Comprende: La bella estate, Il diavolo sulle colline, Tra donne sole.

La bella estate è una trilogia di romanzi brevi pubblicata a Torino nel 1949. La bella estate fu scritta nel 1940 e aveva per titolo La tenda; Il diavolo sulle colline è del 1948 e Tra donne sole del 1949.

La protagonista del primo romanzo è la giovanissima Ginia, lavorante in un atelier che vive assieme al fratello Severino. Conosce la più esperta Amelia che la conduce attraverso una sorta di rito di iniziazione a lasciarsi alle spalle pregiudizi e pudori adolescenziali. Amelia lavora occasionalmente come modella per dei pittori e porta Ginia a conoscere Rodriguez e Guido – quest’ultimo impegnato con il servizio militare – artisti con personalità molto differenti.

I rapporti personali si intrecciano: Ginia si innamora di Guido, e il rapporto ambiguo di Amelia con Rodriguez è intersecato dall’amore di Amelia stessa per Ginia e dalla conseguente gelosia nei confronti di Guido. Ginia si decide quindi a posare nuda per Guido, ma, sopraffatta dalla vergogna, si allontana poi dai tre. Ritrovando tempo dopo Amelia – guarita nel frattempo dalla sifilide contratta con un’altra donna – pare che il percorso per le due sia compiuto ritrovando maturazione e senso di responsabilità.

Il diavolo sulle colline ha per protagonisti tre studenti universitari, Pieretto, Oreste e l’io narrante, che trascorrono le notti in lunghi vagabondaggi sulle colline torinesi, costellati di bevute e discussioni. Durante una di queste escursioni incontrano il giovane e ricco Poli, che pare interessato ai loro discorsi, ma la differente estrazione non gli consente di apprezzarne la spontaneità. Poli si trascina dietro una appena sopportata amante, Rosalba, che, tradita e mortificata finisce per sparargli, ferendolo, e successivamente per suicidarsi.

I tre amici decidono quindi di trascorrere l’estate in campagna dai genitori di Oreste. Ma durante questa vacanza incontrano nuovamente Poli, questa volta in compagnia della bella moglie Gabriella. Oreste si innamora di Gabriella che pare ricambiarlo, ma nel momento in cui Poli deve rientrare a Milano dilaniato dalla tubercolosi sceglie ancora quest’ultimo. Il contrasto tra la semplicità e naturalezza della vita in campagna e la corruzione, noia e stravizio impersonata da Poli e dall’ambigua Gabriella sembra poter condurre i tre amici a una più matura consapevolezza.

Tra donne sole appare un atto di accusa contro la ricca borghesia all’indomani della guerra. La torinese Clelia che a Roma ha fatto carriera nell’ambito della moda, torna a Torino con l’incarico di aprire un negozio in via Po. Questa attività la conduce a frequentare un mondo di corruzione e di vizi dove tre donne, Rosetta, Momina e Mariella, ne interpretano le diverse sfaccettature e lo scontro tra psicologie contrastanti. In questo scontro la noia e il cinismo avranno la meglio conducendo Rosetta a due tentativi di suicidio – il secondo coronato da successo – inframezzati dal cinismo di Momina e dall’indifferenza sciocca di Mariella.

Clelia è impotente di fronte a questo e la sua disperazione rende insolubile il suo tentativo di ritorno al luogo mitico dell’infanzia perduta, elemento attorno al quale ruota il romanzo e che trova il solo momento positivo nella fugace relazione con l’operaio Becuccio. Volutamente insignificanti le altre figure maschili che fungono solo a sottolineare meschinità e disfacimento del mondo delle ville e dei ricevimenti.

Tratto da quest’ultimo romanzo il film di Michelangelo Antonioni Le amiche del 1955.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del primo romanzo breve La bella estate:

A quei tempi era sempre festa. Bastava uscire di casa e traversare la strada, per diventare come matte, e tutto era cosí bello, specialmente di notte, che tornando stanche morte speravano ancora che qualcosa succedesse, che scoppiasse un incendio, che in casa nascesse un bambino, e magari venisse giorno all’improvviso e tutta la gente uscisse in strada e si potesse continuare a camminare camminare fino ai prati e fin dietro le colline. – Siete sane, siete giovani, – dicevano, – siete ragazze, non avete pensieri, si capisce –. Eppure una di loro, quella Tina che era uscita zoppa dall’ospedale e in casa non aveva da mangiare, anche lei rideva per niente, e una sera, trottando dietro gli altri, si era fermata e si era messa a piangere perché dormire era una stupidaggine e rubava tempo all’allegria.
Ginia, se queste crisi la prendevano, non si faceva accorgere ma accompagnava a casa qualche altra e parlava parlava, finché non sapevano piú cosa dire. Veniva cosí il momento di lasciarsi, che già da un pezzo erano come sole, e Ginia tornava a casa tranquilla, senza rimpiangere la compagnia. Le notti piú belle, si capisce, erano al sabato, quando andavano a ballare e l’indomani si poteva dormire. Ma bastava anche meno, e certe mattine Ginia usciva, per andare a lavorare, felice di quel pezzo di strada che l’aspettava. Le altre dicevano: – Se torno tardi, poi ho sonno; se torno tardi, me le suonano –. Ma Ginia non era mai stanca, e suo fratello, che lavorava di notte, la vedeva soltanto a cena, e di giorno dormiva.

Scarica gratis: La bella estate di Cesare Pavese.