Le “incursioni” di Goethe nel mondo della scienza non furono certo brevi intrusioni di un dilettante appassionato. Era amareggiato per la poca considerazione che, come scienziato, ebbe in vita, ma a parziale smentita voglio qui riportare quello che scrisse Geoffrey Saint-Hilaire nel 1831: la scienza di Goethe era come il lavoro di “un poeta che cerca di cantare la grandiosità della natura in una forma diversa”; e poco dopo:

Se Goethe non avesse già accumulato abbastanza titoli per essere proclamato il più grande genio del suo secolo, avrebbe aggiunto, alla corona di grande poeta e profondo studioso di morale, la fama di un abile naturalista, doverosa per la profondità delle sue idee e per la forza filosofica delle sue opinioni sul tema delle analogie in botanica”.

La storia della presa di posizione di Goethe nella famosa disputa tra Cuvier e Saint-Hilaire può essere letta in questa stessa biblioteca Manuzio nel libretto di Goethe stesso Principi di filosofia zoologia e anatomia comparata. Certamente questa presa di posizione non è estranea all’elogio successivo di Saint-Hilaire che ho riportato sopra. Ma che Goethe sia stato in pratica capostipite di quella che oggi possiamo definire morfologia formalista credo sia indiscutibile.

Non solo perché ha coniato il termine “morfologia” ma per avere, anche prima di Saint-Hilaire, ridotto la forma ad un solo archetipo generatore. E per avere proposto la teoria vertebrale del cranio oltre alla scoperta dell’osso premascellare nell’uomo basata sulla presenza dello stesso osso in altri mammiferi. Oltre alla proposta della “foglia archetipa” Goethe completò la sua teoria con il concetto di progressivo raffinamento della linfa e di cicli di espansione e contrazione.

Parlando di Goethe scienziato Del Lungo mette in rilievo la sua famosa e controversa teoria dei colori in contrapposizione a quella di Newton. Famosa lo è diventata in tempi relativamente recenti: i contemporanei di Goethe la dimenticarono rapidamente e il primo “moderno” a riprenderne la discussione a fondo fu Rudolf Steiner a fine ’800.

Goethe si fa interprete dell’evolvere della cultura illuminista in quella romantica e pone interessanti argomenti nell’ambito della questione dell’oggettività o soggettività della conoscenza. Per Goethe la luce è la “condizione” per vedere i colori e il fatto che senza luce i colori non si vedano non implica che questi siano i componenti della luce. Goethe quindi non studia la luce per conoscere la natura dei colori, ma lo strumento evoluto per percepirli, cioè l’occhio.

Si tratta in ogni caso di un lavoro eminentemente empirico: la descrizione dei fenomeni ottici deriva direttamente da osservazioni personali. Anche in questo caso, come nella teoria della foglia archetipo in biologia evoluzionista, le intuizioni di Goethe sono in qualche modo anticipatrici. La teoria corpuscolare di Newton fu superata poi dalla teoria ondulatoria di Fresnel che, in qualche modo, sembra confermare certe idee di Goethe.

Mi piace ricordare come lo stesso Wittgenstein, che nel suo saggio sul colore ricerca una “logica” dei fenomeni cromatici, trova utile confrontarsi con la Farbenlehre goethiana, arrivando a concludere che con Goethe non ci si trova sul terreno “logico” ma riconosce il carattere empirico delle sue idee, empirismo che sul terreno che conduce alla logica è elemento di avanzamento in quella direzione.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

NOTA: L’incipit di quest’opera (in particolare i tre primi capoversi) è identico a quello dell’altra opera di Carlo Del Lungo Goethe ed Helmholtz, presente in Liber Liber, che tratta anch’essa di Goethe scienziato.

Dall’incipit del libro:

Federico Schiller, scrivendo di Goethe all’amico Goffredo Körner, diceva: «La sua filosofia prende troppo dal mondo sensibile, mentre io traggo dall’anima: ma il suo spirito cerca e lavora in ogni direzione, tentando di creare un tutto; e ciò ai miei occhi lo fa un grand’uomo». Se davvero la potenza creatrice è il carattere del genio, l’universalità di tale potenza creatrice per tutte le vie aperte all’umana intelligenza è il carattere dei grandissimi fra i genii; e tra essi sovranamente comprensivo, ordinatore, armonizzatone, quello di Goethe, efficacemente ritratto nelle parole di Schiller.
Ma per comprendere tutta la grandezza di questo sommo artefice d’una poesia che, come la poesia vera, è fatta, da tedesca, mondiale; per sentire ne’ suoi capolavori tutta l’anima del loro autore; è necessario conoscere, col poeta, un altro Goethe che sempre accompagnò e talora fino sopraffece il poeta; è necessario sapere che il creatore di Mefistofele e di Gretchen ha pur diritto alla gloria degli indefessi osservatori del mondo fisico; che con il Goethe poeta v’è anche il Goethe scienziato. L’opera e il merito scientifico di Goethe, riconosciuti tardi e faticosamente anche nella patria sua, sono fra noi noti quasi solo per fama; tantochè io credo non far torto a’ miei lettori col supporre che alcuno di loro accoglierà con un po’ di diffidenza quell’epiteto di scienziato, così assolutamente e insolitamente aggiunto al nome del grande poeta. Taluno anche penserà che questa scienza di Goethe possa essere in parte il frutto dell’illusione facile a prodursi nella fantasia di chi si dà con amore profondo allo studio d’un grande scrittore, e finisce col vedere nell’opera sua più di quello che essa realmente contenga. Altri che, come i contemporanei del poeta, abbian creduto che Goethe abbia coltivato le scienze per diletto, si aspetteranno di sentire amplificare i meriti di un dilettante, a cui giovò la propria fama in altro campo.

Scarica gratis: Goethe scienziato di Carlo Del Lungo.