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F. Montella, Storie senza approdo di migranti italiani, Clueb, Bologna 2021, pp. 316, euro: 18,00. ISBN 978-88-31366-37-6
Storie di migrazione italiana in Brasile al tramonto dell’Ottocento, attraverso la voce dei protagonisti, in documenti ripubblicati per la prima volta.
Da Per una storia dei fallimenti migratori (pp. 9-10): La vicenda che coinvolse quattro piroscafi respinti dal Brasile nel 1893 e costretti a rientrare in patria perché il Paese d’approdo non fu in grado di affrontare quella che oggi chiameremmo emergenza umanitaria, ci narra di un fallimento collettivo, che costò la vita ad almeno 509 emigranti italiani, in gran parte bambini.
Fu un fallimento – il più grave, ovviamente – per chi morì; ma lo fu anche per tutti gli altri emigranti imbarcati, che videro frustrato il loro progetto di vita dopo un viaggio estenuante di andata e ritorno; fu un fallimento per le compagnie di navigazione e per gli agenti di emigrazione, che dopo avere esaltato questi viaggi senza mai rendere esplicita la portata dei rischi che implicavano, furono chiamati a rendere conto del loro operato davanti all’opinione pubblica e, soprattutto, alla giustizia; fu un fallimento per il Paese d’approdo, che avrebbe dovuto accogliere e curare le persone che aveva attratto con false promesse, e invogliato a partire pagando i costi del biglietto, e che invece le aveva respinte con le navi militari.
Fu infine un doppio smacco per l’élite al governo dell’Italia liberale, che si era scarsamente interessata alla condizione dei propri emigranti e pochissimo aveva fatto per garantire, sui piroscafi, le condizioni igienico-sanitarie minimamente accettabili; uno smacco doppio perché, negli stessi giorni in cui le quattro navi battenti bandiera italiana venivano respinte, il piroscafo francese Aquitaine, partito il 23 agosto 1893 da Genova, veniva ammesso a “libera pratica” nei porti brasiliani. (…).
La vicenda sintetizza insomma il default di un intero sistema. Si tratta del classico granello di sabbia negli ingranaggi, che se non costrinse la macchina dell’emigrazione a fermarsi, almeno la obbligò a una revisione, per quanto parziale. (…)