Podcast: Apple Podcasts | RSS
Carlo Del Lungo si era già occupato sia di Goethe che di Helmholtz con brevi testi pubblicati su «Nuova Antologia» e su altre riviste. Con questa sua prima fatica editoriale in volume del 1903, raduna le sue riflessioni sui due scienziati e naturalisti; scaturiscono due saggi apparentemente separati ma in realtà strettamente connessi.
Del Lungo mette in evidenza il punto di contatto tra Goethe ed Helmholtz che è contemporaneamente anche punto di snodo e di divaricazione delle rispettive esperienze. Senza dubbio Helmholtz, figura di grande autorevolezza nella fisica del suo tempo (autorevolezza che non è certo sbiadita a oltre un secolo dalla sua morte) ha saputo sottrarre l’opera scientifica di Goethe al disprezzo e all’ostracismo al quale veniva sottoposta dagli ambienti scientifici dell’epoca. E questo sapendo individuare la ragione che è sottesa alle sue non corrette interpretazioni, con particolare riferimento alla famosa teoria dei colori e alla controversia che ne nacque in contrapposizione alla teoria, fisicamente più corretta, di Newton.
Helmholtz mette in rilievo come la teoria del colori del Goethe sia sostenuta dalla sua capacità di osservazione dei fatti della natura e dal suo disdegno per l’esperimento qualora risulti in contrasto rispetto alla percezione dei sensi. Sia Goethe che Helmohltz sono ancora filosofi della natura, ma mentre Goethe rimane più imprigionato dalle riflessioni conseguenti alle sue osservazioni, Helmholtz invece le sviluppa in direzione innovativa e moderna. Ecco quindi il punto di contatto che diventa contemporaneamente divaricazione di esperienze. Helmholtz va in profondità analizzando se stesso in funzione delle sue osservazioni.
Già nei suoi trattati di ottica e acustica fisiologica, ma anche nei suoi lavori a carattere più divulgativo, afferma che ogni processo di percezione sensoriale è accompagnato da una “attività psichica”, che spesso si manifesta come “inferenza inconscia”, in definitiva dello stesso genere delle inferenze induttive sulle quali si basa la stessa indagine scientifica. Le sensazioni segnalano i mutamenti che in noi si verificano come conseguenza degli stimoli e vengono interpretate come “simboli” di un mondo esterno la cui esistenza diventa acclarata come causa delle sensazioni stesse.
Helmoltz infatti respingeva polemicamente posizioni che si andavano affermando in quel periodo, come quelle del fisiologo Karl Ewald Hering che invece considerava i processi percettivi fondati su strutture “innate”. Helmholtz si ricollega palesemente ai caposaldi dell’empirismo anglosassone (p. es. la chimica mentale di Stuart Mill) per affermare con forza il carattere sintetico-inferenziale del processo percettivo, e questo è evidentemente in contrasto con ogni tesi “riduzionistica” o, peggio, “nativistica”. Come risultato di questo dibattito che è sintesi tra temi filosofici (di derivazione milliana ed herbartiana, certo, ma in relazione ai quali l’attività di naturalista di Goethe certamente non è estranea) e indagine scientifica, nasce il progetto di psicologia come scienza sperimentale interpretato principalmente dal Wundt.
Fermo restando quindi che l’apporto alla storia della scienza da parte delle concezioni di Goethe è fondamentalmente di impianto romantico-idealistico, è altrettanto vero che con il suo mettere l’accento con decisione sulla necessità di un punto di vista osservativo ed empirico – che potremmo definire “induttivo” – dà un contributo fondamentale a quella linea di sviluppo del dibattito scientifico tedesco nel quale coesistono “scienze della vita” e “scienze baconiane”. Siamo quindi in una fase della storia del pensiero scientifico nella quale l’esigenza di ripensare le scienze della natura non impedisce di respingere ogni esasperazione in direzione del “sistema” di natura esclusivamente empirica.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
NOTA: L’incipit di quest’opera (in particolare i tre primi capoversi) è identico a quello dell’altra opera di Carlo Del Lungo Goethe scienziato, presente in Liber Liber, che tratta anch’essa appunto di Goethe scienziato.
Dall’incipit del libro:
Federico Schiller, scrivendo di Goethe all’amico Goffredo Körner, diceva: «La sua filosofia prende troppo dal mondo sensibile, mentre io traggo dall’anima: ma il suo spirito cerca e lavora in ogni direzione, tentando di creare un tutto; e ciò ai miei occhi lo fa un grand’uomo». Se davvero la potenza creatrice è il carattere del genio, l’universalità di tale potenza creatrice per tutte le vie aperte all’umana intelligenza è il carattere dei grandissimi fra i genii; e tra essi sovranamente comprensivo, ordinatore, armonizzatone, quello di Goethe, efficacemente ritratto nelle parole di Schiller.
Ma per comprendere tutta la grandezza di questo sommo artefice d’una poesia che, come la poesia vera, è fatta, da tedesca, mondiale; per sentire ne’ suoi capolavori tutta l’anima del loro autore; è necessario conoscere, col poeta, un altro Goethe che sempre accompagnò e talora fino sopraffece il poeta; è necessario sapere che il creatore di Mefistofele e di Gretchen ha pur diritto alla gloria degli indefessi osservatori del mondo fisico; che con il Goethe poeta v’è anche il Goethe scienziato. L’opera e il merito scientifico di Goethe, riconosciuti tardi e faticosamente anche nella patria sua, sono fra noi noti quasi solo per fama; tantochè io credo non far torto a’ miei lettori col supporre che alcuno di loro accoglierà con un po’ di diffidenza quell’epiteto di scienziato, così assolutamente e insolitamente aggiunto al nome del grande poeta. Taluno anche penserà che questa scienza di Goethe possa essere in parte il frutto dell’illusione facile a prodursi nella fantasia di chi si dà con amore profondo allo studio d’un grande scrittore, e finisce col vedere nell’opera sua più di quello che essa realmente contenga. Altri che, come i contemporanei del poeta, abbian creduto che Goethe abbia coltivato le scienze per diletto, si aspetteranno di sentire amplificare i meriti di un dilettante, a cui giovò la propria fama in altro campo.
Scarica gratis: Goethe ed Helmholtz di Carlo Del Lungo.