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Veramente interessante e godibile, per infiniti motivi, è la lettura di questo Nuovo Vocabolario Siciliano-Italiano di Antonino Traina, che naturalmente tanto nuovo non è più, almeno per quanto riguarda i termini italiani.
Edito per la prima volta nel 1868, venne presentato al “Concorso nazionale per il migliore vocabolario dialettale”, bandito nel 1890 dal Ministero della Pubblica Istruzione, promosso da Graziadio Isaia Ascoli, esimio linguista, membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione e Presidente della commissione del concorso. Traina presentò due opere: il Nuovo Vocabolario e il Vocabolarietto delle voci siciliane dissimili dalle italiane… (1877).
Il momento storico era importantissimo, veramente affascinante e fonte di studi ed approfondimenti infiniti: si trattava di far diventare quelli che erano stati una miriade di stati una sola nazione, di trasformare tanti siciliani, lombardi, toscani, … in quegli italiani che avrebbero dovuto avvicinarsi agli usi e alla cultura degli altri italiani e trasmettere a questi i propri. In questo processo la conoscenza diffusa di una lingua nazionale era elemento fondamentale e imprescindibile di coesione perché veramente quello che avrebbe permesso la reciproca comprensione, oltre la Babele delle lingue e dei dialetti.
Nella prefazione al suo Vocabolario, Traina, già nella scelta dell’esergo, se da un lato dichiara la sua volontà di “concorrere al diffondimento della lingua italiana” tra i suoi conterranei, dall’altra conserva l’orgoglio per il proprio dialetto e il desiderio di far conoscere agli altri italiani “que’ vocaboli propri delle provincie rispettive, che tutta Italia ha dritto a conoscere, perché rappresentanti oggetti, usi, idee di esclusiva pertinenza di quelle provincie.” (1)
E questo, credo, rende modernissima quest’opera, perché vi si può leggere, oltre all’ovvio intento didattico, l’amore e la premura a conservare la memoria delle proprie origini, fatte anche di lingue e dialetti, sentimenti che sono il motore non soltanto, in questo stesso ambito, di quei movimenti che oggi cercano di ridare vita alle parole desuete, ‘smarrite’, fino a concepire l’idea di un “Museo della lingua italiana” (2), ma anche di tutto ciò che sta dietro alla conservazione, restauro e valorizzazione del nostro patrimonio artistico.
Accenniamo soltanto brevemente qui al vastissimo tema della divisione linguistica che caratterizzava la nascente nazione. Alessandro Manzoni si riferì all’italiano, in particolare quello scritto, come ‘lingua morta‘ (3), poiché non condivisa da tutti. Era stato un problema reale per lo scrittore, durante la stesura de I Promessi Sposi, rendersi conto che la lingua era inadeguata, non era codificata, era intrisa di francesismi, lombardismi, … Al momento dell’unità politica, Manzoni auspicò che l’idioma fiorentino diventasse la base dell’unità linguistica.
Tullio De Mauro stimò (4) che, al momento dell’unificazione, la percentuale di popolazione in grado di esprimersi in italiano oltre che in dialetto fosse pari al 2,5%, quota che comprendeva anche coloro che avevano proseguito la scuola dopo il livello di istruzione elementare (pochissimi) e i toscani e i romani anche solo alfabetizzati, ma ammessi in questa quota solo per affinità dei loro dialetti alla lingua comune.
Il caso di Pellegrino Artusi (1820 – 1911) gastronomo e letterato, con il suo La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene (1891), “manuale pratico per le famiglie” – che trovate anche qui in Liber Liber – è emblematico di questo fermento nel ‘creare gli italiani’. Artusi si pose lo stesso problema e partì dalle tradizioni gastronomiche delle varie province. Il suo libro, notissimo, contiene infinite ricette, pescate scrupolosamente presso famiglie, trattorie, ristoranti, … che formano l’ossatura del mangiar bene dell’Italia intera. Dal 1891 in tutte le famiglie si sarebbero potute sperimentare ricette che mai erano entrate nel menu famigliare. Fu un’operazione importantissima e riuscitissima.
