È l’opera giovanile di Goethe alla quale lavorò, secondo quanto si può ricostruire da epistolari e diari del Goethe stesso e dalla testimonianza di Wieland e del conte Carlo Augusto di Sassonia, a partire dal 1777, e che interruppe nel 1785 alla fine del sesto libro, quando nel progetto avrebbe dovuto proseguire per altri sei.
Nel 1791 fu poi ripreso, rielaborato e completato ne Gli anni dell’apprendistato di Wilhelm Meister, che fu concluso nel 1796. Il secondo volume della trilogia immaginata da Goethe, Gli Anni del pellegrinaggio di Wilhelm Meister, fu iniziato nel 1807 e tra diverse redazioni uscì in edizione definitiva a Stoccarda nel 1829. Il terzo volume non fu mai scritto.
Nonostante la madre avesse più volte asserito di averne conservate ben sei copie manoscritte, nessuna di queste fu ritrovata dopo la morte dell’autore e se ne parlò solo per congetture fino al 1909, anno in cui Billeter ne scoperse una copia in un archivio privato di Zurigo, copia che era appartenuta a Barbara Schulthness, alla quale era stata consegnata da Goethe stesso. Fu pubblicato per la prima volta nel 1912. Fu tradotto in italiano da Silvio Benco nel 1932.
Negli Annali è lo stesso Goethe a spiegare il significato, riposto nell’inconscio, della missione di Wilhelm Meister. L’uomo si trova spesso a volersi cimentare in un qualcosa per la quale la natura non gli ha concesso l’attitudine; per questo il presentimento lo mette sull’avviso di rinunciare ma egli non riesce a fare chiarezza in se stesso. Ma i passi falsi possono condurre ugualmente a un bene, magari inaspettato ma di enorme valore.
Wilhelm Meister è affascinato fin dall’infanzia dal mondo del teatro. Il primo contatto era venuto da dei burattini accuratamente preparati dalla nonna per festeggiare il natale dei nipotini. Poco più che adolescente e autore dilettante di brani drammatici, si innamora dell’attrice Mariane. Organizza la fuga dalla casa paterna per realizzare contemporaneamente il suo sogno d’amore e la sua vocazione artistica. Ma scopre un presunto tradimento di Mariane e si rassegna a un viaggio d’affari per recuperare dei crediti dovuti all’azienda paterna.
Ma fin dalla prima tappa viene nuovamente sedotto dall’attività teatrale e si interessa alle sorti di una compagnia di attori girovaghi condotta dai coniugi Melina e prende contemporaneamente sotto la propria protezione la misteriosa Mignon, creatura androgina che si esprime principalmente con nostalgiche canzoni, e un anziano arpista.
Per una serie di coincidenze è in pratica costretto a sostituire nella recitazione l’attore protagonista della compagnia nella recitazione di un’opera da lui stesso scritta e ne ricava grande successo presso il pubblico. La ripresa della recitazione da parte del “titolare” provoca invece la fuga precipitosa della compagnia e il suo approdo in un castello nobiliare, dove viene accolta e ospitata per qualche tempo. Grazie a Jarno, luogotenente del principe, Wilhelm conosce l’opera shakespeariana della quale si entusiasma.
La partenza della compagnia dal castello è accompagnata da una disavventura: un assalto di briganti, durante il quale Wilhelm resta ferito; viene soccorso dalla giovane attrice Philine la quale, nonostante un comportamento non certo integerrimo, era sua ammiratrice, e poi salvato dall’intervento di una misteriosa amazzone.
Ripresosi dalla ferita riesce a raggiungere la città, dove risiede il suo amico Serlo, capocomico di una compagnia stabile, e conosce la sorella di lui Aurelie, consumata da una infelice passione controbilanciata dall’avere con sé un bimbo, Felix. Il romanzo si conclude con la decisione di cimentarsi nella messa in scena dell’Amleto.
Il successo della rappresentazione e le vicende successive – dalla morte di Aurelie, alla scoperta della Società della Torre, fino al riconoscimento di Felix come figlio proprio e della ormai defunta Mariane e all’abbandono del teatro – saranno narrate poi nella seconda parte del già citato Gli anni dell’apprendistato.
Una traduzione più recente del romanzo è stata portata a termine da Gabriella Piazza, mentre de Gli anni dell’apprendistato non esiste una traduzione italiana di pubblico dominio, ma segnalo l’ottima traduzione di Anita Rho e Emilio Castellani.
Ecco quindi la traduzione di Silvio Benco di questo memorabile romanzo. Parafrasando Italo Alighiero Chiusano – che con queste parole conclude la sua prefazione a una più moderna edizione – si può dire: “Beato colui che non l’aveva mai letta prima. Lo invidio.”
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Mancavano alcuni giorni alla vigilia di Natale del 174… quando Benedetto Meister, cittadino e commerciante in M., città in Germania, né troppo piccola né troppo grande, lasciò il suo circoletto abituale, verso le otto di sera, per tornarsene a casa. La partita di tarocchi era, contro il solito, finita un po’ prima; e non gli andava proprio a genio di doversene tornare cosí per tempo fra le sue quattro pareti, che la moglie non gli rendeva precisamente un paradiso. C’era da aspettare ancora prima di mettersi a cena, e quelle attese non gliele riempiva ella certo di cose piacevoli; talché egli non amava arrivare a tavola, se non quando la zuppa era già un po’ stracotta.
Se ne andava lentamente, pensando alla carica di borgomastro, che egli aveva rivestita l’anno innanzi, e al commercio e ai suoi scarsi guadagni, quando nel passare vide vivamente illuminata la finestra di sua madre. La vecchia, dopo aver assestato suo figlio e avergli ceduto il proprio negozio, viveva ritirata in una casetta, dove si trovava benissimo a starsene sola con una domestica, godendosi le copiose sue rendite, non senza fare qualche bene ai suoi figli e nipoti, ma pure il meglio sottraendo loro fino alla propria morte, quando sperava sarebbero stati piú avveduti di quello che le fosse dato conoscerli in vita. Meister fu condotto a quella casa da un impulso segreto; e, appena egli ebbe picchiato, la domestica gli aperse la porta con un fare sollecito e misterioso e lo accompagnò su per le scale. E cosí egli entrò nella stanza, trovò sua madre tutta intenta a sbarazzare di qualche cosa una grande tavola e a coprirla; e alla buonasera che le diede, ella rispondeva:
«Tu proprio non mi vieni a proposito; ma, giacché ci sei, meglio vale che tu lo sappia e lo veda, quello che io sto preparando» e in cosí dire sollevava i tovagliuoli che aveva buttato sulla tavola e ne allontanava pure un mantello di pelliccia che vi aveva disteso in fretta; e allora l’uomo scorse un certo numero di bambolotti alti una spanna, vestiti in modo grazioso, che se ne stavano in buon ordine l’uno presso l’altro, i loro mobili fili attaccati saldamente alle teste, e in aspetto di attendere soltanto lo spirito che li scuotesse dalla loro inazione.
«Che spasso è questo, mamma?» disse Meister.
«Un santo Natale per i tuoi figliuoli; se ha da dar loro tanto divertimento quanto a me il fabbricarli, io ne avrò piacere.»
Scarica gratis: La missione teatrale di Guglielmo Meister di Johann Wolfgang von Goethe.