Il poeta Wystan Hugh Auden disse che per lui la lettura dei romanzi polizieschi

“è un vizio come l’alcool e il tabacco. Eccone i sintomi: in primo luogo una bramosia intensissima – se ho qualche lavoro da fare devo guardarmi dal prendere in mano uno di questi romanzi, altrimenti, una volta che lo abbia cominciato, non riesco più a lavorare, né a dormire sinché non sono arrivato alla fine”.

Non c’è dubbio che Il caso Paradine sia avvincente nel senso che intende Auden, ma non per questo può essere classificato all’interno di un “sottogenere” che oggi si usa chiamare con termine anglosassone “legal thriller”, almeno dopo che Presunto innocente di Scott Turow raggiunse un clamoroso successo di pubblico. Si tratta infatti di romanzo di grande sostanza, non certo di una banale ricerca di un meccanismo utile a far scattare una trappola a sensazione. Le interazioni tra i personaggi sono molto efficacemente delineate. Loro stessi non fanno che scrutarsi tra loro: la moglie dell’avvocato difensore e la figlia del procuratore, la moglie del giudice e l’avvocato stesso, l’accusata messa sotto osservazione in primo luogo dal suo difensore e poi al centro dell’attenzione di tutti durante il processo.

L’unico che non può scrutare nessuno è la vittima, perché cieco. La passione per la vita appare sempre del tutto naturale. La vita è anche gioco intellettuale ma è probabile che non sia principalmente così. Quindi alle letture di Gay – la moglie del difensore – che dedica il suo tempo a Strindberg e Nietzsche, si contrappone l’intrigo, la lotta tra bene e male, la preminenza di quest’ultimo sul primo, la ricerca di una verità nascosta e magari anche la scoperta di questa verità. E Gay stessa, che mai aveva assistito a un processo, si reca ad assistere a quello di Ingrid Paradine; tralasciando così il gioco intellettuale per poter invece giocare la sua carta nel certame emotivo e sentimentale che si è venuto a creare.

La vicenda vede Ingrid Paradine accusata di aver avvelenato il marito, eroe di guerra e cieco. La donna è bellissima e impenetrabile e l’avvocato difensore se ne innamora. Il giudice sembra sia tendenzialmente sadico, almeno agli occhi della moglie, grottesca e sgraziata ma dotata probabilmente di una sensibilità non comune. Ma la partita si gioca tra la signora Paradine e il domestico-attendente della vittima, William Marsh; il rapporto tra i due è contraddittorio, equivoco e misterioso e determina con forza il senso di ambiguità che complessivamente contraddistingue la narrazione. Molto acutamente osserva Remo Ceserani che le osservazioni sulla fotografia dell’avvocato Keane avrebbero stupito Walter Benjamin e Susan Sonntag.

“Keane […] riteneva che qualche volta una fotografia potesse rivelare, a un acuto osservatore, qualcosa che un vivente viso umano può tenere nascosto per il deliberato proposito d’ingannare. Spesso, nella creatura vivente ciò che è nascosto nel più profondo dell’animo fa assumere agli occhi un’espressione di onestà, fa curvar le labbra a un sorriso bonario e mette sul viso come un velo di apparente gentilezza. La fotografia, invece, a volte è, nella sua durezza, rivelatrice. Perciò, Keane spesso studiava le fotografie delle quali aveva visto gli originali.”

La seconda parte del romanzo è senza dubbio molto “cinematografica”; tutta la vicenda del processo è in pratica una sceneggiatura. Credo che Hitchcock abbia apprezzato soprattutto questo fatto per decidersi a dar vita all’omonimo film, molto discusso, ma certamente innovativo e sperimentale per alcune sequenze e per la tecnica di ripresa. Certo è che la fama del regista e il successo del film, che ebbe tra gli interpreti Gregory Peck, Alida Valli, Charles Laughton, portarono in secondo piano il romanzo dal quale era tratto e il nome del suo autore. Invece credo che questo Caso Paradine debba essere ricollocato tra i grandi classici del genere giudiziario, che ebbe comunque predecessori illustri con Balzac (Une Tenébreuse Affaire) e Walter Scott (The two Drowers), tutti romanzi dove il mistero e l’intrico della vicenda non impedisce di certo la costruzione di personaggi memorabili ma sembra invece favorirla.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Sir Marco Keane K. C., entrato nel guardaroba del Cleveland Club, all’angolo di Pall Mall, indossò la pelliccia, prese il suo cappello nero a cencio, i guanti di pelle di daino, l’ombrello accuratamente arrotolato ed entrò nella gran sala quadrata dove un gran fuoco ardeva nell’ampio caminetto; lì davanti un gruppo di uomini rideva e fumava. Non senza una certa sorpresa, egli scòrse tra questi il giudice, lord Horfield, col quale aveva trascorso poco prima una mezz’ora nel salotto da fumare al piano di sopra. Dunque, anche Horfield era sceso e, preso un giornale della sera, si era accomodato in una poltrona di cuoio per leggere, a quanto pareva, le ultime notizie.
Horfield! Che voce argentina, e che lingua! Che intelligenza pronta e che cuore indubbiamente spietato! Keane ne ammirava tutte le doti, la sua ferma volontà e il suo acuto intelletto: ma trovava nella natura di lui qualche cosa di fondamentale (così almeno gli sembrava) che contrastava in maniera non precisabile con qualcosa che, nella propria natura, era ugualmente fondamentale.

Scarica gratis: Il caso Paradine di Robert Smythe Hichens.