Nel 2011, nel 150° anniversario dell’unità d’Italia, è stata organizzata a Torino, presso le Officine Grandi Riparazioni, una mostra di grande rilevanza, curata dagli storici Walter Barberis e Giovanni De Luna. Il titolo era proprio Fare gli italiani. In ambienti spogli e minimalisti, ma di grande impatto, si ripercorrevano i centocinquanta anni trascorsi, analizzando ambiente per ambiente in 13 sezioni diverse, la faticosa costruzione di una coesione, qualche volta riuscita e qualche volta no, per creare alla fine gli italiani. L’educazione scolastica, partita da uno stato di gravissimo analfabetismo, era uno dei temi cardine. Traina era certamente un elemento, e non di poco conto, fra tutte le persone e in tutti i campi della cultura che lavorarono perché questa coesione si realizzasse.
Tornando al Vocabolario, come non pensare a come sarebbe stato utile averlo accanto quando leggevamo le imprese del Commissario Montalbano, geniale personaggio di Andrea Camilleri. O quando, ancor prima, sfogliavamo le pagine stupende de Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e si incappava in qualche vocabolo dialettale, le pagine indimenticabili di Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo e…
Traina, nella prefazione, dichiara di riconoscere i meriti di chi lo ha preceduto sulla stessa strada. Fa in particolare riferimento al Nuovo dizionario siciliano-italiano (1838-1844) di Vincenzo Mortillaro (5), che peraltro si restrinse quasi esclusivamente alla parlata palermitana. Ma i tempi cambiano, le lingue mutano ed un aggiornamento può sempre essere utile. Il lavoro di raccolta di Traina è andato oltre lo specifico dialetto palermitano: “[…] il Vocabolario Siciliano non deve restringersi alla sola capitale, se vuol essere Siciliano; anzi aggiungo che avrei registrate più voci delle interne provincie, ove il mio invito fatto da Firenze il giugno 1867 fosse stato meno sprezzato da’ Municipi Siciliani.” scrisse sempre nella prefazione.
Una interessante voce dell’Enciclopedia della Treccani dedicata alla lingua dell’Ottocento (6), al paragrafo Lingua e dialetti tra gli strumenti nati per l’acquisizione del lessico nazionale cita solo tre lavori: Il Nuovo Vocabolario Siciliano-Italiano di Traina, Abbruzzesismi di Fedele Romani e L’idioma gentile di Edmondo De Amicis.
In un articolo comparso su La Nuova Italia (7) Carmelo Sgroi scrive che Corrado Avolio rimproverava a Traina una certa mancanza di rigore scientifico nella compilazione del suo Vocabolario. E la sua risposta (8) sarebbe stata: “Fu mio piacere e discolpa citare sempre o l’autore o il libro d’onde io ricavavo i vocaboli; quando però li udivo io o dimenticavo il libro mi passavo di citare. Lo stesso amavo di fare quando sapevo il paese ove quella voce si diceva, ma spesso non sapevo il paese di chi parlava; e non potevo citare nemmeno il paese. Quando potei, sempre citai o l’autore o il paese, perchè pure io credo che così solamente si può fare un vocabolario generale; e son dolentissimo di non averlo potuto fare sempre“. Commenta Sgroi: “Parole degne di nota, ma che rivelano un’incompleta documentazione.” Ma, credo, rivelano anche la grande umiltà e la straordinaria umanità di Traina.
Legata alla redazione di questa opera è tutta la letteratura relativa alla genesi del ‘neologismo’ mafia. L’autore lo definisce appunto ‘neologismo’ in quanto introdotto dai piemontesi. Rimando alla nota (9) per la citazione di varie fonti su cui approfondire questo tema.
Di Antonino Traina si hanno scarsissime notizie biografiche, ma forse si può leggere qualcosa della sua vita e delle sue idee nelle pieghe delle sue opere. È un gioco che invito a fare: cercare tra le parole del vocabolario per sapere di più sulla persona. Se naturalmente si condivide l’opinione che anche dalla compilazione di un vocabolario si possa dedurre qualcosa su chi lo ha scritto!
Un plauso particolare a Ruggero Volpes, che ha digitalizzato e impaginato questo complesso testo per Liber Liber, ed a Gabriella Dodero, che lo ha rivisto con cura meticolosa.
