Uno analisi sulla genesi e sul corso delle molteplici sètte eretiche nel periodo in cui domina la filosofia scolastica. Il risultato è un libro, che per conseguenza non è, nè vuol essere una storia degli eretici, e molto meno un trattato dommatico sull’eresia.
Dall’incipit del libro:
Il primo periodo, che diremo di preparazione, è il più lungo di tutti, protendendosi dal secolo nono sino alla metà del decimosecondo. Vi primeggiano in filosofia le dispute faticose intorno agli Universali, nate da una frase dell’Isagoge Porfiriana, la quale racchiude in germe un problema sempre risoluto e sempre da risolvere. Quel che noi diciamo i generi e le specie, sono forse entità reali, anzi solo la vera realtà, o non piuttosto artifizii della mente per non smarrirsi nel laberinto della natura? Alla prima sentenza piegavano i Realisti, i Nominalisti alla seconda; ed il loro dissidio, frutto di una profonda antinomia della ragione, durava ostinato per secoli, e quando parea che fosse per comporsi, rinasceva sotto altra forma più vivace di prima. Secondo l’intuizione realistica gli individui sono effimere esistenze, le quali, a così dire, nell’istessa ora che nascono, scompaiono. Che siamo noi uomini, presi individualmente? Pulvis et umbra. Consacrati alla morte, un piccolo accidente distrugge in un punto quanti fra noi aveano redata maggior consistenza e vigore. La sola che sopravvive a tante ruine, e sfidando le ingiurie del tempo, per volger di secoli non cresce nè scema, è quel che v’ha di universale in noi, l’umanità. E lo stesso che diciamo degli uomini, possiamo ripetere degli esseri tutti. Chè anzi a quel modo che gl’individui umani sono frammenti dell’umanità, questa è una piccola parte di un essere più sterminato di lei, l’animale. E l’animale a sua volta è frazione del vivente, ed il vivente è anch’esso forma fugace di un Essere immenso che è tutte cose, ma nessuna in particolare.
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