseguiti nel 1921 tra Bologna e Ravenna, in occasione del precedente centenario. Un contributo importante che con perizia scientifica, descrive quello che deve essere stato il volto di Dante, con alcune differenze rispetto all’immagine tramandata dall’iconografia classica nei secoli, da Giotto al Codice Palatino, dal Vasari alla maschera funeraria scoperta nel 1830.
Il lavoro viene commissionato dal museo dantesco e approvato dall’allora Ministero dell’educazione popolare del governo fascista. Tre, principalmente, gli scopi di questo studio sui reperti ossei: verificarne lo stato di conservazione, ricongiungere alcuni frammenti che erano stati rubati dai fiorentini a Ravenna (dove i francescani li avevano conservati per secoli) nel 1865 e, come già anticipato, aggiornare i dati sui cranio di Dante alla luce dei recenti progressi scientifici.
Il lavoro è affidato all’antropologo Fabio Frassetto che in quel periodo è già un luminare. Nato a Sassari nel 1876, laureato in Medicina e allievo di Cesare Lombroso, titolare della cattedra di antropologia all’Università di Bologna dal 1904, che terrà per oltre 40 anni, esegue gli studi di ricognizione sul cranio di Dante, aiutato dal collega Giuseppe Sergi.
La ricognizione dei reperti si svolge in tre giorni, dal 29 al 31 ottobre 1921, all’interno del museo dantesco di Ravenna. Frassetto chiede all’allora sovrintendente ai musei Corrado Ricci, di poter realizzare un calco del cranio di Dante ma Ricci rifiuta, temendo di danneggiarlo. Riesce però a scattare sei foto a grandezza naturale ai resti.
Dai reperti mancano 77 ossa allo scheletro, oltre alla mandibola e ai denti per il cranio. Frassetto, sfruttando il centinaio di dati craniometrici a disposizione, riesce ugualmente a realizzare il calco del palato e della parte mediana del volto. Per la mandibola e per i tessuti molli, si basa invece sui modelli delle miniature del Codice Palatino che si sono rivelate abbastanza attendibili.
Per l’esposizione dei risultati della sua indagine, Frassetto, non potendo servirsi del calco del cranio originale come modello utilizza quello basato su un cranio di proporzioni simili prelevato dal museo antropologico di Bologna.
Ecco le caratteristiche: è di grandi proporzioni, stretto nella parte superiore e con una eccezionale capacità della scatola cranica che raggiunge i 1700 cm cubi. Molto superiore, quindi, alla capacità media delle scatole craniche maschili che di solito oscillano tra i 1450 e i 1550 cm cubi. Anche il peso è notevole, di 1,615 kg, mentre di solito non oltrepassa l’ 1,308 kg. Come sottolinea lo studioso, però, il peso del cervello non è un elemento determinante per stabilire le capacità intellettive di un individuo. Il cranio di Dante, infine, ha una forma allungata, con ossa della fronte molto sviluppate, come hanno di solito le persone molto intelligenti.
Dalle analisi sul resto del corpo, invece, emerge invece che la colonna vertebrale fosse sofferente per l’artrite, così come le clavicole risultano di dimensioni ridotte. Doveva essere molto magro e piccolo di statura.
Frassetto aveva intenzione di realizzare un film-documentario, esponendo al grande pubblico i risultati delle sue ricerche ed aveva quindi abbozzato una sceneggiatura che però è rimasta inedita. Il titolo originale, “Il volto di Dante” , del 1938, viene modificato e pare ne esistano varie versioni. Una di queste, Il volto di Dante dopo sei secoli, nel 1939 viene inviata all’Istituto nazionale Luce di Roma. L’anno dopo, con il titolo L’enigma della stirpe, la sceneggiatura viene spedita all’allora ministro della Cultura popolare Alessandro Pavolini, senza però ottenere alcun riscontro.
Malgrado il progetto cinematografico sia naufragato, Frassetto aveva comunque avuto modo di pubblicare i risultati dei suoi studi nel 1933, con il saggio Dantis Ossa, che rimane un punto di riferimento per conoscere il suo lavoro in merito. Nel 1938, inoltre, viene realizzata la scultura di Alfonso Borghesani, che riprende fedelmente l’immagine emersa dagli studi craniometrici di Frassetto.
Per approfondimenti sull’argomento si rimanda al testo di Alfredo Cottignoli e Giorgio Gruppioni, il primo docente di Letteratura italiana e noto dantista, l’altro docente di Antropologia entrambi alla facoltà di Beni culturali dell’Università degli Studi di Bologna. L’opera, intitolata Fabio Frassetto e l’enigma del volto in Dante, è pubblicata per Longo editore, Ravenna, 2012.
Anna Cavallo
Nella cover: modello in gesso del cranio di Dante di Fabio Frassetto, conservato nel Museo di Antropologia dell’Università di Bologna (C) Stefano Benazzi