(1) La citazione nell’esergo del Vocabolario è attribuibile a Francesco Cherubini (1789 – 1851), autore di un vocabolario “milanese-toscano”. Il Manzoni, scrivendo ed affinando la lingua de I Promessi Sposi, per “sciacquare i panni in Arno”, si avvalse in maniera considerevole dell’opera dell’esimio letterato. Egli inoltre, come Traina, compilò manuali scolastici per l’avviamento alla scrittura.
(2) Nel sito dell’Accademia della Crusca è possibile avere informazioni sul recentissimo progetto.
(3) In una lettera a Claude Fauriel (1772 – 1844) storico e linguista francese, del 9 febbraio 1806, a proposito della distanza in Italia tra la lingua parlata e la lingua scritta.
(4) Tullio De Mauro, Storia linguistica dell’Italia unita, Bari-Roma, Laterza, 1991.
(5) Il barone Vincenzo Mortillaro (1806 – 1888) fu lessicografo, arabista, storico e numismatico.
(6) Silvia Morgana e Laura Ricci, Lingua dell’Ottocento, in Enciclopedia Treccani 2011, https://www.treccani.it/enciclopedia/lingua-dell-ottocento_(Enciclopedia-dell’Italiano)/
(7)Corrado Avolio e i suoi vocabolari siciliani, in La Nuova Italia, 21 luglio 1931. Corrado Avolio (1843 – 1905) fu scrittore e glottologo siciliano.
(8) Riferiamo solo quanto riportato nell’articolo di Sgroi, nel quale non era indicata esattamente la fonte della citazione, ma si può desumere che si trattasse di una lettera di Traina ad Avolio.
(9) Breve bibliografia:
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- Leonardo Sciascia, La storia della mafia (1991), http://www.psi2000.it/Archivio/lastoriadellamafia.asp
- Fabrizio Fioretti, Il termine “Mafia”, in Tabula 9, (2011), https://hrcak.srce.hr
- Alberto Nocentini, Da dove viene la parola “mafia”: la Crusca risponde (2014), https://www.linkiesta.it/2014/10/da-dove-viene-la-parola-mafia-la-crusca-risponde/
- Eva Luna Mascolino, Arabo o italiano? Le origini e il significato del termine “mafia” (2018), https://www.sicilianpost.it/arabo-o-italiano-le-origini-e-il-significato-del-termine-mafia/
Sinossi a cura di Paolo Alberti e Claudia Pantanetti
Dall’incipit della prefazione del libro:
Essendo noi nella via di compiere quella unità della Italia nostra, che fu ed è stata continua brama fin dagli antichi nostri avi, ben è ragione che ci adoperiamo intanto afforzarne il sentimento nazionale diffondendo per tutte le classi, nelle famiglie, dovunque nel vivere domestico quella lingua che, insieme alle sventure, noi abbiamo avuto unico legame fra le sparte membra della patria: bisogna parlar tutti la stessa lingua, bisogna che c’intendiamo in tutto e collo stesso mezzo perchè fossimo nazione. Desiderando io pure, secondo mio potere, concorrere al diffondimento della lingua italiana, mi sono studiato compilare questo Vocabolario, durando mia fatica in esso per cercare di fornirlo vieppiù adequatamente e copiosamente di corrispondenze italiane, sforzandomi a un tempo di conoscer il dialetto nostro in ogni sua parte, per agevolar i parlanti di esso a recarlo in lingua nazionale negli usi tutti. Non vogliasi pertanto credere ch’io intenda abbellirmi di meriti altrui, io ho fatto tesoro de’ Vocabolarî e Saggi Siciliani-italiani che ho potuto vedere e in ispecial modo del dizionario del Mortillaro il migliore di quanti ne conosca: di certo umane vicende, nuove generazioni, progresso continuo e bisogni recenti soglion partorire mutamento sì nelle lingue che ne’ dialetti, in maniera da non poter alcuno aver mai raccolto tanto che poscia non rimanga ad altri poter aggiugnere qualcosa, ond’è che io rispigolando nel campo dell’uso e negli scritti vernacoli, ho rricchito e accresciuto così della metà il detto dizionario del Mortillaro, introducendovi altresì modificazioni nelle definizioni, e aggiunte di corrispondenti italiane dove mi è venuto fatto.
Scarica gratis: Nuovo Vocabolario Siciliano-Italiano di Antonino Traina.