Pubblicato nel 1884 questo romanzo, il terzo ad avere per protagonista il commissario Domenico Arganti detto Lucertolo, è ambientato nel 1836 in una Firenze ancora “granducale”. Ambientazione e lingua, dove i toscanismi sono largamente preponderanti, sono i veri protagonisti della narrazione. Una Firenze storica, lontana dalle immagini turistiche che ci vengono rimandate oggi, ma ricca del fascino degli storici monumenti, tra i quali spicca il Bargello, allora edificio carcerario e oggi sede di uno dei più importanti musei di scultura d’Europa, e le strade attorno al Mercato Vecchio con la Torre degli Amieri e l’intrico di stradine che pochi anni dopo la pubblicazione del romanzo vennero demolite per far posto all’attuale Piazza della Repubblica. Viene spontanea la riflessione su come certi aspetti della struttura cittadina fiorentina si prestino a fornire sfondo a narrazioni di delitti.

Leggendo Ladri di cadaveri e le imprese di “Lucertolo” spontaneamente viene alla mente un altro poliziotto di quasi un secolo più giovane, il commissario Bordelli, ideato dalla fantasia narrativa di Marco Vichi. Quello che accomuna Lucertolo a Bordelli è il loro raggio d’azione, fuori dai punti di riferimento abusati della Firenze più conosciuta e fotografata. Lucertolo si muove ancora “entro le mura” ma nei vicoletti dei quartieri più poveri; Bordelli, data l’ormai consolidata espansione cittadina negli anni ’60 dello scorso secolo, si spinge Oltrarno e non disdegna le colline adiacenti. Ma per entrambi quello che sembra contare di più è l’ambientazione “antropologica” e la descrizione dell’ambiente sfuma nelle caratterizzazioni dei personaggi. Firenze è ancora sfondo per “gialli” provenienti però d’oltre oceano: Hannibal di Harris o Inferno di Brown; ma troviamo in questi casi una Firenze tradizionale, da cartolina, con le zone più note e caratteristiche del suo centro storico.

Insieme a un ristretto manipolo di autori (Mastriani, Farina, De Marchi, Arrighi) Jarro contribuisce a gettare le fondamenta italiane del romanzo poliziesco, aggiungendo particolare interesse per la natura seriale dei suoi quattro romanzi incentrati sul personaggio di “Lucertolo”. Per il lettore contemporaneo non sarà difficile ritrovare incongruenze e contraddizioni in una narrazione che a volte appare confusa ma comunque dal ritmo incalzante. L’investigazione procede più per rivelazioni che non per incastro di indizi; il coinvolgimento di un commissario di polizia e della moglie di un anziano magistrato in un fatto di sangue e di ricatti, scaturenti da un intricatissimo scambio di neonati, è mossa audace e riuscita da parte dell’autore. La vicinanza dei confini “esteri” consente ai colpevoli una fuga che evita scandali, e la “punizione” giunge addirittura tramite la guerra degli Stati Uniti contro i Seminole, mentre i “buoni” possono coronare il loro sogno d’amore. L’opinione pubblica dimentica subito lo scalpore del doppio delitto, distratta dalla notizia della morte della celebre soprano Maria Malibran, salvaguardando la riservatezza per l’ambiente poliziesco e giudiziario fiorentino.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Nell’osteria del Frate, fuor di Porta alla Croce, presso Firenze, ci era quella sera gran chiasso.
Frate si chiamava di soprannome un tal Bobi Carminati, già pompiere, poi birro, o a dir meglio famiglio agli ordini del Capitan Bargello di Brozzi: e autore, rimasto sempre misterioso, del tentato assassinio sulla persona del celebre pittore Roberto Gandi, nel Vicolo della Luna. Per miracolo scampato alla giustizia, si era ridotto in un convento nel ducato di Lucca, ove a vieppiù stornare i sospetti, avea preso l’abito francescano, ma si sfratava presto e, buttato via il cappuccio, tornava a darla per mezzo ad ogni dissolutezza.
Insieme con la Sguancia, famosa donna di partito a que’ tempi, maestra, a dirla nel gergo che correva tra le sue femmine da conio, e i lor mezzani, del vituperoso raddotto conosciuto sotto il nome di Palla, fuggendo donde già li perseguitava la rea fama e la memoria non spenta del delitto atroce commesso alle stesse pareti dell’immondo raddotto, nel Vicolo della Luna, aveano aperto osteria in una di quelle viuzze, assai cupe e strette,che serpeggiavano nei pressi del luogo tuttora appellato la Casaccia, fuori di Porta alla Croce.

Scarica gratis: I ladri di cadaveri di Jarro (alias Giulio Piccini).