Pubblichiamo il racconto Il silenzio dell’innocente di Gaja Cenciarelli, originariamente comparso su inutile, rivista partner di Pagina Tre.
Cinquantacinque minuti di attesa al telefono la prima volta che ho tentato di parlare con il servizio assistenza della Wind.
«Ma signora, è solo un semplicissimo disservizio» mi ha detto l’operatrice (unica donna con cui mi sia capitato di parlare in questi giorni di tregenda. «In fondo sono solo due ore che non ha l’adsl.»
«SOLO due ore?» Mi si sono svelati i misteri dei raptus che portano all’omicidio. «Ma lei lo sa che io lavoro tutti i sabati e le domeniche, per non parlare dei giorni infrasettimanali, fino a mezzanotte?»
« […]»
«Ma lei lo sa che io ho tre romanzi da consegnare entro il 31 gennaio? TRE, DICASI TRE, libri le cui traduzioni aspettano di essere completate?»
« […]»
«Segnali il guasto all’assistenza tecnica, almeno […]» (petulavo io)
«No. Ci deve richiamare, staccare tutte le spine, e telefonare dal cellulare. Altrimenti non possiamo fare i test sulla sua linea e non possiamo aprire la segnalazione di guasto.»
«ALTRI CINQUANTACINQUE MINUTI AL TELEFONO?»
«Se è fortunata saranno di meno.»
Telefonata n.2, la stessa sera, altra donna.
Dopo trentacinque minuti in attesa è caduta la linea. Riprovo. Altri 23 minuti.
«No, non possiamo aprire la segnalazione di guasto. Deve richiamarci domani.»
«Wxaktgfrvzjywnculo.»
Dissolvenza. (In altri casi si potrebbe definire il classico velo pietoso lasciato scendere su vicende agghiaccianti: vedi Hannibal Lecter che stacca a morsi il viso di un agente. Perché scrivo questo? Perché ho forse temuto di poter essere io, Hannibal? Ma no: chi mi conosce sa che sono buona, dolce, mite […] sti grandissimi strwsgshtfiglidiprwzxyskkytana)
Telefonata n. 12, uomo. Dalla telefonata numero 3 alla 12 ho infilato un uomo dietro l’altro.
Quel giorno, la vocina registrata ha esordito dicendo: «CAUSA AGITAZIONE SINDACALE I TEMPI DI ATTESA PER COMUNICARE CON L’OPERATORE POTREBBERO ESSERE LUNGHI». Ah. Capisco. Perché invece senza agitazione sindacale i tempi di attesa erano pari a un gajosecondo. Vorrà dire che tirerò fuori dall’armadio il pareo.
«Buongiorno, come posso essere utile?»
«Ho staccato tutte le prese, sto chiamando con il cellulare, ho fatto tutte le prove possibili e immaginabili, anche voi avete fatto tutte le prove possibili e immaginabili, e avete già verificato che c’è un guasto e io la chiamo per solle […]»
«Ma non ci siamo già sentiti ieri?»
«Ah, sì, può darsi […] in effetti mi pareva una voce familiare.» (Menzogna! Avrei fatto qualsiasi cosa per blandirlo, lusingarlo, allettarlo: in realtà dopo tre giorni tutte le voci si somigliavano)
«Eh sì, lei ci chiama da Roma, giusto?»
«Già. Senta, volevo dirle che io sto avendo danni incalcol […]»
«Eh, che bella Roma.»
«Sì, davvero. Grazie. Mi scusi se la disturbo, ma sa, io con il computer ci lavoro […]»
«Ah! E che lavoro fa, se mi posso permettere?»
«Traduco libri. Scrivo.»
«Che meraviglia! Complimenti. Sarebbe sempre piaciuto anche a me […]»
«Be’, in effetti è una bellissima professione», quando si parla di libri mi ammorbidisco sempre. Tra me ho pensato: però, dai, è gentile, e poi ha un accento carino […] «però lei capisce, io devo consegnarne tre il trent […]»
«E che tempo fa a Roma? Bello, vero? Sa, io sono di Torino e qui fa un freddo terribile […]»
«Torino! Adoro Torino!» (Maledizione, non mollare l’osso, Hannibal: punta al fegato, non ti distrarre!)
«Le piace? Perché non ci viene a trovare allora?»
«Be’, non è escluso che lo faccia ma prima dovrei risolvere questo probl […]»
«Posso chiederle come si chiama?»
«Gaja. Mi chiamo Gaja.»
«PIacere, io sono Marco.»
«Lieta di conoscerla, Marco, magari sarebbe stato più piacevole chiacchierare se non avessi avuto sulla testa questa spada di Dam […]»
«Lei ha una bellissima voce.»
«Grazie, insomma. Non è poi un granché.»
«No, no, glielo assicuro. Quanti anni ha? So che non si chiede l’età alle donne, ma […]»
«Trentotto. Sono del Toro. Il mio compleanno è il diciannove maggio. Sono rossa di capelli. Ho gli occhi verdi. Non sono proprio bruttissima, direi che c’è di peggio. Mi piace stare con gli amici, chiacchierare, mangiare, guardare Un posto al sole, mandare sms, commentare i blog altrui, amo l’Irlanda e la Nuova Zelanda, Lars Von Trier, Asterix. Sono bassa meno di un metro e sessanta. Sono talmente bianca che in confronto a me il latte è abbronzato. Quando mi riparate l’adsl?»
«Non prima di cinque giorni lavorativi. Però, secondo me, le donne piccole sono così […]»
«Le donne piccole sono affascinanti, simpatiche, intelligenti, ispirano protezione, sono ironiche, argute, allegre, amano la vita. Tutto quello che vuole lei. Tutto quello che sta per dire. Tutto quello che pensa e anche di più. Ma sono anche terribilmente, orrendamente, cruentemente, pregevolmente incazzose.»
—clic—
Link e approfondimenti
- Il sito di Gaja Cenciarelli: http://www.sinestetica.net
- Intervista rilasciata da Gaja Cenciarelli a Pagina Tre
- Il sito di inutile: http://www.rivistainutile.it