“L’arte si propone un solo obiettivo, generale: quello, cioè, di trasfigurare la realtà e di tuffare nell’oro dell’eterno, il piombo transeunte dei giorni”. Così scriveva l’autore in un suo saggio e così si sforza di mettere in pratica il suo pensiero in questo libro nel quale unisce, sotto il titolo della novella forse più significativa, racconti e bozzetti, nei quali coglie la vita attraverso la dolorosa realtà umana che pone sotto gli occhi del lettore.

I pensionati di Uomini usati sorridenti e pieni di acciacchi, l’uomo dal cappotto di Un uomo disponibile pronto nella piazzetta per i piccoli servigi e vetturini o occasionali passanti, o la vecchietta di La santa del quinto piano le cui preghiere funzionano e che mangia per carità con il piatto sulle ginocchia.

Ma nella carità che si sofferma a cogliere una sofferenza e nello sguardo estasiato si fronte al verde dell’erba, Moscardelli riafferma la sua parte nell’ambito del riemergere del romanticismo nella letteratura del novecento italiano. In questo quadro dobbiamo inserire, come giustamente afferma Lattarulo nell’antologia da lui curata Il vero e la sua ombra «la trasfigurazione in termini fantastici dell’abituale e del quotidiano» che caratterizza alcuni racconti nei quali la vena visionaria è più decisamente marcata, come Un uomo quasi vivo, La donna ideale o il racconto che fornisce il titolo alla raccolta nel quale il dottor Sirius costruisce un sole artificiale per alleviare le pene e i danni del lavoro nella miniera di carbone.

In molti di questi racconti Moscardelli appare ben diverso dal poeta visivo crepuscolare o futurista che abbiamo conosciuto in Gioielleria notturna e in La mendica muta; va invece caratterizzandosi la sua attenzione al particolare che segna una svolta nella vita, la sincronicità solo apparentemente casuale di certi avvenimenti, la nostalgia di semplici ricordi che hanno lasciato un segno in un’esistenza. E spesso rimane solo il sogno intravisto di una vita diversa che difficilmente si realizzerà.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del primo racconto Visitare gli infermi:

Il portiere, essendo stato incaricato di chiamare un taxi, rimase sulla porta del suo sgabuzzino, perchè non aveva nulla da fare. Era un’ora morta del pomeriggio, quando il sole entra con una lunga striscia bianca attraverso i battenti accostati dei portoni e i rumori cadono nei cortili come sassi nell’acqua. Perciò egli fu il solo a vedere, poco dopo, la signora del terzo piano che scendeva in compagnia della donna di servizio che zoppicava. Il palazzo dormiva tutto nell’assopimento del pomeriggio e nessun altro vide uscire la zoppa.
L’ospedale dove essa era diretta aveva un nome che era giunto fino al suo paese dal quale i malati accorrevano racimolando i soldi risparmiati anno per anno; e nella loro mente se lo figuravano come una grande casa, più grande di un paese, soltanto che invece d’essere abitato da gente sana era abitato da malati. «Ci starò dieci, quindici giorni – pensava la ragazza mentre il taxi correva per le vie allagate di sole –, mi guariranno, uscirò e nessuno ne avrà saputo nulla al paese». E poi, più giù, in fondo in fondo all’anima rampollava un altro pensiero: «E il fidanzato lo troverò lo stesso».

Scarica gratis: Il sole dell’abisso di Nicola Moscardelli.